Carabine da caccia al cinghiale: L’attuale produzione di carabine semiautomatiche da battuta ha raggiunto livelli veramente eccellenti, sia dal punto di vista meccanico – funzionale sia da quello estetico.
Dopo decenni di studi e modifiche da parte dei costruttori e di collaudi e verifiche da parte dei cacciatori di tutto il mondo, potremmo quasi affermare che molte, ma non tutte le carabine a funzionamento semiautomatico hanno ormai raggiunto il grado di efficienza che un’arma destinata al tiro agli animali in forte movimento dovrebbe avere. Ma, nonostante tutto, parecchi modelli potrebbero, anzi, dovrebbero essere migliorati. Vediamo come funzionano le carabine semiautomatiche e come sono nate. Quando il percussore viene lanciato ed innesca la cartuccia, all’interno della camera di scoppio avviene una piccola esplosione. Questo fenomeno genera pressione, calore e quindi energia. Perché non sfruttare meccanicamente questa energia per creare un sistema di ripetizione? I sistemi d’automatismo più comuni sono sostanzialmente tre: quello a massa battente, quello a corto o lungo rinculo della canna e quello a recupero di gas.
Esistono anche delle varianti alla massa battente che utilizzano delle chiusure ritardate a leva oppure a rulli, come il FAMAS militare francese e l’Heckler & Koch tedesco, ma sono pochissimo usate. Lo sfruttamento del rinculo è stato invece molto sperimentato nei fucili semiautomatici a canna liscia e nelle pesanti armi di squadra militari, ma purtroppo, visti i pesi in gioco, non era idoneo per essere sfruttato in armi leggere camerate in munizioni metalliche potenti. Il sistema di ripetizione per eccellenza di tutte le attuali armi semiautomatiche è quello che sfrutta lo spillamento di una piccola parte dei gas propellenti. I gas generati dalla combustione di sparo fanno disimpegnare ed arretrare il blocco otturatore che successivamente, spinto in avanti da una robusta molla, preleva dal caricatore una nuova cartuccia e la spinge nella camera di scoppio pronta per ripetere il ciclo di sparo. Tale brevetto, vecchio di oltre cento anni, salvo qualche piccola modifica, è rimasto invariato fino ai giorni d’oggi e fu impiegato per la prima volta, neanche a dirlo, in armi destinate ad uso bellico. Le armi militari semiautomatiche portatili più note e diffuse, che sfruttarono i gas generati di sparo furono il Garand, la carabina Winchester M1, i Gewer 41, 43, 44 e lo FG 42, ma fu il fucile mitragliatore americano BAR (Browning Automatic Rifle) quello che venne preso come campione per creare la prima, vera arma sportiva da caccia. Il progetto fu rivisto e corretto dalla Remington, dalla Winchester ed infine dalla FN di Herstal, ma sempre sotto la supervisione del grandissimo genio mormone John Moses Browning o di suo figlio Val. Nonostante la bontà del progetto, l’evoluzione delle carabine semiautomatiche da caccia fu lenta e alquanto limitata perché erano armi molto delicate, abbastanza pesanti, che spesso s’inceppavano e che non uguagliavano la precisione di quelle ad otturatore manuale.
