Caccia al cinghiale – A Gennaio, come ogni anno, arriva sempre gradito l’invito per una braccata a Montauto in quel di Manciano, in provincia di Grosseto. È una domenica particolarmente fredda. In Maremma l’inverno arriva più tardi. “Oggi si fa la battuta della Fracasseta” annuncia David, il capocaccia, nel discorso preliminare con cui ribadisce le poche, ineluttabili regole di buon comportamento e di sicurezza. “Sarà dura oggi arrivare alle poste, soprattutto per le ultime!” – commenta David mentre spiega la strategia odierna. “Sarà, ma le ultime poste di questa battuta sono anche le migliori!” sento commentare sottovoce tra i numerosi berretti arancio che mi circondano.
A Montauto le poste vengono assegnate tramite il sorteggio. Io ho chiesto a Franco e Moreno di prendere un numero per me insieme ai loro, così da stare (salvo complicazioni) vicini. Mi consegnano il 66. Si estrae il numerino. “La prima posta è: il 62!” Tiro un sospiro di sollievo…”Vincenzo Frascino” declama David scorrendo col dito sulla lista. “Mah come, ci deve essere un errore!!” commento “io ho il 66, non posso essere la prima posta!”. “Non so Vincenzo, qui sulla lista il tuo nome corrisponde al 62, non so che dirti…probabilmente si è fatta un po’ di confusione, ma per comodità seguiremo l’ordine della lista”. Mi trovo in una di quelle incresciose situazioni in cui, pur avendo tonnellate di ragione, per farla valere rischierei di creare confusione e malanimo, oltre che passare per una persona puntigliosa e poco elastica. E così, decido di glissare, e lascio che la malasorte abbia in pasto la mia posta. Sarò la prima posta, anzi, la seconda, visto che si è aggiunto in extremis il Tucci. Moreno, alla mia sinistra, diventa la terza posta. Franco invece è stato separato da noi ed è andato con i fortunati a occupare le posizioni inerpicate ma ad alto tasso di possibilità d’incontro con il selvatico.
Ci incamminiamo. Dopo una prima salita entriamo in una cessa e lì Ghiandaia [Alberto, ndr] inizia a dislocare le poste. Io capito di fronte un tratto di macchia abbastanza pulito che non lascia presagire nulla di buono. Vado a vedere la posta successiva che copre un trottoio creato all’interno di un fitto rogaio. Tornato alla posta, mi studio la situazione: ho un trottoio a destra e uno a sinistra. Cerco di crearmi un tunnel di visuale tagliando una grossa marruca che potrebbe ostacolarmi un eventuale tiro. Scanso le foglie per diversi metri creandomi una passerella dove potermi muovere senza creare suoni allarmanti per i setolosi. La disposizione delle poste è complicata, e vista l’estensione della braccata odierna, quest’operazione richiede parecchio tempo. Sono circa le 11:30 quando, finalmente, sento via radio il suono del corno. La battuta è iniziata.
I canai sciolgono di fronte a noi e le nostre speranze sono legate quasi esclusivamente alla primissima parte della braccata. Dopo pochi minuti dalla sciolta sentiamo i primi scagni. Sembra che abbiano scovato qualcosa. Un rumore di zoccoli dal trottoio alla mia sinistra anticipa di poco l’apparizione di una femmina di capriolo che con un solo salto sparisce alle mie spalle, inghiottita dalla folta macchia. I cani con i loro abbai si fermano poco davanti alle nostre poste. Mentre le loro voci si dileguano rivolte verso le poste in alto, una lepre, timorosa, fa la sua comparsa davanti alla mia posta e sembra aver tirato un sospiro di sollievo alla dipartita dei segugi.
“Attentiiii abbaiano a fermooo!!” le voci concitate dei canai annunciano che la braccata è entrata nel vivo. Sentiamo i primi spari su in cima, le nostre menti sono catturate da quanto sta accadendo lassù, nel pieno delle azioni. “BAM BAM” mi giro verso sinistra e riesco a scorgere gli ultimi istanti in cui un grosso verro salta la cessa vicino a Moreno: l’animale è arrivato scanato e Moreno, colto di sorpresa, è stato autore di una bella padella! Successive ondate di cani in canizza si avvicinano alle nostre poste, facendoci fremere giusto il tempo di vederli proseguire verso le poste in alto, dove si odono in lontananza spari su spari. Alle nostre poste regna il silenzio. Un segugio maremmano viene accanto a me, si accuccia e si acciambella. Non lo mando neanche via. Si alza un gelido vento. Anche se non si dovrebbe, raggiungo il Tucci, alla posta accanto: ormai siamo fuori dai giochi, accendiamo il fuoco e bisbigliamo due chiacchiere davanti alle fiamme ardenti. Dopo un bel po’ ci sembra di sentire una canizza in lontananza. Si fa sempre più vicina. Torno immediatamente alla mia posta. “Bam!”.
Un porcastro arriva come una scheggia in direzione nel fosso, si insoglia e quando risale una palla 30.06 della carabina di Moreno lo riporta giù. Nel frattempo dalle poste alte arrivano gli echi di abbai e spari. “È suonata” si sente per radio, non tutti riescono a sentire il suono del corno nelle grandi battute di Montauto. È’ finita. Trenta morti all’appello. Franco ha abbattuto un cinghiale e Giovanni, accanto a lui, due. Ripenso al sorteggio della mattina. Se fossi “rimasto” col mio numero 66 avrei sicuramente sparato. Pazienza, sarà per la prossima! Al termine della battuta ci si ritrova, tutti insieme, tra fuochi, allegria e l’immancabile gioco della morra. Si conclude così un’altra giornata in uno dei “santuari” della caccia al cinghiale.