Caccia Ungulati: La Provincia di Firenze rende noti i numeri su densità attuali, densità-obiettivo e danni da ungulati.
FIRENZE: 27.000 caprioli e 20.000 cinghiali, collocati in maggior parte nell’area a nord dell’Arno (nel triangolo Firenzuola-Calenzano-Pontassieve) e sul versante fiorentino delle colline del Chianti. Sono questi, anche se è esplicitamente sottolineato che l’effettiva popolazione è «difficilmente delineabile con precisione», i numeri relativi alla pressione degli ungulati sul territorio della provincia di Firenze.
Lo comunica l’amministrazione provinciale del capoluogo toscano, in seguito all’approvazione (25 maggio) di una delibera per l’attuazione del Piano faunistico provinciale 2006-2010, che consegue anche alla recente approvazione, da parte della Regione, della l.r. 2/2010 “Modifiche alla l.r. 3/94 – (Recepimento della legge 11 febbraio 1992 n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»)”.
La delibera integrativa, si afferma nel testo, si è resa necessaria in quanto «negli ultimi anni l’espansione degli ungulati in generale, e del capriolo in particolare, hanno avuto una ulteriore impennata, rilevata anche dalle continue segnalazioni di danni e scorribande nei vigneti e nelle altre aree con coltivazioni di pregio della Provincia di Firenze, evidenziata dalle continue segnalazioni pervenute da parte degli agricoltori, ma anche dai numerosi articoli giornalistici apparsi su vari quotidiani e dall’incremento degli incidenti stradali da impatto con ungulati che si verificano lungo la viabilità. In più occasioni la Provincia è stata chiamata a rifondere il danno subito dagli automobilisti».
I numeri a questo riguardo indicano che per il solo anno 2008 i danni subiti dal comparto agricolo provinciale per la fauna ammontano a circa 400.000 euro, di cui il 60% (229.000 euro) sono da attribuire ai cinghiali, 78.000 ai caprioli e 32.000 agli storni. Riguardo agli incidenti stradali, emerge che dei circa 600 incidenti avvenuti in seguito all’attraversamento della sede stradale da parte di animali, oltre il 90% è da attribuirsi agli ungulati, specialmente a caprioli e cinghiali. Secondo la Provincia, «tutte le tipologie di strade (extraurbane e autostrade) sono coinvolte dal fenomeno, nonostante il ricorso, in particolar modo negli ultimi anni, a strumenti di protezione alla circolazione (reti, scarpate artificiali)». Riguardo al tratto provinciale dell’A1, ad esclusione dei tratti urbani, «sono stati 62 gli incidenti che hanno visto coinvolta la fauna circostante; di questi, oltre il 50% (32) nel tratto compreso tra Rignano sull’Arno ed Incisa Valdarno (periodo 2006/2009)».
Numeri che secondo le valutazioni dei tecnici provinciali indicano una densità eccessiva di ungulati sul territorio, anche alla luce delle indicazioni di origine regionale sul tasso di pressione sostenibile: in questo senso, ad esempio, la densità provinciale di cinghiali (4,5 capi/100 ha) è molto superiore alla soglia di 2,5 fissata dalla Regione.
Di conseguenza, la delibera di recente approvazione indica le densità-obiettivo per le varie specie, che per le rispettive aree vocate è di 2 capi/100 ha per cervo e daino, di 1,3 capi/100 ha (a fine stagione venatoria) per il cinghiale, e di un intervallo da 8 a 25 capi/100 ha per quanto attiene al capriolo. Capriolo che, peraltro, è l’unica delle specie citate per la quale non sono previste attività di eradicazione, azioni che sono invece previste sia per il cinghiale, sia per il daino nei territori considerati non vocati.
Riguardo al cervo, invece, è prevista la gestione conservativa delle due popolazioni montane (Acquerino – provincia di Prato e Foreste Casentinesi) mentre per la popolazione presente nel Chianti è prevista l’eradicazione. E, nonostante l’attività di perseguimento di una corrispondenza tra l’areale naturale di una specie e la sua diffusione effettiva sia un ambito di azione da sostenere sia per una pressione sostenibile per il territorio (inteso in senso antropico ed ecologico), sia per la stessa salubrità delle popolazioni di ungulati, è da attendersi che la prevista eradicazione del cervo dalle alture del Chianti solleverà non poche proteste da parte delle associazioni animaliste, anche perché parliamo di una specie che vive sì tipicamente in montagna, ma prevalentemente a causa della pressione antropica, poiché il suo areale tipico non escluderebbe la collina e nemmeno le pianure. Ciò è confermato anche dal fatto che l’unica popolazione di cervi che è ritenuta – con maggiore probabilità – di effettiva origine autoctona in Italia è quella del bosco della Mesola, situato in area litoranea in provincia di Ferrara.
Al di là di ciò, per il cervo, desta una certa perplessità quanto affermato dal Piano di gestione stesso, e cioè il fatto che «pur garantendo la gestione conservativa delle due popolazioni appenniniche, si stabilisce che dovrà essere evitata, per quanto possibile, l’espansione delle stesse lungo la dorsale appenninica in modo da impedire il loro congiungimento»: una misura che, se comprensibile alla luce delle finalità gestionali, appare invece errata in termini ecologici, poiché non ha senso impedire la naturale ibridazione tra le diverse popolazioni, elemento che si configura come fondamentale – a lungo termine – per garantire la salubrità (anche genetica) delle popolazioni animali.
Più in dettaglio, comunque, «in aree caratterizzate da vigneti e colture di pregio, come il Chianti o i territori circostanti Pontassieve e Rufina, è prevista l’eradicazione per cervi e daini (poiché territori non vocati alle due specie), una densità inferiore agli 8 capi per 100 ettari per i caprioli e l’eradicazione per i cinghiali. Nelle aree boschive, come l’alto Mugello, sarà tollerata una densità di 2 capi per 100 ettari per quanto riguarda cervi e daini, tra 8 e 25 capi per i caprioli e sempre 1,3 capi per i cinghiali».
Fonte: Green Report