Browning BAR: Dopo la fenomenale diffusione dei calibri magnum reputati necessari per ogni genere di caccia si sta assistendo a un riposizionamento più razionale delle diverse cartucce con rivalutazione di quelle messe indebitamente da parte.
di Emanuele Tabasso
Nel corso degli ultimi decenni si è assistito a un fenomeno molto particolare nella scelta delle cartucce: nel dopoguerra i magnum d’oltre Atlantico si erano ritagliati una parte consistente del mercato ponendo in angolo molte valide soluzioni precedenti, soprattutto quelle create dai tedeschi. Le guerre, come ben si sa, non si vincono solo per la gloria e per gli ideali (molto simili a quelli che in artiglieria si definiscono i “falsi scopi”), ma con un occhio acuto e interessato ai risvolti commerciali. Trascorsi tuttavia parecchi anni certe cose buone vengono riscoperte e, in mezzo al tutto e al di più cui ci si è abituati, si inizia a valutare con maggior oculatezza tutta la serie di prerogative di un certo prodotto. Nelle cartucce da arma rigata si è visto così risorgere un buon numero di cariche non esasperate, affiancate da altre nuove dello stesso indirizzo, segno manifesto che non sempre dove sta il più sta il meno, o per esser più precisi, a volte il di più è solo un fastidio, come camminare con scarpe numero 46 quando abitualmente s’indossi un 43. Questo movimento ideale si riscontra a pieno titolo nei semiautomatici rigati e proprio le camerature scelte nel BAR della Browning ne offrono un chiaro esempio.
Consideriamo innanzitutto l’impiego di questa tipologia di fucili nello specifico ambito venatorio di casa nostra, quindi nella caccia al cinghiale; la disponibilità di calibri offerta dalla Casa di Herstal era stata da subito molto ampia partendo dal .243 Win. per arrivare al .338 Win. Mag. offrendo una valida soluzione anche a chi insidiava prede ben maggiori delle nostre. Le due opzioni medie del .30-06 Sprg. e del .308 Win. sono sempre state una scelta condivisa da parecchi cacciatori, specie la prima che tollera con disinvoltura anche i pesi di palla fra i 180 (il preferito) e i 220 gr senza manifestare sovrappressioni inquietanti. Sulla storia dei pesi ci sarebbe da scrivere parecchio: tra i 150 e i 168 gr si hanno diverse caratteristiche positive, ma è perfettamente inutile cercare di scalzare con dati tecnici quel che uno ha nel cuore quindi è bene che ognuno si affidi a quanto ritiene più giusto. A fianco di tali calibri era stato in seguito molto in auge il .300 Win. Mag. ottima cartuccia polivalente, la si usa con soddisfazione pure sull’alce, e quindi si era pensato che fosse bene disporne non solo sui fucili per la lunga distanza, ma ugualmente sui semiautomatici. All’epoca il castello in acciaio fungeva da tranquillante, nemmeno troppo però, e il susseguente passaggio al castello in ergal aveva definitivamente convinto che la misura delle cose è segno di intelligenza e di accorta valutazione. In poche parole se ci servono davvero tutti i kgm o joules espressi dal magnum insieme agli scossoni correlati, ben venga, ma se si rivelano solo un eccesso ecco allora che è bene rispolverare la valenza di una misura media che porta con sé, insieme a una pari energia, un modo di esprimerla meno affaticante con un picco pressorio inferiore, un rinculo decisamente più stemperato, un rilevamento contenuto della canna, uno stress più accettabile per il tiratore: il tutto per consentire di sparare bene non solo il primo colpo, ma quelli che seguono, sovente parimenti importanti e decisivi. Il peso dell’arma poi pare sia diventato un fattore determinante e quindi i fucili risultano ben più leggeri di un tempo, ma gli accorgimenti adottati offrono in effetti risultati favorevoli.
Browning BAR: Un’altra scuola di pensiero
Lasciando da parte i magnum, considerando opportuni i medi come il .30-06 Sprg. e il .308 Win., un’altra idea ha toccato i cultori dell’abbinamento fucile e calibro: si rispolvera una vecchia gloria come il 9,3×62 progettato dal tecnico berlinese Otto Bock nel 1902 e si riscontra come il grosso calibro si riveli appropriato per il cinghiale, anche di notevole stazza e come le reazioni allo sparo siano ben gestibili pur con fucili di peso contenuto. Il Browning BAR Long Trac con calciatura in sintetico possiede le caratteristiche adeguate alle necessità grazie al sistema di ripetizione a presa di gas con lunghe aste di movimento collegate a un carrello oculatamente dimensionato e alla testina rotante con sette alette: il movimento dilazionato stempera in un tempo adeguato l’energia del rinculo e il movimento che ne deriva consente al tiratore di mantenere con discreta facilità la linea di mira e quindi di doppiare il colpo con successo. Il buon funzionamento dell’arma deve molto anche all’impianto di estrazione affidato a una solida unghia incassata in una delle alette anteriori e registrata da un’indistruttibile molla a filo posizionata oltretutto in maniera da scongiurare anomalie operative. Il caricatore qui adottato è da tre colpi: altri sono disponibili con capienze diverse in ossequio a leggi e regolamenti in vigore. La canna viene offerta con molte opzioni di lunghezza e di forma, e qui è adottata una corta da 51 cm con scanalature di irrigidimento che favoriscono pure la dissipazione del calore. Le mire aperte con mezza bindella da battuta e tacca integrata con traccia bianca, insieme al mirino in spezzone di fibra ottica rossa, offrono quanto di meglio per visibilità in ogni condizione, ma non mancano i fori filettati per le basi di un cannocchiale variabile, un punto rosso o un olografico che facilitano l’acquisizione del bersaglio anche per chi porti gli occhiali. La calciatura in due pezzi, in sintetico nell’esemplare visionato, è molto ergonomica con l’aggiunta delle placchette alla giunzione con il castello per ottimizzare piega e deviazione secondo l’imbracciatura del tiratore; inoltre le zone di presa sono dotate di riporti in gomma morbida e corrugata, dove la mano rimane ben ferma pure se bagnata. Sul calciolo in materiale analogo si stempera buona parte del rinculo; i pioli per le magliette a sgancio rapido rientrano nella comoda dotazione prevista.
Browning BAR: Così al tiro
La struttura dei BAR attuali, i modelli Long e Short Trac, rimane invariata rispetto agli originali, pur con il gradevole ammodernamento delle linee. La consistente riduzione di peso rende il loro impiego assai più comodo e, nonostante questa scelta, le reazioni allo sparo son molto ben controllabili e permettono di riallineare rapidamente il fucile sul bersaglio ripetendo i colpi con successo. La scelta della cartuccia 9,3×62 non deve far pensare a una soluzione per buttare i proiettili un po’ a casaccio: occorre sempre scegliere le palle in funzione della taglia media dei selvatici insidiati e della distanza di ingaggio. Poi resta l’obbligo di piazzare il colpo in zone vitali perché non basta avere un 9,3 mm in luogo di un .30” per garantirsi l’abbattimento. Anche il proiettile di un .500 N/3” da oltre 900 kgm se passa vicino non sortisce effetti e se attinge una zampa rallenta l’andatura senza fermare. Vero è che la lesività risulta solitamente maggiore e concede qualche centimetro in più negli scarti, cosa che non guasta mai.
Nelle prove abbiamo apprezzato una volta in più la completezza di questo semiautomatico rigato: aver superato dal 1966, anno della prima presentazione, il milione di pezzi venduti rappresenta la bontà del fucile e la soddisfazione della clientela, miglior veicolo pubblicitario per ogni prodotto.