Caccia alle Beccacce siciliane: Le emozioni di un cacciatore siciliano che scopre il fascino della caccia silenziosa alla beccaccia.
Mio nonno ha cacciato beccacce fino all’età di novant’anni. Mio padre ha cacciato beccacce fino a qualche anno fa. Entrambi hanno sempre appeso al collo dei propri ausiliari un piccolo campano di segnalazione, che i boschi della nostra Sicilia, non ci crederai, ma sanno essere particolarmente fitti, e le montagne piuttosto scoscese. Io ho imparato tutto da loro due, ma negli ultimi tempi le cose sono piuttosto cambiate e la mia insegnante è diventata la beccaccia, la regina o come mi piace chiamarla, il fantasma.
La verità è che mio nonno non conosceva la pressione venatoria cui oggi sono sottoposte le beccacce e tanto meno mio padre, che quando ha iniziato ad averne un assaggio aveva già i suoi acciacchi e stava pensando di abbandonare la caccia. Io che di anni di caccia ne dovrei avere davanti ancora un bel po’, a Dio piacendo, più che abbandonare ho preferito trovare una soluzione al problema, e la soluzione che sono riuscito a trovare è stata una solamente: cacciare in silenzio.
Sono giunto a questa conclusione la scorsa stagione venatoria, uno degli ultimi giorni di caccia quando le beccacce, lo saprai meglio di me, sembra prevedano con anticipo qualsiasi tua mossa. Stavo cacciando in compagnia di Sri, la mia bellissima setter inglese, ostinata più di me, ma la giornata era iniziata male: ci eravamo imbattuti in una beccaccia che ne sapeva una più del diavolo.
La scena che si è ripetuta almeno sei volte era sempre la stessa: non appena il beeper iniziava a suonare e io mi avvicinavo con una certa difficoltà e fatica al mio cane in ferma (la macchia mediterranea non rende certo agevole il lavoro del cacciatore in qualsiasi angolo della Sicilia) la beccaccia ci salutava e quando io arrivavo sul luogo di lei rimaneva solo l’intensa e calda usta.
Premetto che la mia cagna non è una che si arrende e proprio per questo riusciva ogni volta a ritrovare la rimessa: quello che alla fine ha ceduto sono stato io. Al sesto tentativo non mi sentivo più in grado di mettere sotto tiro, seppure avessi incontrato quel fantasma. Con un po’ di rabbia e di sconforto in corpo decisi di tornarmene a casa, ma come ogni buon cacciatore che si rispetti, ho rimuginato sull’avvenuto per tutta la giornata. La mattina dopo puntuale come un orologio ero sul posto con la soluzione in mano. Decisi di mettere al collo di Sri il beeper e di concedere almeno un tentativo alla tecnologia. Il cane che oramai conosceva con una certa precisione i luoghi di pastura della nostra acerrima nemica comune, trovò presto la beccaccia e le si avvicinò molto lentamente.
La situazione si metteva piuttosto bene per noi due: io cercai immediatamente un buon piazzamento ma al primo debole beep vidi la beccaccia volare via, sicuramente ridendo di noi due. La scelta a quel punto fu obbligata. Richiamai Sri e decisi di toglierle il beeper sperando che le cose andassero bene e che lei si comportasse come al solito. D’altronde conoscevamo entrambi quei territori come le nostre tasche, e questo sarebbe tornato certo a nostro favore. Dopo pochi minuti Sri scomparve nel fitto della macchia e io iniziai a dubitare della mia strategia istigata da quell’istinto predatorio che di tanto in tanto non controllo. Sapevo dove cercarla e quindi la fase di incertezza durò davvero poco e ad un tratto la trovai fremente, con i gomiti a terra e con la coda leggermente rialzata. La beccaccia evidentemente le stava davanti.
T’immagini l’emozione? Imbracciai il mio fucile, misi a fuoco l’obiettivo e ascoltai per un po’ il mio cuore e l’emozione che mi aveva irrigidito tutto il corpo. <<Non puoi sbagliare>> dissi tra me e me… come no? Sbagliai e la beccaccia ci mise niente ad involarsi. La seguii con altri due colpi ma niente, la maestra era andata e Sri, lo ricordo bene, mi guardò malissimo. Ma entrambi avevamo vinto: avevamo scoperto di essere in grado di cacciare in silenzio e le giornate seguenti ci premiarono per la nostra astuzia.