Oggi la Browning BAR, le Remington Woodmaster modello 742 – 7400 – 750, la Ruger Deerstalking 44 magnum, le Winchester mod. 100 e Vulcan SXR, le Harrington e Richardson 308, le Heckler & Koch 770, 940, SL 7 e SBL Light, le Valmet Petra e Hunter, la Voere 2295, la Benelli ARGO, la Verney e Carron, la Merkel SR1, la Sauer 302, la Molot, la Saiga, l’Izhmash, la Zastava, e tanti modelli ex ordinanza (americani, tedeschi, francesi e del vecchio blocco sovietico) dal discutibile buon gusto se impiegati per la caccia, costituiscono una scelta eccezionale per l’appassionato di caccia al cinghiale in battuta. Le carabine Browning BAR e Benelli ARGO sono senza dubbio le più diffuse, ma anche le altre vantano discreti estimatori. La scelta di un’arma da caccia è sempre condizionata da molti fattori come i gusti personali, le esigenze, le caratteristiche, il calibro e purtroppo anche il costo. Comunque, fuoriserie o ex ordinanza che sia, una carabina deve essere sempre affidabile, sufficientemente pratica e maneggevole e soprattutto precisa. Una volta era molto facile scegliere una semiautomatica “da cinghiale”, perché ce n’erano veramente poche, oggi invece, al momento dell’acquisto, dobbiamo sondare attentamente i pro e i contro di quel che ci viene offerto. Esistono modelli che offrono la possibilità di modificare il calcio a nostro piacimento, altri che hanno le mire da battuta, le tacche micrometriche regolabili, oppure delle diottre di tipo militare. Spetta a noi scegliere la marca ed il modello in funzione delle nostre esigenze o dalle nostre semplici simpatie, ma se vorremo metterci un punto rosso o un cannocchiale dovremo accertarci se è facile e possibile il montaggio, se sono comunemente reperibili gli attacchi e di che tipo, se troppo alti, troppo bassi o se magari li preferiremo a sgancio rapido.
Per i più esigenti che vogliono qualcosa in più come un caricatore maggiorato, l’hold open – cutt off, uno scatto eccellente, addirittura una canna intercambiabile lunga o corta, un calcio con il guanciale oppure le mire con gli inserti in fibra ottica completamente regolabili, la scelta si riduce di parecchio. Mi permetterò di darvi alcuni piccoli consigli su come effettuare poche, ma supercollaudate “accuratizzazioni”, perché, purtroppo, anche dopo che siamo entrati nel terzo millennio, molte carabine semiautomatiche non hanno ancora delle mire all’altezza dell’arma ed alcuni gruppi scatto andrebbero radicalmente rivisti. Lo scatto é possibile alleggerirlo e/o modificarlo con pochi interventi pratici, come ridurre la precorsa, lappare i piani di ritegno del cane e registrare le molle di rilascio, ma visto che è un lavoro delicatissimo, che condiziona la sicurezza e che non tutti sanno fare alla perfezione, è meglio delegarlo ad un armaiolo specializzato. Rivedere completamente gli organi di mira dovrebbe invece essere un obbligo da parte di molte case costruttrici e prima tra tutte la Remington. La nuovissima semiauto modello 750, praticamente l’evoluzione delle mitiche 742 – 7400, è veramente un’ottima carabina: elegante, precisa, affidabile e maneggevole, niente da ridire, ma…. adotta una tacca ed un mirino progettati più di cinquant’anni fa. Quanto sarebbe costato al mostro sacro statunitense montare su tutte le sue ottime carabine modello 742, 760, 7400, 7600 e 750 una bella tacca da battuta, aperta a V con gli inserti in fibra e di un valido e visibilissimo mirino regolabile? Chi possiede una semiautomatica della nota marca statunitense secondo me dovrebbe cambiare sia la tacca sia il mirino con altri tipi più specifici, con gli inserti in fibra di colore verde per la tacca e di colore rosso acceso per il mirino. Eccellenti quelli che produce ed esporta in tutto il mondo la LPA di Gardone V.T.. Possibile che i tecnici della Remington non si siano ancora accorti di questo piccolo particolare? O forse aspettavano che fosse un modesto cinghialaio maremmano a farglielo notare? A differenza della Remington, molti modelli di carabine da battuta (anche bolt action ed express) hanno adottato dei validi mirini completamente regolabili e con gli inserti in fibra ottica, ma le tacche? Una carabina non è come un calibro 12, dove il solo mirino è sufficiente. Nel tiro mirato di precisione, anche la “foglietta” ha la sua fondamentale importanza e quindi deve essere ben fatta, ben visibile e di facile acquisizione. Mi avrà sicuramente capito chi ha questo problema, quindi la vecchia tacca la dovrebbe cambiare con una che permette una buona visibilità del bersaglio e che sia ben visibile anche in precarie condizioni di luce. Meglio se di tipo regolabile. Ricordate che le regolazioni vanno fatte sempre sulla tacca, non ho simpatia per i mirini regolabili, sono troppo delicati.
