Chi di noi, frequentando una zona di caccia all’aspetto, non si è affezionato ad un animale selvatico che per comportamento, anatomia, cromaticità, ha qualcosa di peculiare? A me è capitato spessissimo, e ultimamente nelle uscite al capriolo mi sono imbattuto in una vecchia volpe con una zampa posteriore completamente bianca, da cui il poco fantasioso nomignolo affibbiatole di “Zampabianca”. La mia furba amica è comparsa quasi sistematicamente nei miei lunghi appostamenti nel periodo della caccia a i calvi di capriolo, e solo nelle rarissime occasioni in cui i caprioli non si sono fatti vedere la volpe non è arrivata. Da ciò è scaturita da parte mia una certa simpatia scaramantica, nel binomio Zampabianca-capo da prelevare. Se c’era l’una sarebbe arrivato l’altro, e ho cominciato a cercare la volpe come buon auspicio per ogni uscita.
Anche in questo assolato pomeriggio il passo un po’ claudicante della vecchia volpe non si è fatto attendere, ad annunciare l’ormai insperato incontro con i caprioli. “Ne vedo due sul campo di fronte!” dice Fabrizio, che mi accompagna, rompendo lo sconsolato silenzio delle prime due ore di appostamento. “No, aspetta, sono, tre…anzi…cinque!”. Zampabianca stavolta ha portato più fortuna del solito, ora vediamo di meritarcela!
Mentre col binocolo scorriamo pigramente lo scenario di erba fresca che si snoda sotto di noi, in fondo a destra qualcosa attira la nostra attenzione. “Eccola la tua amica Zampabianca” sogghigna Fabrizio, deridendo sotto i baffi la mia scaramantica affezione per la volpe. “E infatti se guardi su c’è la femmina col piccolo!” commento, entusiasta e incredulo per questa nuova ondata di adrenalina che ci investe poco prima di scaricare la carabina e metterla nel fodero. A poco più di 200 metri da noi la femmina sta brucando l’erbetta col piccolo sempre attaccato. La conformazione del terreno non ci permette di sparare dalla posizione a terra in cui siamo. Ad alzarsi neanche a parlarne, per cui cerchiamo di avvicinarci. Avanziamo a passo di leopardo, strusciando lo zaino e camminando carponi. Ogni volta che la femmina abbassa la testa per brucare rubiamo due-tre passi e, metro dopo metro, arriviamo a 190 metri dalla coppia.
Zaino a terra, un pile sopra e la carabina ben salda, mi stendo e inquadro con l’ottica. Ho una fascetta e entrambi le classi nel piano ma decido di prelevare il classe 0. Il piccolo sta sempre davanti alla mamma. “Fai un passo avanti, su!” cerco col pensiero di spingere il capo scelto lontano dalla mamma, ma sembrano incollati. Come si sposta lei così fa lui, la sua ombra. Con la coda dell’occhio vedo Zampabianca che fa capolino dal fosso e costeggia la siepe in direzione dei caprioli. Rischia di allarmarli e farli scappare. Mantengo il sangue freddo e cerco di regolarizzare il respiro, sebbene abbia armato e disarmato la carabina più volte nella lunga attesa tra la fuga dei caprioli temuta e lo spostamento del piccolo auspicato. A un certo punto il piccolo avanza davanti alla femmina. Aspetto che la distanza sia congrua ma ho già il dito sul grilletto. Avviso Fabrizio che sto per sparare pur sapendo che lui ha già intuito il mio pensiero. Mi sorprende una fucilata che esplode appena il piccolo si arresta nel suo incedere lontano dalla femmina. Un balzo in alto e poi il capriolo si accascia, mentre la femmina fugge nel bosco che ha rapito il branco di prima. La pacca sulla spalla di Fabrizio mi conferma il buon esito del tiro. Il bianco ondeggiante di una zampa un po’ zoppa s’inabissa nel buio del bosco, e come un occhiolino mi saluta, con l’intesa di una promessa mantenuta.