Adelio Ponce De Leon, scrittore, corrispondente Diana e giornalista da oltre 60 anni si è spento all’eta di 96. – In Ricordo di Adelio:
La brutta notizia mi colpisce di prima mattina, appena arrivato in ufficio ed è di quelle che ti lasciano senza fiato. Il momento al quale inevitabilmente si pensava, ma che in cuor nostro tutti volevamo che il destino rimandasse il più a lungo possibile, è alla fine giunto e per quanto si possa credere di esser preparati, la realtà è invece di uno spaesamento forte, implacabile, aspro.
E come sovente accade, si torna subito con la memoria ai momenti vissuti in compagnia a disquisire di caccia, di beccaccini, di politica venatoria, di cacciatori, di esperienze vissute con lo schioppo in spalla un po’ dappertutto, dalle risaie della Lomellina e del Novarese, dalla palude Brabbia e dal laghetto di Bardello dei suoi luoghi natii, alle paludi e alle foreste dell’Est europeo, della Turchia, del Nord, inseguendo becchi lunghi, anatre, oche e regine.
E poi la guerra, le truppe, le gazzelle del Nordafrica, la prigionia, la fuga, la medaglia d’oro della Resistenza, una vita ricca oltre misura di avvenimenti. Io non ho avuto la possibilità di andare a caccia insieme all’Adelio, più che altro per motivi di natura anagrafica, ma senza dubbio di poterne discutere con lui sì e anche parecchie volte.
Senza ovviamente scordare i suoi libri, che mi hanno accompagnato sin da quando ero un bambino che compiva i primi passi sui sentieri di Diana insieme a papà Alessandro. Il primo di quei volumi che ebbi tra le mani fu “Momenti di caccia”, pubblicato nel 1962 e recuperato appunto da mio padre su una bancarella di piazza quando avevo dieci anni.
Da quel giorno, come già potei scrivere nel 2007 nella prefazione al volume di Adelio “Vizi e virtù del cacciatore”, rimasi letteralmente rapito dalle sue arti narrative, che mi spinsero, una volta ottenuta la prima, agognata licenza, ad andare alla ricerca di tutto ciò che era scaturito dalla sua macchina da scrivere.
I volumi quindi si accumularono nella mia biblioteca ma non invano, come a volte capita con libri che acquistiamo non sapendone il perché, i quali poi giaceranno mai aperti e mai letti: quelli dell’Adelio, invece, letti e riletti cento volte, ormai quasi non si chiudono più, tanto sono stati sondati, meditati, percorsi dallo sguardo nel rincorrersi delle parole e delle vivide vicende e situazioni raccontate.
Venne poi il giorno in cui l’Adelio mi parlò in maniera nuova, proponendomi di riflettere sulla possibilità di candidarmi alla presidenza del Club del Beccaccino per una serie di motivi che sarebbe ora inutile elencare: una proposta che mi fece tanto piacere, ma che pure mi creò qualche preoccupazione, perché chi potrebbe a cuor leggero assumere un tale ruolo alla guida del più antico sodalizio cinofilo-venatorio italiano, che ha annoverato tra le sue fila straordinari personaggi della caccia e della cinofilia venatoria del nostro paese?
Come fu, come non fu, la sfida venne raccolta e per sei anni lavorammo insieme a un gruppo di amici per risollevare le sorti un po’ appannate del Club, con grande soddisfazione dell’Adelio, che non esitava a manifestarla quale Presidente onorario dopo quasi vent’anni (dal 1965 al 1984) di guida attiva del sodalizio.
Ricordo così tanti pranzi sociali, convegni, dibattiti, incontri più o meno formali, dove l’occasione della sua compagnia diventava fonte di vivaci scambi di idee e di battute.
Nel maggio 2010, durante la Giornata della Riconoscenza, la Provincia di Milano lo insignì del Premio Isimbardi, dedicato alle personalità distintesi nella società milanese per particolari operato e dedizione in favore della collettività e quasi unico, fra i premiati quel giorno, prese il microfono per ringraziare con la sua squillante voce da ultranovantenne e la “r” inconfondibilmente pronunciata che credo rimarrà tra i suoi caratteri distintivi almeno quanto i suoi cappelli e i suoi bastoni istoriati.
Altri, di ben più lunga e assidua familiarità con lui, potranno più compiutamente ripercorrere la vita e le vicende dell’Adelio. Io voglio soltanto concludere con un saluto fraterno a uno scrittore, a un giornalista, a un cacciatore, ma soprattutto a un uomo che ci ha donato molto, augurandomi che l’Onnipotente voglia concedergli di continuare a rincorrere beccaccini nelle verdi praterie del cielo, mentre noi quaggiù ne serberemo gelosamente il ricordo.
Arrivederci Mitraglietta e grazie infinite per i tanti insegnamenti che hai lasciato a noi poveri “preumani” che nutriamo la tua stessa passione.
Massimo Marracci