“La doppietta di camoscio…” La caccia in montagna è forse per un cacciatore di carabina quella che presenta maggiori difficoltà ed ovviamente maggiori soddisfazioni. L’ambiente duro, difficile ed allo stesso tempo di una bellezza straordinaria, esaltano al meglio l’azione venatoria.
Testo e foto di Federico Cusimano
Caccia al Camoscio: Le Alpi slovene saranno il nostro scenario di caccia, il camoscio la nostra preda.
È una telefonata questa volta che dà il via alla nostra avventura di caccia, quella che ormai amiamo definire con monicelliana memoria, «zingarata». Lo spirito infatti è proprio quello, l’entusiasmo di un piccolo gruppo di amici che ormai hanno condiviso tante, ma mai troppe, avventure venatorie.
Cacciatori pronti a partire quando l’occasione si presenta, pronti a «disertare» per qualche giorno i tanti impegni familiari e lavorativi. Si! Siamo degli zingari, amiamo l’avventura, la caccia e lo stare insieme. La telefonata arriva dalla Slovenia, Martin, il direttore della riserva di caccia che ormai frequentiamo da diversi anni, mi avverte che ha iniziato a nevicare e ci invita a venir su per andare a caccia di camosci con la neve. La notizia fa il giro veloce tra di noi: «Si parte» questa è la parola d’ordine. Giusto il tempo di organizzare un po’ le cose e giovedì ci si mette in macchina e si va a caccia di camosci. Vincenzo, Paolo ed io ormai siamo più che collaudati, i gesti si ripetono quasi automaticamente, la mattina ci si vede di buon’ora e caricata la macchina con armi e bagagli si va via veloci come le lepri.
Una sosta in autogrill per fare colazione e poi via di filato. Si pranza dopo aver superato il passante di Mestre, non vogliamo correre il rischio di perder tempo per via del traffico. Per recarci nella riserva che ci ospita passiamo per l’Austria, abbandonando quindi il confine italiano a Villach poi, dopo circa un paio di ore, entriamo in Slovenia. Qui ci aspetta il solito alberghetto di montagna senza troppe pretese, ma con tutto quello che ci serve per i prossimi giorni. Unica distrazione che ci concediamo è la sosta in una armeria austriaca vicina al confine, della quale approfittiamo per acquistare qualcosa che, come al solito, ci siamo dimenticati di mettere nello zaino. Inoltre, è d’obbligo fare la spesa al supermarket per i pranzi che nei prossimi giorni consumeremo in montagna, durante la sosta di metà giornata. Tutto adesso è davvero pronto, non vediamo l’ora di andar con il fucile in spalla per i sentieri di montagna.
L’appuntamento con il nostro guardiacaccia è per la mattina presto, una fastidiosa nebbia per il momento non ci fa capire che tempo andremo a trovare, ma Jose ci rassicura, sostenendo che in quota le cose dovrebbero andar meglio. Paolo, come al solito in questa caccia, è il più nervoso del gruppo: nonostante sia un esperto cacciatore ed abbia al suo attivo una numerosissima schiera di stupendi trofei di tutti i tipi, con il camoscio sembra non avere feeling. Tantissime uscite e praticamente nulla. Anzi per essere onesti nella sua trophy room è presente una capretta di un anno. Naturalmente noi da buoni amici, questa cosa gliela facciamo pesare parecchio, non perdendo occasione per ricordagli che la caccia al camoscio è l’università del cacciatore e quindi, nonostante tutto, lui ancora non può sedersi al tavolo dei «laureati».
