“La caccia ai tordi non è più quella di una volta, hai ragione Vince’, ma devi capire che dipende dal territorio. Una volta cerca di venire con me nell’AFV di Saracena: è un posto magnifico, ti farò rivivere un rientro di quelli che facevi da ragazzino!”. Le parole accorate ed entusiaste di Saverio, prematuramente scomparso qualche tempo fa, mi risuonano in mente non senza portarsi dietro un groppo alla gola, mentre con l’auto percorro gli ultimi chilometri di autostrada che dalle vette del massiccio del Pollino portano in provincia di Cosenza. Mi attende un weekend di caccia ai tordi nella mia terra natia.
Il tempo si annuncia splendido. Mi rattrista soltanto l’idea di non poter cacciare insieme a Saverio. L’invito ufficiale è giunto dal nostro comune amico Luigi, grande appassionato di caccia ai tordi e al cinghiale. In occasione dell’uscita a caccia avremo la compagnia anche di Angelo, un giovane e assennato cacciatore accompagnato dalla sua bravissima bretoncina Drisla. Nel primo dopo-pranzo raggiungiamo la zona di caccia, il sole è ancora alto nel cielo. La luce piena e avvolgente, dipinge intorno a noi una tavolozza di colori accesi che mettono allegria. La pineta sulla sommità della collina domina immense distese di ulivi.
Ci disponiamo in modo che Luigi va ad occupare un appostamento tra gli ulivi in basso, sotto di lui Angelo col suo ausiliare e io in alto, subito a ridosso della pineta. Le mie esperienze di rientri degli ultimi anni alimentano inconsciamente il preconcetto che i primi tordi non si vedranno prima del tramonto. Nelle “mie” zone, infatti, è orami scontato che i primi colpi si comincino a sparare quasi a buio, con la massima concentrazione di tordi negli orari al limite della legalità. L’uscita si condensa nell’ultima mezz’ora di crepuscolo, dove concitati colpi si susseguono senza che si abbia il tempo di recuperare in tempo reale gli animali abbattuti.
Anche oggi mi preparo ad una lunga, apatica attesa al sole prima di vedere qualche tordo rientrare. È invece, fortunatamente, mi sbaglio!
Passa un tordo in alto. Preso alla sprovvista sparo un primo colpo, ma niente. Mi concentro. Con un buon anticipo sparo un secondo colpo, cui segue il tonfo del primo tordo a terra. Quasi contemporaneamente Angelo spara tre colpi, al terzo resta perplesso sull’esito e sprona Drisla in direzione del tordo. Pochi minuti dopo la breton torna trionfante col tordo in bocca verso il suo orgoglioso padrone. Con ritmo cadenzato e quasi ininterrotto i tordi di lanciano verso la pineta risalendo dall’oliveto. Gli spari talvolta si sovrappongono, altre volte si fanno eco tra loro.
Il ritmo è costante e mai concitato, gli animali rientrano continuamente fino al tramonto, in pieno giorno e senza lunghe interruzioni, permettendo a noi di godere dell’intero pomeriggio di caccia e a Drisla di darsi da fare nel recupero dei numerosi tordi abbattuti. Erano anni che non vivevo un rientro come questo. Le parole di Saverio mi risuonano nella mente, con il suo entusiasmo e la sua passione per la caccia. Sui nostri volti arrossati dal sole si legge un pizzico di malinconia per la mancanza del nostro amico ma anche la sensazione di essergli stati un po’ più vicini, quassù, in uno splendido pomeriggio al rientro “come una volta”.