Caccia ai tordi. Un territorio nuovo, il passo ormai finito, potrebbero essere i presupposti per un buco nell’acqua. Ma perché chiudere le porte alla fortuna? Un caldo pomeriggio di fine ottobre può offrire risvolti insperati. Cronaca di un rientro ai tordi nella splendida cornice della Maremma toscana.
Testo e foto di Vincenzo Frascino
“Cari tutti, la cena della squadra è fissata per mercoledì 30 ottobre” annuncia laconico l’sms da parte del segretario della mia squadra di caccia al cinghiale. In un primo momento resto perplesso, ma poi mi dico “Quale modo migliore di festeggiare il mio compleanno se non in compagnia dei mie amici di braccata?!”. Già che vado a Capalbio per la cena decido di anticipare la fuga dall’ospedale e di regalarmi qualche ora di svago nella macchia per tentare un rientro ai tordi. La settimana precedente, per tre giorni consecutivi, c’è stata un’entrata di tordi a detta di molti eccezionale, ma al momento il passo è fermo.
Risalendo lungo la costa nel primissimo pomeriggio assolato mi rendo conto che questa è la milionesima volta che da Roma vado a caccia ai tordi in Toscana, eppure è anche una “prima volta”: benché assiduo frequentatore di questa terra, sia per la caccia al cinghiale in battuta che per la caccia di selezione agli ungulati (tanto da aver fissato qui la mia residenza venatoria), in effetti nella splendida Toscana non ho mai cacciato i tordi, che sono stati il mio primo amore venatorio nato e vissuto pressoché solo ed esclusivamente in Calabria, mia terra d’origine.
Come prima cosa cerco il mio amico Alberto, colonna portante della squadra di cui faccio parte, e gli propongo una caccia ai tordi pomeridiana, certo della sua esperienza e conoscenza delle zone e felice della sua piacevole compagnia. Un impegno preso in precedenza impedisce ad Alberto di cedere alle mie lusinghe da Lucignolo, ma si offre volentieri di accompagnarmi e mostrarmi una zona che potrebbe essere fortunata. “Il passo è finito qualche giorno fa, e in ogni caso qui non sei in Calabria quindi non farti illusioni! Però secondo me verso l’imbrunire tre o quattro tordi li spari!”- con queste parole mi lascia Alberto in una zona tranquilla, con il bosco alle spalle, una stretta striscia di macchia davanti a me e in lontananza un esteso uliveto, potenziale area ristoro dei pochi tordi a giro in questi giorni. Alberto probabilmente ignora che anche in Calabria sono finiti i tempi d’oro in cui si contavano numeri stratosferici durante il passo, ma a me tutto sommato non importa dei numeri. Oggi è il mio compleanno e l’unica cosa che desidero è godermi qualche ora di pace nella macchia…se poi qualche tordo volesse finire nel carniere, certo non lo disdegnerei. Non ho grosse pretese e con questo spirito cerco qualche ramo che possa simulare un capanno per mimetizzarmi un po’.
Neanche il tempo di caricare che la mia attenzione viene attratta da un tordo che passa a circa 100 metri da me, alla mia sinistra, e mentre medito se spostarmi o meno in quella direzione un secondo tordo ripercorre la medesima traiettoria, dandomi la conferma che è lì che devo posizionarmi. Il terzo tordo questa volta fende l’aria sulla mia nuova postazione, è un tiro lontano ma va tentato. Gli do più di un metro di anticipo e mentre lo raccolgo penso soddisfatto “Allora esistono i tordi in Toscana!”.
Esistono e come! Per quasi un’ora alla mia destra e alla mia sinistra continuano a rientrare i tordi. I tiri sono quasi tutti molto lunghi, ma il piombo 10 delle cartucce caricate dal mio amico Luigi non lascia scampo ai tordi, che cadono fulminati intorno a me. Sebbene abituato a cacciare i tordi senza cane da riporto faccio fatica a recuperare quelli abbattuti: l’erba abbastanza alta rischia di inghiottirli e farli sparire ai miei occhi, e io devo ingegnarmi. Senza mai distogliere lo sguardo corro a destra e a manca via via che sparo, cerco di intercettare le prede in caduta libera nel tempo non cortissimo che tiri così lunghi mi offrono. Sono letteralmente esterrefatto: mai e poi mai avrei immaginato che in un’ora sola avrei avuto la possibilità di vedere, sparare e incarnierare tanti tordi! Mi ritengo veramente più che fortunato. Osservando il comportamento e le traiettorie di questi animali mi rendo conto che non si tratta di esemplari stabilizzati nel territorio ma di uno strascico fortunoso del passo che si è da pochi giorni concluso.
Quando giunge l’orario limite consentito dal calendario venatorio, scarico il fucile e mi fermo nella macchia con lo sguardo ancora fisso nel cielo. La luce azzurrina e venata di rosso del tramonto autunnale viene solcata da zirlanti frecce nere che continuano a rientrare nel bosco alle mie spalle. È incredibile come un selvatico così piccolo e “fugace” nelle sue apparizioni possa suscitare un tale fascino nel cacciatore. Sarà la sua scaltrezza, la sua capacità di individuare e schivare il predatore, di identificare elementi di disturbo e aggirarli, ma il tordo è veramente un selvatico che mi emoziona e attrae come pochi.
Quando raggiungo Alberto a casa sua, lui è curioso di sapere come sia andata. Io senza commentare, comincio a tirar fuori i tordi dalla trisacca. Al quinto tordo che poso sul tavolo Alberto inizia a strabuzzare gli occhi e con un sorriso soddisfatto mi dice “Allora ti sei proprio divertito oggi!”. Io continuo a sistemare le prede che ho incarnierato, fino a contarne diciassette. Un carniere veramente di tutto rispetto! Non posso che essere d’accordo con Alberto, che mentre raggiungiamo la squadra a cena mi batte sulla spalla e mi dice “Oggi il regalo di compleanno più bello ti è piovuto dal cielo!”.