Una giovane consigliera friulana neppure cacciatrice, Mara Piccin, ha capito, prima di tanti, che risolvere il problema dei cinghiali richiede strumenti adeguati ed ha quindi avanzato una proposta di legge per consentire le fonti luminose nel prelievo degli ungulati. Quella stessa consigliera dopo aver studiato la legge nazionale sull’attività venatoria (articolo 13 comma 2 della 157/92) e dopo aver acquisito il parere favorevole dell’ISPRA sull’idoneità dell’arco come mezzo di prelievo ha presentato un emendamento in aula per consentirlo anche in Friuli Venezia Giulia nell’esercizio della selezione (già lo era -paradossalmente- per la così detta caccia tradizionale).
La Consigliera Dal Zovo dei 5 Stelle senza evidentemente conoscere molto della normativa nazionale sulla caccia ha preferito rendere pubblico “il suo medioevo” linguistico evocando i roghi pubblici del terzo millennio. Il consigliere Moretti del PD, ignaro del fatto che il prelievo con l’arco in Friuli Venezia Giulia fosse già consentito per tutte le forme ad eccezione di quella selettiva, si è fatto paladino del benessere del cinghiale, che sovente “crusta” a quattro palmenti, sul tavolo di amici suoi cacciatori.
L’ignoranza quando diventa il racconto della politica non può che alimentare altra ignoranza e questa trasformarsi nel pregiudizio, nel rancore, nell’intolleranza e nell’odio. Federcaccia Friuli Venezia Giulia auspica che la proposta sulle fonti luminose e sull’arco diventi legge non solo e non tanto per il bene del mondo venatorio ma banalmente perché sarebbe una normativa intelligente.