“È passato esattamente un anno dall’ultima volta che sono stata a caccia…l’8 marzo dell’anno scorso. Ero a Novara ed ero uscita al capriolo. Sparai a una femmina, ma non la trovai quella sera, dovemmo tornare col recuperatore l’indomani. Mi sembra ieri…quanto mi è mancato tutto ciò!“. Le mie parole investono Fabrizio che sta guidando verso l’appostamento, dove mi accompagnerà in questa prima uscita a caccia dopo una lunga pausa felicemente forzata. Preparare lo zaino, allacciare gli scarponi, sistemare i colpi nel fodero…erano gesti così naturali e automatici un tempo. Oggi mi sembrava di aver dimenticato i passaggi, ripeto tutto due volte, impiego moltissimo a prepararmi. Sarà che quando si aspetta da tempo qualcosa poi si ha voglia di gustarsi ogni dettaglio e l’attesa stessa diventa parte del desiderio.
Dopo settimane di pioggia insolente finalmente il tempo volge al bello, il sole riscalda le colline umide e un vapore invisibile ammorbidisce la terra. Per raggiungere l’appostamento attraversiamo i campi seminati a gennaio e camminiamo al bordo del seminato. I primi germogli di grano si mischiano al tenero trifoglio in una nuvola verde che conferisce ai poggi la morbidezza dei disegni che coloravamo da bambini con la polverina dei pastelli sfumata con le dita. La terra è intrisa di acqua e ad ogni passo i nostri scarponi si portano dietro una zolla di fango diventando enormi e pesantissimi. Ciack ciack i nostri passi si inerpicano su verso una cresta che guarda a destra verso un tagliato e a sinistra su un fosso bordato da rovi che divide il campo, sulla cui cima una maestosa quercia veglia sul bosco che si affaccia a chiudere il campo in alto. È da lì che la buona sorte, la speranza e le precedenti uscite hanno promesso il mio regalo per questa ricorrenza.
Le prime ore trascorrono pigre al sole degli ultimi scampoli d’inverno. Io e Fabrizio ci raccontiamo le avventure di caccia, le padelle, le soddisfazioni a voce bassa, pur essendo appostati a una distanza considerevole dal margine del bosco. Telemetro i punti salienti da cui mi aspetto (o spero!) di veder comparire un folletto, e siamo sempre intorno ai 300 metri. Col sole ancora alto la prima femmina non tarda a mostrarsi. “Eccola! La vedi?” sussurra Fabrizio dal binocolo, mentre io l’ho già nell’ottica. È una femmina adulta, capo prelevabile anche se in cuor mio preferisco prendere un classe 0. Non si sofferma a mangiare, non si ferma praticamente mai, si guarda spesso alle spalle e sembra indaffarata più che allarmata. “Stai pronta, è probabile che la segua anche il piccolo e si mettano in pastura” mi consiglia Fabrizio. Con l’animale nell’ottica mi sento stranamente tranquilla, un sesto senso mi dice che non sarà la mia preda oggi, e mi godo questa diretta dalla natura da una poltrona privilegiata, stesa su un telo comodamente appoggiata a uno zaino e senza abbonamento. La luce è tanta, gli ingrandimenti alti, così posso vedere tutti i dettagli della capriola anche se non è facile starle dietro perché si muove di continuo e all’improvviso si lascia risucchiare nuovamente dal bosco che l’aveva offerta. Dietro di lei nessun piccolo.
Torniamo a sbinocolare a largo raggio. “Ma quello è un maschio!” rompo il silenzio con cui abbiamo accolto il fatale crepuscolo, l'”ora X” come la chiama Fabrizio. “…e pure bello!” commenta Fabrizio ammirando il palco già pulito lungo il doppio delle orecchie. Lo seguono a breve giro un piccolo, una femmina adulta, un’altra femmina classe 0 e una sottile. “Cinque caprioli! Sono tutti presenti all’appello. Li avevamo visti con Vincenzo la settimana scorsa ma era troppo buio per sparare“. Scelgo una delle due classe 0, ma è impossibile agganciarla nell’ottica: salta, corre, gioca intorno al branco, non sta mai ferma, la sua esplosiva mobilità infantile mi fa desistere. Il branco si allontana dal bordo del bosco e inizia a scendere verso il fosso. Sono a 270 metri, ma non è facile inchiodare la croce del reticolo su un capriolo. Lascio perdere la piccola salterina. “Ho ingaggiato la sorellina più calma” avviso Fabrizio che dal binocolo sta seguendo l’azione. Nella sua prudenza la caprioletta sta sempre attaccata alla femmina adulta…troppo! Non è sufficientemente isolata dal resto del branco, anche se la posizione è perfetta. La piccola scatenata comincia una puerile corsa verso il fosso, il branco la segue di buon passo, la distanza è ora sui 200 metri. “Appena si fermano sono pronta a sparare” dico a Fabrizio a denti stretti seguendo i caprioli con gli ingrandimenti a 10. Ma le evoluzioni della piccola impertinente tengono gli altri troppo in movimento. Ora l’altra piccola è finalmente sola, non ha altri animali in prossimità. “Attenta che ora fischio!” Fabrizio mi avvisa e tutti gli animali si bloccano per un istante sorpresi da un suono curioso.
Sull’ultima nota acuta emessa da Fabrizio, la Blaser attacca col suo timbro da mezzo soprano una strofa fatale, irripetibile, che fa fuggire il branco verso destra. Gli animali percorrono un ampio semicerchio alle nostre spalle per rifugiarsi nel tagliato. Passano tutti, manca una piccola. Ai piedi di un giovane pero andiamo a rendere omaggio alla caprioletta. Non ci sono mimose per le sue spoglie ma tanta riconoscenza e gratitudine per aver riscattato dopo tanto tempo la mia grande passione per questa caccia.