“Il dito nell’occhio” di Bruno Modugno. Il dito questa volta lo metto nell’occhio dei sostenitori del pensiero unico, che, guarda caso, parte dalla sinistra salottiera, arcobalenista, pacifista e buonista. Niente a che vedere con la sinistra dell’operaio che ha tutte le ragioni per essere incazzato.
di Bruno Modugno
Io ce l’ho con la sinistra al caviale, con la sinistra fancazzista, che legge Repubblica e giustifica il rom ladro e rapinatore e che magari ti dice per bocca dei suoi leader di prenderti un immigrato in casa per arrotondarti la tua pensione. Le sue sponde sono talvolta certa magistratura, altre volte gli eroi a viso coperto che distruggono le nostre città e massacrano poliziotti e carabinieri. E poi, magari, lo Stato riconoscente e asservito allo stesso pensiero unico, gli dedica una sala al Senato. Mica ho finito.
Il pensiero unico, che fa tanto chic e che i fabbricanti di voti pensano a torto che appartenga alla società civile, ha contagiato anche le schiere della destra, scompaginata dalle vicende giudiziarie ed erotiche di Berlusconi e divisa in orticelli e camarille. Al centro del pensiero unico, oltre alle mode che ho elencato all’inizio, garrisce la bandiera dell’animalismo, del finto ecologismo, che viene spesso piantata al culmine delle pattumiere cittadine, nelle discariche a cielo aperto, nelle guerre per lo sfruttamento dei rifiuti.
Ma il grande collante del pensiero unico è lo spirito anti-caccia che si accompagna al rifiuto delle armi, senza se e senza ma. Questa dello spirito unico è una lobby che attraversa tutti i partiti, da quelli della sinistra colta e salottiera, agli ex- giustizialisti, ai nuovi democristiani dispersi in mille rivoli, alle nuove destre, a molte questure e tribunali d’Italia. Intanto c’è da dire che mentre la sinistra al caviale non ha mai nascosto i suoi sentimenti anti-caccia, la destra di Berlusconi si presentò. negli anni d’oro della sua marcia su Roma, mostrandosi favorevole ai cacciatori, all’uso ragionato delle armi, addirittura ampliando i limiti della difesa personale. Un referendum per l‘abolizione del porto d’armi (è stato il primo di 24 referendum contro la caccia, nazionali e regionali, tutti persi dai presentatori o perché dichiarati illegittimi o per non aver raggiunto la percentuale dei votanti prevista dalla legge) fu l’unico ad aver visto una larga partecipazione. Fu bocciato con l’84 per cento dei no! Una vittoria clamorosa che la dice lunga su come la società italiana sia favorevole al possesso e all’uso legale delle armi, siano da caccia, sportive o da difesa.
Altro che pensiero unico! Berlusconi, prima di scendere in campo, aveva seguito il dibattito sull’abolizione del porto d’armi e ne aveva tratto delle conclusioni. Di qui la mano tesa. Di qui i progetti sul diritto a difendersi in casa anche con le armi. Di qui la presentazione di candidati vicini al mondo della caccia. Nel volete un altro? Storace, che presentandosi come governatore della Regione Lazio chiese e ottenne i voti dei cacciatori, salvo poi a voltar loro le spalle quando si trattò di costruire l’inutile parco di Bracciano Martignano. Inutile sì, ma produttore di poltrone. Oggi, se c’è un partito coeso a combattere le istanze dei cacciatori, avendo come portabandiera dell’animalismo più becero e lacrimevole la Brambilla (la cui famiglia commercia in pesci congelati), questo è Forza Italia. Potrei citare centinaia di esempi. Ma anche qualche rara eccezione, come il senatore Luciano Rossi, presidente della FITAV. E’ doveroso ricordarlo. Lo stesso Di Pietro, entrato in politica, si era professato cacciatore ed aveva raccolto i voti di molti che, oltre a essergli grati per aver fatto pulizia negli angoli della Prima Repubblica, gli riconoscevano amore e interesse per la caccia.
Conservo ancora un paio di fotografie che ci ritraggono insieme durante una gioiosa assemblea dell’UNCZA (sono i cacciatori di montagna) a Piazzatorre, in quella Val Brembana che lo ha visto protagonista, nel passato, di gloriose avventure di caccia insieme al cognato. Ora Di Pietro si è più volte schierato con gli anti-caccia. Resta la Lega a esserci fedele, a difendere i nostri valori e lo spirito della buona e (ahimé) anche della cattiva caccia. Come vedete, non faccio sconti a nessuno. Ma almeno è lì e ci puoi contare. Così si è formata quella lobby che, alla prima notizia di una sparatoria, che magari ha avuto per protagonista e autore un agente depresso o geloso, stringe i freni sulla normativa che riguarda l’acquisto e la detenzione delle armi, anche da caccia.
Le sentenze che riguardano le armi sono sempre più confuse e contradditorie, e comunque sempre più sfavorevoli a chi ne fa uso. Le questure e le prefetture sono sempre più avare nel concedere licenze di porto d’armi. A volte, una lite incruenta, una parolaccia all’indirizzo di un vicino diventa pretesto per non concedere il rinnovo della licenza di caccia a chi ha comunque da sempre una fedina penale candida. Insomma, il pensiero unico ci vuole disarmati, visto che i Rom “ti entrano in casa e rubano per disagio sociale”, come ha deciso certa magistratura. Beh, mi fa male il dito e sono incazzato. Così spero di voi.