Bruno Modugno si racconta nella intervista di Federico Cusimano per l’uscita in versione Ebook del suo nuovo libro ” Il Respiro delle Cose”.
D.) FEDERICO: Che cosa ci faceva a quella sua bell’età seduto su un sasso a bordo macchia, rabbrividendo sotto il giaccone, con un fucile sulle ginocchia in tempo di pace?
Il nuovo romanzo, Il respiro delle cose, di Bruno Modugno inizia proprio con una scena di caccia, un uomo seduto a bordo macchia aspetta. In quel momento detiene il massimo del potere. Può decidere della vita o della morte della creatura che gli si presenterà dinnanzi.
Bruno, cosa sta aspettando veramente Daniele, il protagonista del tuo ultimo romanzo? Attende la sua Moby Dick, il suo mostro informe, il leviatano? Oppure sta semplicemente aspettando un buon pasto, della carne in setole e zoccoli?
R.) BRUNO: Daniele sta vivendo la caccia come una metafora della vita. E’ una recita che va avanti da 60 anni. Lui cacciatore, aspetta la sua preda. Altre volte la cerca. Ne ha bisogno? No, quello è il suo ruolo, così come nella macchia, predatori e predati recitano il dramma il cui eterno copione è stato scritto dalla Natura, o se volete, dal Grande Architetto. E’ lì, seduto a bordo macchia, continuando una recita che porta avanti da 60 anni, e il senso della vita e della morte – che poi è lo stesso sentimento – gli viene incontro, lo travolge, gli entra nel profondo. Riflette, sogna. I ricordi di una vita a volte eroica, a volte avventurosa, a volte magnanima, a volte sciagurata prendono corpo e forma in quel crepuscolo estivo che è un po’ la metafora del suo personale crepuscolo.
D.) FEDERICO: Chi ti conosce da tempo sa della tua ormai ventennale polemica con la così detta letteratura venatoria. Re di macchia, finalista al premio Strega, è un libro che parla di caccia; Il respiro delle cose, anch’esso parla di caccia come del resto Moby Dick di Melville, perfino Tommasi di Lampedusa affida una delle migliori pagine del Gattopardo ad una scena di caccia per raccontarci la vita, i sentimenti e anche le preoccupazioni del principe di Salina. Ma certamente nessuno può immaginare di definirli libri di genere. In Italia, secondo te, è possibile fare della letteratura con la elle maiuscola pur parlando anche di caccia?
R.) BRUNO: E’ possibile, anche se in Italia non ci siamo riusciti del tutto. Abbiamo una buona novellistica macchiaiola, di tipo picaresco, che racconta piccole vicende di strapaese che fanno da contorno ad un’azione di caccia. Certo, accanto ai dilettanti che affollano i premi di narrativa venatoria abbiamo Barisoni, Fucini, Paolieri, Niccolini. Tutti bozzettisti di ottimo livello. E oggi abbiamo avuto Rigoni Stern e Pieroni. La loro narrativa però è episodica e raramente trascende dal dato vissuto, dalla tentazione di raccontare storie e personaggi. Abbiamo , Celano, certo, Landolfi, Corona. Grande un breve romanzo di Erri De Luca, scrittore che non ama la caccia ma che della caccia al camoscio ha fatto la metafora della vita e della morte. Forse sono gli unici che, sottilmente metafisici, dimenticano subito il dato sensibile per inseguire metafore, sogni, paranoie. Sempre cominciando a parlare di caccia.
Ma dove sono il nostro Turgheniev, il nostro Tolstoi? Dove andremmo a cercare un Wiechert , e perché no?, Hemingway, o Melville, o Delibés, Gary? Cosa ci manca? Quando cominciai a scrivere quel romanzo che poi sarebbe diventato Re di Macchia, Alberto Bevilacqua ne fu subito affascinato. “Questo – mi disse- è un romanzo. Ma se non vuoi che finisca sulle riviste di caccia, devi trasformarlo. Gli episodi che racconti sono storie di paese. Devi riscriverlo. Deve diventare una storia emblematica che deve riguardare tutti, cacciatori e non cacciatori. Non pensare a Fucini. Pensa alla Bibbia. E così Cencio diventò Davide. Checca diventò Regina e tutti i personaggi assunsero ruoli, simboli e caratteri della grande vicenda umana. Fu così che. grazie ad Alberto Bevilacqua, salvai l’anima. Con l’aiuto dei grandi classici tedeschi ai quali devo molto.
D.) FEDERICO: Hai voluto, come spesso ti è accaduto nella tua lunga e prestigiosa carriera, precorrere i tempi. Il respiro delle cose è uscito infatti in tutte le migliori librerie virtuali in versione elettronica, i così detti e-book. Stando ad una recentissima notizia ANSA dovresti avere ragione ancora una volte tu: nel mese di maggio infatti le vendite degli e-book hanno superato quelle dei libri cartacei. Ma cosa rispondi a tutti coloro i quali sono ancora legati alla materialità della carta ed a quelli che invece sostengono che scaricare un e-book sia una cosa complicata?
