I giorni di passo sul Monte Argentario sono quasi leggendari per la gente del posto. A metà ottobre l’invito dell’amico Fabrizio per una giornata di caccia ai tordi arriva come un regalo inaspettato che m’ingolosisce non poco: sono anni che sogno di vivere quest’esperienza.
“Purtroppo stamane non si sente nemmeno uno zirlo, Vince’!” mi accoglie mesto Fabrizio quando arrivo a buio a Porto Ercole, e le sue parole, miste all’espressione un po’ perplessa, sono come una doccia fredda. Facciamo una veloce colazione al bar cercando, con aneddoti ed elucubrazioni varie, di tirarci su il morale e la speranza. Il mio mantra “infetta” anche Fabrizio: “Mai dire mai!” e con tutta la speranza che quest’alba ottobrina ispira ci incamminiamo.
La strada s’inerpica lungo la costa, a picco sul mare. Saliamo tra i tornanti e a ogni metro guadagnato in altezza la generosa fetta di mare che il Creatore ha servito ai Portercolesi si ingrossa, fino a far perdere lo sguardo in un orizzonte senza fine.
Scesi dalla macchina cambio lo strozzatore alla canna del fucile, indosso la mia cartucciera e, dopo poche centinaia di metri di cammino, giungiamo sul posto dello spollo.
È ancora buio quando, col fucile in spalla, comincio a studiare l’ambiente e le possibili traiettorie dei tordi. Dopo pochi minuti di attesa, un primo tordo traccia una freccia nera sullo sfondo indaco del cielo appena illuminato. Con un tiro di stoccata fulmino il suo volo, mentre le piume leggere, ondeggiando nell’aria, testimoniano il buon esito del tiro. “Vuoi vedere che questa giornata, a dispetto delle funeree attese, comincia a girare bene?!” mi dico fra me e me, dopo questo primo incontro. Purtroppo mi sbaglio: a giorno fatto il mio carniere ospita solo tre tordi, e quello di Fabrizio idem. Mentre siamo intenti a cercare tra l’erba un tordo caduto che era stato occultato dalle ombre dell’alba, tre figure in lontananza spuntano dalla macchia e, cariche come muli, procedono verso su fermandosi nei pressi di Fabrizio. Si tratta di Giordano, suo fratello Giorgio e il padre Cesare, diretti all’appostamento per una giornata di caccia a colombacci. Saluti e in bocca al lupo.
Passa un’ora, forse più, i fucili ormai sono in spalla, non serve star pronti: da quando è sorto il sole, non è passato nemmeno un tordo. L’idea iniziale di passare la giornata qui ci piace sempre meno. Piuttosto attirano la nostra attenzione gli spari che ogni tanto sentiamo giungere dalle parti del capanno di Giordano. Mentre siamo con le orecchie tese (e un po’ invidiose) verso il capanno, Fabrizio riceve una telefonata. È proprio Giordano…
“Se lì di tordi non ne passano, perché non venite qui da noi?! Si vedono in lontananza diversi branchi di colombacci, e oggi sembrano anche credere alla tesa!”.
Prima di finire di riferirmi la telefonata, Fabrizio ha già scaricato e messo nel fodero il fucile. In men che non si dica siamo al capanno. Giordano sta armeggiando con stantuffi e racchette, e i suoi movimenti ampi e sapienti ricordano quelli di un direttore d’orchestra. E i suoi “musicisti” sembrano davvero diligenti: stormi di colombacci arrivano come richiamati da un misterioso magnetismo. Frughiamo nelle tasche e negli zaini in cerca di cartucce con piombo un po’ più grosso, ma ne racimoliamo ben poche. Io e Fabrizio ci posizioniamo uno a destra e uno a sinistra di Giordano, cercando di lasciargli più margine possibile di movimento.
Un grosso stormo di colombi si dirige da terra verso il mare, Giordano lancia in volo i volantini e inizia a muovere sempre più alacremente gli stantuffi. Lo stormo sembra crederci, e da lontano compie una virata verso il capanno, chiudendo un’ampia circonferenza tra cielo e mare. Appena arriva a tiro io e Fabrizio usciamo allo scoperto con sincronismo perfetto e ai cinque colpi sparati dai nostri fucili fanno eco quattro tonfi di colombi al suolo.
Ci giriamo verso Giordano, stupiti nel vederlo senza fucile: è tanto estasiato dalla perfetta riuscita della manovra che ha preferito non spezzare l’incantesimo, continuando con i suoi movimenti sapienti a manovrare la tesa. E così continua a fare per ore, fino a quasi mezzogiorno, dando a me e Fabrizio la possibilità di incarnierare un numero insperato di colombacci. Chi l’avrebbe mai detto? Una giornata nata con forti aspettative per la caccia ai tordi, ci aveva profondamente delusi quasi prima di iniziare.
L’incontro fortunato con Giordano, la sua abilità e un pizzico di fortuna ci hanno fatto invece vivere una magnifica giornata di caccia. Sicuramente il miglior attore non protagonista di oggi è lo splendido panorama che si gode dalla cima del Monte Argentario: cielo e mare sconfinati, ornati da verdi isole e dalla costa aspra e rigogliosa di macchia mediterranea, riempiono gli occhi di bellezza e il cuore di gratitudine.
Testo e foto di Vincenzo Frascino