“Quindi ti è partito dai rovi mentre lo cercavi?” Riccardo sta palesemente masticando quando al telefono cerca di farsi spiegare come sono andate le cose. È ora di cena, e sto risalendo il campo ansimando verso il posto macchina mentre sono al telefono con i miei amici recuperatori per chiedere il loro intervento l’indomani. Non prediligo cacciare la sera, preferisco di gran lunga l’aspetto al mattino, quando la luce va incrementando anziché ridursi, la ricerca di eventuali animali feriti è più tempestiva e la gestione dell’auspicabile spoglia più semplice e meno penosa che alla sera. Purtroppo, le occasioni per uscire sono sempre così poche, e oggi non ho desistito e sono andato a cercare il capriolo assegnatomi, una femmina o un classe 0. Avevo visto femmina e piccolo dopo un’oretta circa ma ben presto si erano occultati ai miei occhi e il piccolo non mi è apparso se non dopo molto tempo, sul limitare dell’ultimo bagliore. La distanza di neanche 100 metri mi aveva confortato nel tiro e la reazione con balzo in alto mi aveva assicurato la sua efficacia. Il piccolo aveva fatto un salto per poi andare a sparire in un avvallamento del terreno sotto di lui, ed ero certo di ritrovarlo lì.
Trascorsi 5 minuti (perché visto il buio incipiente 15 sarebbero stati veramente troppi!) mi sono avviato sull’anschuss e, appena saltata la stretta siepe di rovi che delimita le due porzioni di campo, da un cespuglio ecco che mi era balzato davanti e con pochi salti si era dileguato nel bosco. Ho tentato di seguirlo con circospezione inchiodando con lo sguardo il punto in cui l’avevo visto e cercando conferma nelle macchie di sangue. Quando il bosco si è infittito e le tenebre lo stesso ho desistito. Ho legato un fazzoletto intriso di amarezza sull’ultimo segno ematico e mi sono avviato alla macchina cercando il cellulare nella tasca. “Domattina veniamo con Erika, portiamo Argo. Stai tranquillo che lo troviamo…o per lo meno troveremo ciò che i predatori e i cinghiali lasceranno stanotte!” conclude Riccardo, congedandosi da me e dandomi appuntamento per l’indomani mattina.
I recuperatori sono una categoria veramente speciale, offrono con gratuità un servizio lodevole nei confronti dei cacciatori ma soprattutto degli animali, le cui sorti dopo un tiro dal dubbio esito possono essere le più disparate: dal colpo mancato a una ferita lieve fino al colpo non immediatamente mortale che lo espone a lunghe e penose sofferenze e rendono la loro morte vana e crudele. L’intervento di recupero si è svolto al mattino molto presto, nell’ottica di conciliare gli impegni di lavoro di Erika e Riccardo. A me è costato rinunciare a un’uscita mattutina a caccia ma non sarebbe stato sensato andare a cercare un altro capriolo lasciandone uno ferito dalla sera prima.
Scesi dalla macchina Erika fa sgranchire le zampe ad Argo e lo richiama per mettergli il collare satellitare. “Addirittura! Credi davvero che sia necessario? Vedrai che non dovremo fare troppa strada per trovare il capriolo” affermo speranzoso. “Vincenzo, ogni recupero è una storia a sé, e non va mai a finire come si immagina…meglio essere prudenti!” mi risponde Erica, mentre accarezza il suo bel bavarese. Accompagno i miei amici sull’anschuss. Il sangue a spruzzo conferma il tiro in cassa toracica, ma il cane non prende subito la traccia qui. Procediamo per pochi metri in direzione del fosso seguendo copiose macchie di sangue. In prossimità del fosso Argo lo attraversa, conduce Erika per qualche decina di metri sull’altra sponda e poi ritorna dall’altro lato, punto in cui il capriolo è balzato dai rovi. Argo ha agganciato la traccia! Prosegue in direzione del fazzoletto dove ho segnato l’ultimo passaggio visibile. Lungo il tragitto mostro ai recuperatori un pezzo di polmone che avevo messo sotto un sasso per proteggerlo dalla gola di qualche volpe.
Riccardo è ammirato da queste accortezze, che costano molto poco ma sono di grande aiuto nella ricostruzione dell’azione di caccia “Se tutti i cacciatori avessero questa cura nel favorire il recupero per noi sarebbe una benedizione!”. Entrati nel bosco un’ampia macchia di sangue su un tronco ci racconta di un animale preso in pieno torace che si è poggiato all’albero prima di ripartire. Il reperto ci incoraggia e procediamo baldanzosi certi di inciampare nel capriolo dopo pochi metri. La passeggiata però non è così scontata e le tracce non sono più così ravvicinate. Argo deciso procede ed Erika dietro di lui. A un certo punto le tracce di sangue si fanno più rade fino a scomparire ai nostri occhi. Erika ci precede di un bel pezzo con Argo tanto che non li vediamo più e non sappiamo se il cane sia ancora in traccia.
Dopo aver percorso più di 350 metri, la pendenza inizia un po’ a salire e le speranze di trovare facilmente il capriolo iniziano a vacillare. “Ma sei ancora in traccia? Non vi vediamo più, e non c’è nemmeno più sangue…sei sicura che non dobbiate tornare indietro? La salita si sta facendo un po’ troppo ripida per un animale così concio!” commenta Riccardo per radio. La replica di Erika non arriva dall’auricolare, ma un “Bravoooooo Argoooo!” che si sente da lontano ci racconta l’esito inaspettato (e fortunatamente positivo) di un recupero che, come tutti i recuperi, non è andato come ci aspettavamo.