Arrivati sul posto veniamo a conoscenza che purtroppo per un problema piuttosto serio la nostra terza guida non potrà essere con noi, quindi soltanto due guardiacaccia, io pertanto decido di andare insieme a Paolo, sarà lui oggi a sparare se si presenta l’occasione. Così ci dividiamo in due gruppi, Vincenzo con Jose si dirigerà in alto mentre noi perlustreremo la montagna ad una quota inferiore, insieme all’altra guida. L’appuntamento è fissato per l’una per mangiare tutti insieme prima di ripartire per la caccia. Bisogna dire che noi non siamo dei montanari, veniamo tutti e tre da Roma, e quindi per noi la caccia in montagna non è quella in cui siamo più esperti.
Insomma, non è come la cacciarella maremmana che facciamo tutte le settimane, per noi la montagna rappresenta un mito, un sogno da raggiungere e conquistare. Paolo, dopo aver padellato il suo camoscio per due anni di seguito, ha buttato alle ortiche il suo .243 Winchester che tante soddisfazioni gli aveva regalato ai caprioli ed ha acquistato un nuovissimo Kipplauf calibro 25-06, sul quale ha montato sopra una favolosa ottica da puntamento Swarovski. Così equipaggiato ormai non ha più scuse. Vincenzo ed io abbiamo portato le nostre solite e collaudate carabine Blaser, io in calibro 6,5×57 e Vincenzo .308. Anche noi abbiamo montato dei cannocchiali da puntamento Swarovski, in questa caccia non ci si può affidare a nulla che non sia di altissima qualità per quanto riguarda i sistemi di puntamento e osservazione. A questo punto siamo davvero pronti per iniziare la caccia quindi, caricati gli zaini in spalla ci si saluta augurandoci a vicenda un sincero in bocca al lupo. Il tempo fortunatamente si è aperto e la nebbia si è diradata, per terra ci sono circa dieci centimetri di neve, ma almeno per adesso sembra che di nuova non ne voglia cadere.
Caccia al Camoscio: La prima parte della mattinata non regala grandi emozioni, ma a caccia tutto cambia velocemente.
Come detto, Vincenzo si dirige in vetta per cercare di sorprendere i camosci sul versante assolato della montagna, individuandoli dall’alto. È un terreno molto difficile: a quella quota l’innevamento è ben presente e abbondante. Paolo ed io, invece, iniziamo la nostra ricerca da una quota inferiore, la neve non copre tutto il terreno e sotto gli alberi è ancora presente della bella erbetta. Cerchiamo quindi di approfittare di questa sicura fonte di cibo per tentare di sorprendere i camosci in pastura. Vincenzo non ha fortuna nella prima parte della mattinata, e a parte l’incontro con un bel maschio di cervo che infastidito si defila verso il fitto del bosco, non riesce a trovare nessun camoscio.
Siamo stati informati che nel piano di abbattimento della riserva sono ancora disponibili due maschi da trofeo, alcune femmine senza piccoli al seguito, e alcuni yearling. Quindi abbiamo a disposizione una vasta scelta e naturalmente sia Paolo che Vincenzo, come detto io oggi non porto con me la carabina ma soltanto una telecamera, sperano di poter incontrare un bel maschio adulto. Dopo un paio di ore di marcia ci troviamo in cima ad un cocuzzolo, e non avendo avuto la fortuna di trovare nulla, la nostra guida sembra abbastanza delusa: ci spiega che contava molto di incontrare un gruppetto di camosci che nei giorni scorsi erano più volte stati avvistati proprio in quelle zone. Niente da fare, non ci resta che tornare giù, ma mentre riscendiamo la montagna, su un canalone sopra di noi avvistiamo un camoscio, Paolo ha appena il tempo di stendersi a terra, mentre io riprendo la scena attraverso la telecamera, zummando fino a vedere che si tratta di un bellissimo esemplare di maschio adulto.
