L’ultima volta che ero stata qui era inverno pieno, ma la giornata mite e soleggiata. Ora siamo a fine agosto e questo luogo magico ai piedi del Monte Amiata, nel lussureggiante verde con accenni di decadenza autunnale, mantiene lo stesso fascino e ci accoglie con una piacevole freschezza, complice la quota pre-montana. Lasciamo l’auto al termine della strada asfaltata e ci incamminiamo guardinghi verso il crinale: si procede sulla cresta, alle spalle abbiamo un giovane bosco, davanti un’enorme distesa di campo incolto bordato da macchia più fitta. Bisogna stare attentissimi, siamo allo scoperto ma non c’è un modo alternativo per posizionarsi sull’area di sparo. Appena svoltato l’angolo ne vedo due. “Gianni! Sono già fuori” e sulle ultime sillabe la mia pancia tocca il suolo, la carabina è sullo zaino e la ghiera degli ingrandimenti dell’ottica scorre verso i decimali. “Femmina e piccolo!”, commento a mezza bocca mentre mi ricompongo. “Se fosse stato un maschio non ci sarebbe stato poi tanto gusto, dai!” mi rincuora Gianni.
Procediamo ancora un po’, io davanti con la carabina, Gianni mi segue facendomi la gentilezza di portare il treppiedi già predisposto per un appoggio alla veloce. Nella tasca ho due fascette per M2 che mi bruciano come la voglia di prendere un bel capriolo. Avanti, avanti, sbinocolando e procedendo pian piano, non vediamo nulla. Supero una grossa quercia la cui chioma mi copre un bel pezzo di campo e lì due occhi sgomenti sormontati da un esile palco forcuto si sgranano e incontrano i miei, non meno sorpresi ed emozionati. “Non è te che cerco…su! Fai il bravo” gli dico col pensiero, ma il giovane capriolo si lancia in una pazza corsa giù nella valletta abbaiando. Seguendolo con lo sguardo ci accorgiamo che non era il solo ad essere già in pastura. “Due maschi adulti che si rincorrono…noooo, se li porta via!” commenta Gianni osservando a occhio nudo la dovizia di folletti che avevamo sotto i piedi e che ora è fuggita.
Decidiamo di posizionarci comunque qui, e aspettare. “Non possiamo fare altro che aspettare qui, oramai è tardi per cambiare appostamento e poi non è detto che non vengano fuori di nuovo”, la sua voce è poco convinta. Il mio istinto mi dice invece che non è affatto vano sperare, il sole è ancora alto, c’è tempo e…la coccinella che si è accomodata sul mio zaino da il colpo di grazia allo sconforto e ci mettiamo a sbinocolare fiduciosi. Non passa mezz’ora che tra i tronchi sottili a bordo del bosco intravedo attraverso le lenti del binocolo le zampe rosse di un capriolo. Sbuca nel campo ma subito le chiome della fila di querce giù in fondo mi oscura la vista dell’animale intero e soprattutto del suo palco. Femmina e piccolo lo seguono a ruota pochi metri più su e si rimettono a pascolare nell’angolo. “Hai visto? La coccinella ti ha portato fortuna! Dobbiamo capire che maschio c’è laggiù, ma da come ricordo il campo dal punto in cui si è rimesso il capriolo c’è una piega del terreno che potrebbe tenercelo nascosto per più di cento metri verso sinistra…speriamo si riaffacci!”, sussurra Gianni fremente.
Non passa mezz’ora che un bel maschio riappare al centro del campo. Appena lo vedo, prima ancora di valutare il palco, mi posiziono con la carabina sullo zaino e lo guardo nell’ottica. È sempre di punta e si muove nervoso. Davanti a lui l’altro maschio avanza con passo marziale: hanno ripreso la disputa che si era interrotta prima. Nessuno dei due accenna un boccone, sono presi da un duello, nonostante il calendario dica che oramai le femmine sono state già coperte. Mi concentro sul primo maschio, alla mia sinistra. Seguo attraverso le fronde delle querce i suoi movimenti ma non è mai calmo né a cartolina. Quando si gira verso l’altro M2 alla mia destra mi porge il fianco, cerco di scacciare dalla mente il rispetto e la pietà che mi incute questo regale maschio all’idea di arrestare con un proiettile la sua autorità. Armo la carabina e rimetto la croce sul blatt. Il tempo di espirare via l’emozione dai polmoni e il rumore assordante che non sentivo da tempo annuncia la caduta del vecchio capriolo e la sua scomparsa nell’erba alta ai piedi di una rigogliosa quercia. Riarmo. “L’altro è rimasto lì! È anche lui un M2, guarda, fa ancora la parata! Mi raccomando sangue freddo. Ma sbrigati perché tra un po’ non lo vedi più!” mi incita Gianni.
Il capriolo si dirige impettito verso il vecchio abbattuto, non ha capito cosa sia successo. La sua traiettoria mi fa capire che non sarà mai perfettamente a cartolina, è girato di qualche grado ma in una posizione comunque corretta. Se pensassi che sto per sparare al secondo capriolo, a entrambi i guerrieri che fino a pochi minuti fa si fronteggiavano in una tardiva tempesta ormonale, forse non sparerei. La presenza di Gianni che mi guida, mi incoraggia e mi calma è fondamentale in questo momento. Miro e aspetto l’attimo. L’attimo arriva e anche questo maschio cade. Un silenzio assordante segue la seconda fucilata. La femmina e il piccolo sono ancora lì, mentre il giovane maschio che aveva allarmato e portato via tutti al nostro arrivo si affaccia in pieno campo, svelando la sua presenza e confermando l’ipotesi di Gianni. “Ora questo regno senza re e senza il suo rivale è nelle tue mani. Vedi di sapertelo meritare, ragazzo!” gli sussurra Gianni, un po’ emozionato e un po’ commosso. Il piano per quest’anno è concluso, la caccia ha servito la specie capriolo e ha gratificato i cacciatori. Mentre andiamo ad onorare le spoglie dei due bei caprioli la coccinella, invece, è ancora attaccata al mio zaino.