Alla Browning, meglio tardi che mai, si sono finalmente accorti che se volevano rimanere leader nel campo delle semiauto, dovevano costruire dei nuovi caricatori maggiorati, amovibili e facilmente sostituibili; al posto di quelli da 2 – 4 colpi basculanti, che erano diventati anacronistici e che non piacevano più a nessuno. La ditta System, commercializzata dalla Poli Nicoletta Erredi Trading di Gardone, produce degli ottimi caricatori maggiorati che, con pochissima fatica, possono essere adattati anche ai vecchi modelli di BAR II, sia in acciaio sia in lega in versione Light. Indipendentemente se vogliamo utilizzare le mire metalliche o un’ottica, il calcio dell’arma dovrà essere sempre regolato in modo che ci venga piuttosto bene, specialmente nel tiro istintivo d’imbracciata. Queste regolazioni possiamo praticarle con le piastrine che alcune armi hanno in dotazione, altrimenti per modificare vantaggio e piega dovremo provvedere con pochi, ma precisi colpi di raspa e carta vetrata. Anche la lunghezza totale del calcio è di fondamentale importanza. Meglio corto che lungo! Com’è meglio un calciolo antirinculo in gomma che uno in legno o in bachelite. E poi non “misuriamoci” un’arma d’estate, perché ricordate che la dovremo usare in inverno quando saremo ben coperti e bardati. Persino il discorso cinghia portafucile deve essere rivisto per le semiauto da battuta. Qualcuno avrà sicuramente notato che la Browning non mette la vite per la maglietta portacinghia nel calcio delle BAR. In tanti avranno visto la cosa come un difetto e se ne saranno rammaricati, io no! Tolti i canai ed i brocchieri, che spesso hanno bisogno di avere entrambi le mani libere, non capisco a che cosa possa mai servire la cinta ad un cacciatore che sta di posta. Per raggiungere la zona di caccia? Può farlo con la carabina nel fodero. Per riposare le braccia dopo ore che sorreggono l’arma? L’esperienza insegna che l’arma e sempre meglio tenerla a portata di mano e non a tracolla. Magari se proprio vogliamo riposare le braccia, possiamo adagiare l’arma ad un albero o ad una siepe, ma deve stare sempre vicino, a portata di mano e con la sicura disinserita.
La cinghia su un’arma da battuta intralcia troppo i movimenti ed ha la spiacevole capacità d’impigliarsi sempre nei momenti meno opportuni. Vogliamo montare un cannocchiale da battuta variabile a basso ingrandimento o buon Punto Rosso sulla nostra carabina? Anche se raro, potrebbe succedere che non riusciamo a trovare degli attacchi specifici ed allora è meglio montare una basetta tipo Weaver o Piccatinny avvitata sul castello dell’arma. E’ la scelta migliore perché la base Weaver (tassativamente in acciaio) è pratica, robusta ed economicissima, Poi, sarà nostra cura montarci sopra degli anelli o delle scine che siano le più basse e robuste possibili, fisse o a sgancio rapido, sempre secondo esigenza. Io sono per gli attacchi FISSI, per due motivi, primo perché non amo il montaggio – smontaggio frequente e secondo perché preferisco abituarmi a sparare con quel che ho messo sull’arma. Punto Rosso o cannocchiale, se ho scelto l’uno o l’altro mi adatto e mi alleno a spararci, non sto sempre a scervellarmi “se forse è meglio toglierlo oppure no”. Non mi stancherò mai di ripetere che con questo tipo di armi, più che con le altre, bisogna spararci davvero parecchio. Acquistate qualche scatola di munizioni anche di tipo militare: turche, bosniache, ungheresi, cinesi, russe ecc; andate in una cava dimessa e sparate a tutto quello che vi capita, come pietre, gomme d’auto in movimento, sagome fisse e mobili e così via. In questo modo, oltre a prendere la dovuta confidenza con l’arma, vi abituerete allo scatto e ai sistemi di mira. Io mi sto battendo affinché tutti i cacciatori di cinghiali, o almeno una buona parte, utilizzino un’arma rigata. Questo per tanti motivi e non ultimo quello della sicurezza. In fin dei conti il cinghiale è o non è un grosso e coriaceo ungulato? E allora come possiamo negare che la carabina semiautomatica sia la migliore arma per dargli la caccia?