Il telemetro ci dice che la distanza tra noi e l’animale è di 125 metri, il camoscio come infastidito da qualcosa fa un paio di lunghi balzi in avanti, poi si gira verso il basso per verificare cosa stia succedendo di sotto. Esattamente in quel momento, Paolo lascia partire il colpo dal suo Kipplauf calibro 25-06R; la palla attraversa precisa il cuore dell’animale facendolo rotolare verso il basso per una ventina di metri. Sono io il primo ad esultare girandomi verso il mio amico che però sanguina abbondantemente dall’arcata sopraccigliare destra: il colpo del c…, insomma il colpo del cannocchiale. In effetti Paolo aveva adottato una posizione non ottimale, ma la voglia di poter prendere quello stupendo animale lo ha indotto a sparare, così il rinculo dell’arma ha fatto sbattere l’ottica di puntamento contro la fronte del mio amico: può capitare. Dopo essermi sincerato che si tratti solo della classica ferita superficiale, dico a Paolo che in fondo è giusto che abbia pagato un tributo di sangue per aver prelevato un così bell’animale. Paolo mezzo stordito dalla botta concorda con me, e dice molto sportivamente che non ci poteva essere battesimo migliore. Ma adesso bisogna andare a fare il recupero ed ammirare l’animale abbattuto.
Un camoscio superbo e che si rivelerà essere una medaglia di bronzo. Nella pausa per il pranzo, io e Vincenzo festeggiamo degnamente il nostro amico che finalmente è riuscito a discutere la sua «tesi»: un bellissimo maschio di camoscio. Ma adesso è ora di tornare a caccia. Dopo circa una mezz’ora di cammino, in un versante della montagna dove c’era una copertura uniforme di circa dieci centimetri di neve, Paolo ed io incontriamo delle tracce fresche di un gruppo di camosci e dopo un rapido consulto con la nostra guida, decidiamo di seguirle. Procediamo con molta cautela, cercando di non fare il minimo rumore salendo tra gli alberi. Quando riusciamo a vederli sono a circa centocinquanta metri da noi, non hanno avvertito la nostra presenza e ignari stanno camminando verso l’alto, il problema adesso è riuscire a portarci a tiro.
L’emozione è alle stelle anche perché riusciamo a scorgere tra il gruppo un altro maschio molto bello. Certamente non si può dire che la caccia al camoscio sia una forma di caccia semplice e anche in questa occasione ne abbiamo un’ulteriore prova. Paolo ed io arranchiamo lungo il calanco stando attenti a non farci vedere e sentire dagli animali, cercando nel contempo di mantenere costante la distanza. Ci muoviamo cercando di sfruttare tutti i possibili ripari offerti dagli alberi, ma a un certo punto i camosci si fermano come se avessero avvertito qualcosa, Paolo è veloce e trova un ceppo di albero tagliato che utilizza come appoggio, un ginocchio poggiato per terra e senza pensarci un attimo lascia partire il colpo, il camoscio fa un salto sulle zampe posteriori e scappa via nella direzione opposta rispetto al gruppo, questo è il segno inequivocabile che l’animale è stato colpito mortalmente. Lo ritroviamo trenta metri più avanti rispetto al punto in cui è stato colpito, osservandolo mi rendo conto ancora una volta di quanto siano belli questi animali. Paolo è letteralmente al settimo cielo, non sta nella pelle, una fantastica doppietta di camosci maschi da trofeo in un solo giorno.
L’indomani Vincenzo ed io proviamo a prendere il nostro camoscio: le cose però sono sostanzialmente cambiate, sono rimaste soltanto femmine e yearling. Vincenzo dopo un lunghissimo inseguimento che si protrae quasi fino a notte, riesce a recuperare il suo maschietto di camoscio che, purtroppo ferito, lo ha impegnato per molte ore. Io, invece, incontro due maschi stupendi che però non sono più prelevabili. Niente di più giusto: la caccia moderna è, e deve essere, soprattutto gestione del territorio e delle specie, quindi seppur con rammarico dal punto di vista del cacciatore non posso che ammirarli mentre vanno via indisturbati e dar loro appuntamento per il prossimo anno, per un’altra indimenticabile avventura di caccia. In bocca al lupo a tutti.