E così, passati i postumi del capodanno, siamo giunti al fatidico mese di gennaio; l’inizio dell’anno nuovo coincide con la parte finale della stagione venatoria che presenta ancora incertezze sulle sorti del Calendario Venatorio all’indomani dell’ordinanza del Consiglio di Stato. A rischio, come sappiamo, la chiusura anticipata ad alcune specie già al 10 gennaio, salvo che, come la Confederazione Cacciatori Toscani continua a sostenere, non intervenga la Regione Toscana approvando uno specifico atto che porti al superamento di questa inaccettabile ordinanza. Nel frattempo, la caccia continua ed in molti si rivolgono a noi e alle nostre associazioni confederate per avere conferma sui tempi di prelievo e sulle modalità di svolgimento della caccia alla Beccaccia.
La confusione ed i dubbi spesso assalgono i cacciatori, soprattutto quando la certezza del diritto è stata messa in discussione. Sulla caccia alla Beccaccia, nel mese di Gennaio, le regole sono definite dal calendario venatorio regionale, così come disposto al punto 1.6 della Delibera N° n° 767 del 09 luglio 2018 dove si stabilisce che la caccia alla Beccaccia, nel mese di gennaio, si svolge esclusivamente in forma vagante e con l’ausilio del cane da ferma e da cerca all’interno delle aree vocate al cinghiale (art. 3 comma 7 bis L.R. 20/02).
Inoltre, ferme restando la possibilità di cacciare detta specie, all’interno delle aree boschive situate nelle aree vocate al cinghiale (così come delimitate dalle cartografie disponibili presso gli Ambiti Territoriali di Caccia e le nostre sedi), sarà possibile poter esercitare la stessa anche nelle aree boschive presenti nelle aree NON vocate al cinghiale . Si ricorda pertanto che l’unica prescrizione al riguardo risulti essere quella legata alla dimensione previste dall’art 3 della L.R. n° 39 del 2000:
1.(22) Ai fini della presente legge costituisce bosco qualsiasi area, di estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e di larghezza maggiore di 20 metri, misurata al piede delle piante di confine, coperta da vegetazione arborea forestale spontanea o d’origine artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, che abbia una densità non inferiore a cinquecento piante per ettaro oppure tale da determinare, con la proiezione delle chiome sul piano orizzontale, una copertura del suolo pari ad almeno il 20 per cento. Costituiscono altresì bosco i castagneti da frutto e le sugherete.
Sulla determinazione dell’estensione e della larghezza minime non influiscono i confini delle singole proprietà. La continuità della vegetazione forestale non è considerata interrotta dalla presenza di infrastrutture o aree di qualsiasi uso e natura che ricadano all’interno del bosco o che lo attraversino e che abbiano ampiezza inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza mediamente inferiore a 20 metri. Sono considerate bosco le aree già boscate, nelle quali l’assenza del soprassuolo arboreo o una sua copertura inferiore al 20 per cento abbiano carattere temporaneo e siano ascrivibili ad interventi selvicolturali o d’utilizzazione oppure a danni per eventi naturali, accidentali o per incendio.
Sono assimilati a bosco le formazioni costituite da vegetazione forestale arbustiva esercitanti una copertura del suolo pari ad almeno il 40 per cento, fermo restando il rispetto degli altri requisiti previsti dal presente articolo. Non sono considerati bosco:
a) i parchi urbani, i giardini, gli orti botanici e i vivai;
b) gli impianti per arboricoltura da legno, i noceti, i noccioleti specializzati e le altre colture specializzate realizzate con alberi ed arbusti forestali e soggette a pratiche agronomiche;
c) le formazioni arbustive ed arboree insediatesi nei terreni già destinati a colture agrarie e a pascolo, abbandonate per un periodo inferiore a quindici anni.