Caccia ai Camosci in zona Alpi: Le regole dei CA le conosciamo grosso modo tutti e il più delle volte si assomigliano. Una delle più importanti che vige in quello più spesso frequentato dal sottoscritto è di dover prendere, dopo un camoscio maschio, una femmina o un piccolo.
Si tratta di una regola contro la quale molti si sono opposti: nel settore vige una strana reticenza quando si parla di classe 0, quasi che gli unici che davvero si meritino d’essere predati siano i maschi. Personalmente non condivido questa filosofia e non ricordo nemmeno di averla mai condivisa. Vi è mai capitato di incontrare un camoscio di tre o quattro anni, magari stordito da qualche femmina in estro. Quella sì che è una preda davvero facile, contro la quale non mi è mai piaciuto accanirmi: i classe 0 sono tutto un altro paio di maniche, scortati a vista dalle mamme camoscio che rendono piuttosto difficile la loro cattura. Insomma, sorvolando sulla filosofia e sulla morale personale di ciascun cacciatore, quel giorno, dopo aver cacciato in ultima sessione un maschio era necessario cacciassi o una femmina o una classe 0, e per chi trova la caccia un’arte nobile e antica, ben accondiscende alle regole imposte dal CA.
Quella giorno, lo ricordo bene, il sole stentava a sorgere. Scelgo sempre di arrivare con largo anticipo sul terreno di caccia, specie quando non lo conosco a menadito visto che trovare sentieri e location ideali per la caccia non è mica un gioco da ragazzi: richiede tempo e pazienza. E io il tempo in avanzo quel giorno decisi di impiegarlo tutto per studiare il territorio e godermi il silenzio della montagna. La sera prima, su una cartina, la zona l’avevo pure studiata, ma lo sai bene, quando passi dalla carta alla realtà, le cose cambiano notevolmente. Dopo una più o meno lunga analisi del territorio pensai d’aver trovato la soluzione al problema: a patto che sarei riuscito ad individuare qualche camoscio, l’incontro sicuramente sarebbe avvenuto sotto una piccola cresta rocciosa. Aveva infatti tutte le caratteristiche per piacere ai camosci: si trattava di un luogo praticamente irraggiungibile (le mie gambe lo possono confermare), era posizionato con un dislivello di circa 400 metri ed inoltre protetto da una pietraia. Inoltre c’era la giusta erbetta e bei massi per coricarsi: insomma, fossi un camoscio prenderei residenza li.
In effetti i camosci erano proprio lì dove me li ero aspettati, rilassati e in gruppo. L’unica possibilità per dare loro la caccia era quella di scalare la pietraia in silenzio e prenderli di sorpresa. Presto mi resi conto che si tratta di una vera e propria impresa: non solo era piuttosto complicato riuscire nella scalata, ma le pietre, umide di notte e di nebbia erano particolarmente scivolose. Non so quante volte ho rischiato di cadere, lasciando rotolare dietro di me piccole pietruzze causa un chiasso infernale. Non potendo vedere i camosci dalla mia postazione pensai che probabilmente al mio arrivo sarebbero già stati altrove, ma come si dice, chi non risica non rosica, sicché scelsi di proseguire con la salita, incrociando le dita. In effetti, raggiunto il punto x, mi resi subito conto che i camosci si erano spostati, ma non di troppo. Inforcai il mio binocolo e li osservai notando subito un Kitz interessante da mettere subito sotto mira: il telemetro mi informava che era distante meno di 300 metri cosicché tentai il tiro.
Quando la sfiga ci si mette ci puoi fare davvero poco: nel momento esatto nel quale pigiai sul grilletto il kitz che fino ad allora mi porgeva il suo lato migliore si spostò. Il tiro aveva avuto l’effetto di farli volare via e io li guardai vedendo precipitare tutti i miei sogni venatori. Demotivato mi misi a pensare al modo di tornare alla macchina senza dover ridiscendere quella pietraia spezza gambe e dopo una rapida perlustrazione trovai un sentiero che probabilmente avrebbe fatto al caso mio. Mogio mogio presi il sentiero deciso a lasciar incompiuta quella giornata di caccia: ero stanco e un po’ adirato per il tiro andato male, ma lo sai, quando la fortuna ci si mette non puoi farci niente. Dopo pochi passi notai, proprio sulla mia testa, a duecento metri circa, tre meravigliosi camosci: una femmina e due kitz. Controllo, tanto per sicurezza, che la mia vista non mi avesse tratto in inganno, sistemai l’arma e sparai.
Fortuna e sfortuna fanno parte della vita di ciascun cacciatore, l’importante è imparare a conviverci, godere della prima e non prendersela troppo a cuore quando la seconda ci mette lo zampino: d’altronde pure senza preda, ogni giornata di caccia è una favolosa giornata trascorsa in mezzo alla natura. Dovrò ricordarmelo alla prossima padella!
PRENDITI UNA BELLA MACCHINA FOTOGRAFICA E FOTOGRAFALI CHE TI DIVERTI DI PIU’ E A CASA MANGIATI UN PIATTO DI PASTA E FAGIOLI CHE STAI MEGLIO !