Caccia cinghiali, Provincia sollecita Regione: “Sopprimere le aree contigue”
Genova. La Provincia si schiera compatta a favore di misure più permissive sulla caccia ai cinghiali, per limitare la presenza sul territorio di questi grossi ungulati che provocano ingenti danni alle coltivazioni agricole: con un voto quasi unanime (unico contrario il verde Spanò) il consiglio ha infatti impegnato il Presidente e la Giunta ad attivarsi presso la Regione Liguria affinché questa riperimetri i parchi naturali o in subordine sopprima le cosiddette aree contigue, dove oggi, in base alla legge nazionale 394/91, la caccia è consentita ai soli residenti.
Con questa presa di posizione, il consiglio intende sollecitare la Regione a trovare una soluzione che permetta la formazione di squadre di caccia adeguate, capaci di contrastare efficacemente la presenza dei cinghiali. Oggi,applicando
la legge nazionale, in molte aree della provincia di Genova questo è impossibile: ad esempio i comuni il cui territorio ricade nel Parco dell’Aveto (Ne, Borzonasca, Mezzanego, Rezzoaglio, Santo Stefano d’Aveto) sono così piccoli che tra i soli residenti non è possibile reperire un numero di cacciatori sufficiente a formare una squadra per la battuta al cinghiale.
La mozione votata quasi unanimemente dal consiglio era stata presentata già l’1 dicembre dai consiglieri Muzio, Tassi e Collorado (i primi due del Pdl, il terzo dell’Udc, ricoprono tutti anche la carica di Sindaco in Comuni dell’entroterra,
rispettivamente Casarza Ligure, Avegno e Castiglione Chiavarese, dove il problema dei cinghiali è molto sentito dai residenti) e nasceva dall’urgenza di dare una risposta ai problemi causati da una sentenza della Corte Costituzionale, la n. 315 dell’11 novembre 2010: questa aveva infatti accolto l’istanza di un gruppo di ambientalisti liguri, i quali sostenevano che la legge regionale sulla caccia del 1994, che in considerazione della situazione demografica dell’entroterra ligure consente appunto l’attività venatoria nelle aree contigue anche ai non residenti, fosse in contrasto con la legge quadro nazionale sulle aree protette, appunto la 394/91, che vieta invece tale attività.
La mozione dei tre consiglieri provinciali era però stata ritirata prima ancora di approdare alla discussione in consiglio, perché nel frattempo la risposta urgente della Regione che essa sollecitava era stata data: già il 7 dicembre 2010 infatti, meno di un mese dopo la sentenza della Consulta, l’assemblea legislativa di via Fieschi aveva approvato con “provvedimento urgente” la legge 21/2010, che sopprimeva le aree contigue, mantenendo all’interno del loro perimetro tutte le norme di tutela ambientale preesistenti tranne i limiti sull’attività venatoria, e quindi reintroducendo la possibilità di esercitare la caccia ai non residenti.
Ma il Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2011 rovesciava ancora una volta il quadro, impugnando la legge regionale 21/2010, sempre perché in contrasto con la legge quadro nazionale sulle aree protette del 1991. Ecco perché la mozione con primo firmatario il consigliere Muzio è tornata in consiglio, dove è stata approvata con un largo consenso, espresso nel voto e preannunciato dagli interventi di molti consiglieri: oltre a quelli dei tre firmatari, anche quelli di Giuseppe Nobile (Federazione della Sinistra, anche vicesindaco di Né), Giacomo Repetto (Pd, di Campomorone) e Mario Maggi (Pdl), i quali hanno sottolineato tutti, come anche l’assessore Piero Fossati, la necessità di limitare la presenza di ungulati per difendere il territorio e salvaguardare le poche attività agricole che ancora resistono nell’entroterra. Unico a votare contro è stato appunto il verde Angelo Spanò, che ha anche sollevato verbalmente un problema di non ammissibilità della mozione presentata, in quanto questa comporterebbe un impegno di spesa per la Provincia.
fonte: https://www.genova24.it