“Tanti auguri Penna Biancaaa, tanti auguri a teeee”. Alberto [Penna Bianca, ndr] soffia la candelina simbolica sulla piccola torta di fortuna, circondato dagli amici della squadra, sul tavolo di tronchi davanti alla “capanna”. Ha gli occhi un po’ dolci e un po’ tristi, come quelli di un pastore maremmano. Oggi la squadra ha preso un “cappotto” di quelli storici: si è messo su caccia due volte, e non si è trovato nemmeno un animale. “Ragazzi, mi dispiace, oggi è andata così. Domani cacceremo a Monte Cardello, e vedrete che sarà tutta un’altra musica”.
Al mattino alle 8.30 sono quasi tutti sui fuoristrada. Le operazioni di compilazione del registro della squadra, che solitamente si trascinano per molti caffè, stamane sono veloci e lineari. Sono arrivati tutti più che puntuali all’appuntamento, si respira un’atmosfera di speranza, grinta e determinazione.
La zona che si batte oggi è molto bella: i macchioni di rovi in cui s’infileranno cani e canai sono circondati da cesse e boschi ad alto fusto. “Meno male! Finalmente una battuta senza quel maledetto sarracchio!”, mi lascio sfuggire in macchina con Alberto. “Eh, si! Con un territorio così è tutta un’altra caccia: si ha il tempo di mirare ai cinghiali e non te li ritrovi addosso come accade più giù!” mi fa eco lui.
Certo, siamo sempre a Capalbio, e chiamare questa zona “monte” fa un po’ sorridere.
Alberto mi accompagna su una strada sterrata che costeggia un fosso abbastanza profondo oltre il quale il terreno risale fino alla cresta che ci separa dal resto delle poste, spiegate parallelamente a noi ma sul versante opposto della collinetta. “Siamo solo tu ed io da questo lato.”- mi spiega- “I canai spingeranno dall’altro versante fino alle poste, ma è necessario che qui ci sia qualcuno a fermare gli animali che tentano di uscire fuori battuta. Te la senti di prenderti questa responsabilità?” mi stuzzica Penna Bianca facendomi l’occhiolino, per poi andare a posizionarsi più in alto, a quasi cento metri da me.
Sono in un posto meraviglioso: ho una visuale aperta a 180 gradi, posso sparare in sicurezza e soprattutto avrò tutto il tempo di mirare i cinghiali che sbucheranno certamente dal fosso, ma poi dovranno uscire allo scoperto per parecchi metri e lì: bam! “Sono sicura che oggi lo prendo!” mi dico.
Tic, tac, toc. Tic, tac, toc. Mi giro verso destra e noto l’origine di questo suono strano: è un omino anziano, che avanza a stento con due stampelle, ha il fucile in spalla. “Cinghiali?” mi chiede con una domanda che è quasi un’affermazione, visto l’arancio che domina nel mio abbigliamento. “Io ero a colombi, ma con questo vento e le nuvole basse non si è visto niente”. E col suo passo cadenzato e traballante mi supera per sparire in direzione di Alberto. “Abbiamo sciolto!” comunicano i canai per radio. Carico la carabina, tolgo la sicura e mi concentro in attesa del grosso verro che sono certa di prendere oggi. Dopo pochi minuti sento calpestare il terreno sempre alla mia destra. Non sono zoccoli. “Buongiornooo! Come va? Siete a cinghiali?” urla l’uomo che arriva verso me. Un altro cacciatore. “Sshhhhh!!! Parli piano! La battuta è iniziata!” e con un cenno di scuse anche il secondo passante se ne va. “Attento Penna che c’è un altro cacciatore in giro!” bisbiglio nella radio, e spero che per oggi il turismo sia finito!
Nel frattempo un brevissimo abbaio a fermo si è gia trasformato in una fragorosa canizza. Una scarica di colpi romba da dietro la collinetta. “Preso? Poste? Allora, diteci che avete fatto!”. I commenti su chi offre al bar fanno presagire che il destinatario di tutte quelle palle sta tirando un sospiro di sollievo dal grifo!
Il vento che soffia forte ostacola il senso dell’udito. Come un soldato di vedetta sondo con lo sguardo a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra. Con la coda dell’occhio intravedo qualcosa di scuro che si muove alla mia sinistra. Nel momento in cui il cinghiale con un balzo guadagna il bosco dietro di me, sono pronta a sparare. È troppo tardi. Intravedo la sua ombra tra i rami neri che s’intrecciano e sovrappongono. Penna Bianca è lassù, fuori dalla traiettoria. “Ci provo? Ma si!!”, penso velocemente. Sparo praticamente ai tronchi, e il furbo animale se la svigna sgusciando fluido tra gli scopi. Conto cento passi e trovo il legno vivo che la palla del 30.06 ha lacerato. “Che hai preso Pina?” mi chiede Trattorista [Mario, ndr] per radio, “Una pianta!” rispondo sportivamente. “Tranquilla, non sarai da sola a pagar da bere a fine battuta!” sghignazza lui per radio. “Ma daiii! Era un animale scanato, che è venuto quatto quatto lungo il fosso…era un tiro disperato, tra i rami, ci ho provato!” frigno io, ma ormai la mia maldestra azione venatoria è stata archiviata come padella, e me la tengo! Intanto la battuta continua e altri animali vengono spinti alle poste.
Verso le 15:00 Alberto mi recupera con la jeep per andare a potenziare la linea delle poste dall’altro lato: i canai hanno sciolto cani freschi e andranno a sondare la parte bassa del poggio, dove sono state trovate diverse lestre “calde”. In effetti, qui è pieno di animali, le canizze si susseguono ravvicinate, talvolta si scompongono in canizze più piccole dietro agli animali sbrancati.
Il passo di un grosso animale risuona davanti alla mia posta. Sento stroncare. Mi concentro: due occhi piccoli ai lati di un grosso grifo infangato sembrano guardarmi attraverso le foglie del sottobosco. “Non posso sparargli di punta, non vedo quasi nulla, devo avere il sangue freddo di aspettare che si sposti dove posso mirare al torace…se lo sparo ora quasi sicuramente lo manco e tornerà indietro uscendo dalla cacciata… “. Tutti questi pensieri durano meno di un secondo. Poi l’animale si gira su se stesso e si lascia inghiottire dai rovi da cui era sbucato. Non lo vedo né lo sento più. “Un’altra occasione sprecata!” penso con disappunto, ma in cuor mio sono contenta di non essermi lasciata prendere dalla smania di un tiro azzardato. Pochi secondi dopo la Browning del Segretario [Andrea, ndr] “canta” l’ultima musica per il grosso verro dal grifo bianco.
È quasi buio, i cani sono quasi tutti ai carrelli e si concludono i recuperi degli ultimi cinghiali. Giornate così, con amici fantastici, la carabina sempre imbracciata, i cani sempre in canizza e il fiato sospeso, sono davvero da incorniciare!