Il beccaccino è una specie sotto osservazione, ma sostanzialmente non in pericolo. Questo il sunto dei rilevamenti raccolti dall’Ufficio Migratoria della Federcaccia nazionale (per gli interessati: [email protected]) pubblicati sul Quaderno n. 3/2015. E dunque la scarsa presenza settembrina-ottobrina della stagione in corso si presume ragionevolmente legata alle non idonee condizioni dei siti. Condizioni conseguenti alla penalizzante forte siccità estiva, alle quali si è addizionato un ottobre eccezionalmente caldo, sfavorevole al passo (dal punto di vista del cacciatore) nel periodo classico dei movimenti migratori. Da alcuni amici toscani si era ricevuta notizia di una presenza apprezzabile di becchilunghi subito dopo l’apertura, esauritasi però nel giro di poco e giungendo ad uno stop del transito migratorio. Movimenti di contingenti già numerosi? In questi casi ci si potrebbe forse attendere un intervallo di calata relativamente lungo, rimandando la “ripresa” della stagione almeno a fine ottobre. Oppure anticipo di una o più rotte migratorie per motivi puramente occasionali ed estemporanei? Il vaticinio della sfera di cristallo dice, come sempre, che … lo si vede solo dopo! Qualche precoce giornata di nebbia si pensava potesse essere propedeutica a qualche calo di selvatici, ma … se la nebbia è bassa e sopra di questa il cielo è sereno la “regola” non vale più. Insomma, vedremo.
Il beccaccino inizia a muovere verso fine luglio e inizio agosto, e se le condizioni ambientali e climatiche sono idonee alla sosta, a fine settembre-inizio ottobre la stagione di caccia solitamente si può dire aperta. Sono i giorni del calo dei beccaccini “nuovi”, quelli “buoni”, quelli sui quali il cane, se sa mettere in moto il binomio naso-cervello, può farsi un po’ le ossa. L’inizio di stagione indirizza i passi del cacciatore verso i punti che l’esperienza ha mostrato come preferenziali per l’incontro. Assenza o poca presenza di selvatici su quei punti significa passo scarso. Se invece gli incontri sono abbastanza regolari, allora significa che il passo è aperto e la caccia può allargarsi su tutto il terreno disponibile per cercare ulteriori occasioni.
Quella al beccaccino è una caccia di metodo e (molto) movimento. Se si caccia con il cane è d’uopo affrontare il terreno con il vento a favore, e questo comporta a volte dover fare qualche giro “morto”, quindi passi in più, per mettersi nelle migliori condizioni possibili per il naso dell’ausiliare. In risaia c’è chi usa perfino la bicicletta per questa bisogna, riuscendo a spostarsi sugli argini dei “cassetti” più velocemente.
Quando si fanno tanti passi, il peso ha il suo … peso! Armi leggere, semiautomatici o basculanti che siano. Però una bella doppietta o un sovrapposto classici, cioè bigrillo, sono tutt’altro che superati e concorrono a donare alla caccia quel crisma di sostenibilità che oggi tanto serve. Evitare cartucce inutilmente potenti che, a parte il disturbo alla spalla e alla guancia, per il beccaccino sono del tutto superflue data la vulnerabilità del selvatico. Tutt’altro da snobbare i “vecchi” 32 grammi (in prima canna andrebbe bene anche una veloce 28 grammi da piattello), giungendo alla quota dei 34 nella stagione (veramente) fredda. E poi sparare a tiro, inutile cercare il pallino “pazzo” dopo i trentacinque metri, quando peraltro un beccaccino può avere ben diritto di andarsene per i fatti suoi. Quanto alla leggerezza e all’agilità di movimenti, anche gli abiti hanno molta importanza. I moderni tessuti danno un’enorme flessibilità di equipaggiamento, leggeri e nel contempo freschi o caldi a seconda della stagione, con un versatile trisacca a completare.
Dicevamo anche dell’ausiliare. Cacciare con il cane o senza? Prima che una scelta tecnica può semplicemente essere una scelta forzata, cioè a seconda della possibilità di avere a casa il posto per il cane. Detto questo, il grande Adelio Ponce de Leon scriveva sul suo “Il beccaccino” che piuttosto che cacciare con un cane inadatto è meglio cacciare senza. Ora, cacciare un selvatico di alto rango come il beccaccino senza il cane, significa quasi “sciupare” il selvatico. Ma il cane deve essere quello giusto. Nessuno nasce imparato, e quindi il cane deve arrivare al beccaccino dopo un’accurata scuola sulla quaglia, selvatico (quando selvatico!) di tutto rispetto e propedeutico all’affinamento della ferma, necessario requisito top-level su un selvatico nevrile come il nostro beccolungo. Ma è basilare, dicevamo sopra, che la testa sia collegata al naso, anzi quasi venga prima del naso. Non sussistendo tali condizioni, o prevedendo di non poterle realizzare per qualsivoglia motivo, perché non dirottare su un buon labrador che sarà di grande aiuto nel riporto e negli eventuali recuperi?
Ancor oggi, nonostante tutto, la caccia al beccaccino può regalare soddisfazioni e spazi aperti. Selvatico classico, difficile e per questo coinvolgente. Selvatico importante per la caccia e la cinofilia. Se gli si “vuol bene”, lasciamolo calare in pace in pastura prima del tramonto, mettendo il fucile nel fodero.