Gli Ambiti Territoriali di Caccia dell’Umbria interessati dalla prelievo del cinghiale potrebbero comunicare alle squadre una richiesta che non convince. Si tratta del risarcimento danni come integrazione economica per quel che riguarda le colture umbre. I cacciatori si sono mobilitati e una delle posizioni più nette è quella della Federcaccia regionale. Come si legge nel documento inviato alla Regione, la richiesta evidenzia limiti di diritto e di fatto che non possono trovare alcun consenso.
Ecco come prosegue questa nota: “Solo una dimostrata corretta e tecnicamente valida assegnazione di territori potrebbe rendere gli obiettivi giusti e, conseguentemente, l’eventuale richiesta di pagamento legittima; solo una dimostrata corretta e tecnicamente valida ed adeguata assegnazione di quantità di capi da abbattere potrebbe rendere gli obiettivi giusti e, conseguentemente, la richiesta di pagamento legittima.
Solo un dimostrato corretto e tecnicamente valido diniego alla proroga dell’attività venatoria oltre i limiti di calendario, invece prevista dal regolamento – potrebbe rendere la richiesta di pagamento legittima; solo una corretta e ben individuata provenienza della specie può consentire l’accertamento del danno (il cinghiale non è specie stabile in un territorio ma è fortemente erratico e pertanto il contenimento non può che coinvolgere tutti i soggetti interessati, ATC, Aziende Faunstico Venatorie, Parchi, Aree demaniali ecc.; è necessario quindi un ben preciso piano di gestione condiviso).
All’Assessore Regionale chiediamo di aprire un momento di verifica su quanto sopra rappresentato, in uno spirito di reciproca collaborazione, atto anche a rimodulare le norme che prevedono i “criteri” di partecipazione dei cacciatori cinghialisti alla spesa per i danni in argomento e di non far procedere alle richieste di cui all’oggetto fino all’esame dei documenti sopra richiamati”.