R.) BRUNO: Non l’ho fatto apposta. E’ stato l’Editore a volere così. E visto che la GeMS è il terzo gruppo editoriale italiano dopo Mondadori e Rizzoli, ho subito accettato. Sanno quello che fanno, mi dissi. Anch’io amo il libro di carta, mi piace accarezzarlo, annusarlo, sfogliarlo, riporlo tra le letture più care. Ma non possiamo vivere attaccati alle nostre abitudini. Quando apparvero le prime automobili, lente puzzolenti e fracassone, tutti rimpiangevano gli eleganti equipaggi, con pariglie tirate a lucido, che la domenica percorrevano i viali delle ville urbane scarrozzando dame impellicciate e gentiluomini in cilindro. Lo stesso è accaduto all’apparizione della luce elettrica che tingeva le ombre di rosso, mentre gas e acetilene fugavano ombre e angosce con la loro luce bianca. Accadde lo stesso all’apparire della TV, dei computer e dei cellulari. Il progresso va avanti e se ne frega delle piccole o grandi sacche di resistenza legate ad abitudini profondamente radicate e vecchi privilegi. L’equivalente del mio libro cartaceo costerebbe intorno ai 25 euro. Risparmiando sulla composizione, la stampa, la distribuzione e il libraio, lo sai a quanto viene messo in vendita nelle librerie virtuali? A meno di sei euro!
D.) FEDERICO: Infine un ultima domanda: Chi è veramente Daniele, il protagonista del romanzo, che cosa sta cercando tra i boschi, i nani, le vaccine dalle corna lunate, i fantasmi, i principi ed i ladri di tombe, i bracconieri, i cinghiali e le ninfe di una maremma che come una mamma a braccia aperte accoglie i suoi figli sperduti. Quanto Bruno c’è in Daniele e quando Daniele c’è in Bruno e in tutti noi che alla nostra età, qualunque essa sia, stiamo seduti a bordo macchia con un fucile tra le ginocchia in tempo di pace.
R.) BRUNO: Daniele è un personaggio di fantasia, al quale ho affidato molte delle mie storie, personali e di famiglia. Che cosa cerca nella macchia? L’isola che non c’è. Perché devo inventare fatti, eventi e circostanze quando ho a disposizione una tavola imbandita di pietanze varie e gustose delle quali servirmi? Uno scrittore dell’anima, come penso di essere io, deve frugarsi dentro per trovare storie, sentimenti e motivazioni. Solo lo scrittore di gialli o di fantascienza può inventare tutto di sana pianta. E non è nemmeno sempre così.
Chi è l’autore?
BRUNO MODUGNO:
Giornalista e scrittore, autore televisivo e regista, vive e lavora a Roma. Ha lavorato per undici anni nei quotidiani e rotocalchi, come cronista e poi inviato. Nel ’64 ha cominciato a collaborare con la RAI-TV. E’ stato autore e conduttore di programmi culturali e di grandi contenitori quotidiani di intrattenimento. Durante gli “anni di piombo”, dal ’76 al ’79, ha condotto il TG1 delle 13,30.
Ha girato numerosi documentari dedicati alla ricerca etnologica, all’avventura, agli animali e all’ambiente. Ha scritto soggetti e sceneggiature per il cinema e la TV e i testi di numerose canzoni.
Insieme a Folco Quilici e Carlo Alberto Pinelli ha scritto il film per la MGM Il Dio sotto la Pelle, la cui sceneggiatura, pubblicata dalla Minerva Italica, gli ha valso il premio Bergamo.
Ha scritto un libro di racconti (Roma by night), saggi e alcuni romanzi. Con il suo primo romanzo, Re di Macchia (Rusconi Editore), è entrato nella cinquina del premio Strega ed ha vinto il premio Un Libro per l’Estate. Da questo primo romanzo è stato tratto l’omonimo film, da lui stesso scritto e diretto (Filmstudio-Mediaset). Col suo secondo romanzo, Cento Scalini di Buio ( Rusconi editore), ha vinto il premio Vallombrosa. Col suo terzo romanzo, Cacciatore d’Ombre (Vallecchi), ha vinto i premi Città di Piombino e Cypraea. L’ultimo romanzo, che conclude la quadrilogia maremmana è Ballata Saracena (Editoriale Olimpia).
Ha scritto un libro di poesie, Sampietrino di Maggio, pubblicato nella collana Quaderni di piazza Navona, diretta da Elio Filippo Accrocca.
E’ responsabile della Commissione Etica e Informazione della Delegazione italiana del Conseil International de la Chasse et de la Conservation du Gibier.
Per 20 anni è stato membro del comitato di direzione della rivista Diana. Ha fondato e diretto per quattro anni il mensile Caccia +. Dal ’97 al 2002 è stato direttore editoriale del Canale monotematico Seasons (bouquet Tele+).
Dal 2004 è direttore editoriale del Canale monotematico Caccia e Pesca (235-236 bouquet Sky). E’ stato il primo presidente dell’ultima nata tra le Federazione del CONI: la FIDASC (Federazione Italiana Discipline con Armi Sportive e da Caccia).
Per il lavoro svolto e per i successi ottenuti sui campi di tiro internazionali è stato insignito dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, dell’onorificenza di Commendatore dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”.
NB. So perfettamente che le interviste andrebbero condotte in maniera più formale, dando per esempio del Lei all’autore.
Per questo motivo chiedo scusa a tutti i lettori se al contrario ho utilizzato il solito tono di sincera amicizia che mi lega a Bruno Modugno, che è per me un vero maestro professionale ma soprattutto di vita.
Federico Cusimano