Almeno una volta l’anno facciamo un salto in zona Alpi per assaporare l’emozione, il fascino e la fatica della caccia alpina. Cambiare ambiente e tecniche di caccia è un’esperienza bellissima. C’è molto da imparare, da chiedere, è tutto nuovo, nulla scontato. Per noi cacciatori di collina alcune situazioni montane sono spesso proibitive, non solo per il clima, ma lo sforzo vale decisamente pena. Ma cosa accade quando sono i cacciatori alpini a scendere a valle? E quando la forma di caccia in questione è la caleidoscopica, rumorosa, collettiva braccata? Abbiamo ospitato Antonio, Giovanni, Luigi e Lucia in Maremma, per un weekend di caccia tipicamente toscano. “Ma che postiiii!” esclama Lucia appena scesa dall’auto davanti al casale. “Colline verdissime, dolci pendii, campi e boschi! Un territorio bellissimo e anche molto interessante dal punto di vista venatorio!”. La loro meraviglia fa eco alla nostra quando arriviamo da loro in Cadore e le vette taglienti delle Alpi ci accolgono maestose. Giacche imbottite, scarponi pesanti con predisposizione ai ramponi, cappelli avvolgenti, sono il look dei nostri amici quando arrivano, e i 12 gradi della tiepida serata maremmana dissuadono dal tener su tutto. “Siete pronti per domani ragazzi?” chiede Vincenzo a cena. “Io ho portato la carabina” dice Giovanni, “Io il mio vecchio calibro 12” aggiunge Lucia, “non lo adopero da molto, e a palla praticamente credo di non averci mai sparato” aggiunge sorniona. “La mia vecchia Ruger con l’ottica è ferma da una vita!” aggiunge Luigi. “Che ingrandimenti ha?” chiede Vincenzo. “è una vecchia ottica, un 6x fisso….”. “Ma nooooo!!! Gigi ti consiglio vivamente di toglierla! I tiri in queste zone sono molto corti, si caccia nella macchina mediterranea, non ci sono distanze idonee a un 6x!” commenta Vincenzo. A cena è tutto un turbine di domande e chiarimenti, per i nostri amici cacciare in Maremma equivale quasi a un safari! “Beh, un ultimo bicchiere di vino e poi a letto presto ragazzi, domani a che ora è la sveglia? Le 5?” sollecita Lucia. Una risata collettiva risponde all’unisono.
Ci si vede al rialto alle otto, possiamo svegliarci tranquillamente alle sette! Su in montagna a quell’ora si son già fatti almeno due ore buone di cammino! Ci chiediamo che effetto farà alla squadra vedere arrivare questa combriccola di cacciatori con il loro abbigliamento sobrio e caldo, il loro accento veneto, i loro sguardi curiosi e quasi spauriti….e invece già dai primi minuti il gemellaggio si rivela un successo! Qualche tocco di arancio, una carezza a un maremmano nel carrello, un tiro di sigaro et voilà, i nostri amici alpini sono perfettamente integrati! L’assegnazione delle poste ci vede tutti vicini. La speranza è che almeno ad uno di loro la sorte assegni un bel cinghiale. Si legge sui loro volti l’emozione ogni volta che una canizza si avvicina. Loro sono abituati a tiri lunghi ma molto meditati, preparati. Il tiro di stoccata su un bolide in corsa è quanto di più lontano dalla loro mentalità ed esperienza. Probabilmente non tutti loro hanno visto un cinghiale dal vivo, figuriamoci sparargli. Le canizze si susseguono ad ondate ma le ore passano senza che ci portino animali.
L’attesa alla posta ha dei momenti di adrenalina ed altri di noia, ma siamo sempre in piedi con l’arma in mano. “Ho la schiena a pezzi!” commenta Antonio. ” Da noi c’è da camminare tanto, e in salita anche, ma la stanchezza che sento stando fermo in piedi non l’avevo mai sentita!”. Anche gli altri concordano, in effetti stare alla posta benché non richieda sforzi olimpici è comunque impegnativo! Ogni forma di caccia ha le sue difficoltà…. Gli abbai delle mute, gli spari delle bracche, il rombo dei fuoristrada, i berci dei canai…creano un rumoroso e folkloristico concerto che lascia a bocca aperta i nostri ospiti abituati al silenzio e alla solitudine, suscitando in loro lo stupore di un canto di guerra dei Masai. La tromba di fine battuta annuncia che si avvicina il momento del pranzo. Molti amici cinghialai si avvicinano ai quattro camosciari per sentire i loro commenti a caldo sulla battuta. Nonostante l’inevitabile innato egoismo di ogni cacciatore sono in molti a dispiacersi per il mancato battesimo di uno di loro. “Peccato sia andata così, perché non vi fermate ancora qualche giorno per tentare qualche altra battuta?!” incalza il capocaccia. “Sarebbe bello, grazie, ma…le nostre Alpi ci aspettano” risponde Giovanni con gli occhi che gli brillano al pensiero. Ci sarà certamente per loro un’altra occasione di abbattere un cinghiale, nel frattempo resta il simpatico ricordo di quattro camosciari in alta visibilità.