Bracconaggio: Reggio Emilia, gli uomini del Corpo Forestale dello Stato hanno scoperto i cinque bracconieri che abbattevano i lupi del Parco Nazionale avvelenandoli. Nelle loro case anche le fotografie con i “trofei”.
Un motto tipico dell’inverno è da sempre “tempo da lupi”. Ma questo, invece, non sembra essere il tempo ideale per questi ancestrali, poco conosciuti nelle loro reali caratteristiche, e per questo spesso erroneamente temuti abitanti dei boschi montani, da alcuni anni di nuovo ben presenti anche nel territorio del Parco nazionale, sul crinale tosco emiliano. Una presenza diffusa che è di recente, con l’aumento del numero di esemplari, entrata in conflitto con alcune attività umane, specie l’allevamento di ovini. E’ capitato più volte che, anche sull’Appennino reggiano, alcuni allevamenti venissero “visitati” dai lupi, con capi uccisi e divorati: a Castelnovo, ma anche vicino a San Giovanni di Querciola, nel crinale come in zone più basse. Un conflitto in cui il lupo “gioca” secondo le sue regole naturali, mentre a volte qualcuno gioca più sporco.
Come è successo nel territorio del Parco nazionale, sul crinale parmense, dove sono stati denunciati cinque bracconieri, dopo un’indagine approfondita del Corpo Forestale, i quali in concorso tra loro utilizzavano diversi mezzi per compiere atti di bracconaggio a danno di esemplari di lupo appenninico, in particolare attraverso micidiali bocconi avvelenati realizzati con carcasse di animali selvatici, imbottite di veleno. Durante le perquisizioni nelle case dei bracconieri sono state trovate anche foto in cui viene esibito un lupo abbattuto.
Ieri il Parco nazionale ha diramato una nota su quanto accaduto: “Si esprime vivo apprezzamento al Corpo Forestale per la brillante operazione di indagine contro le azioni di bracconaggio a danno di specie protette. Il Parco stigmatizza l’uso di bocconi avvelenati e l’uccisione illegale di animali tutelati dalle leggi italiane ed europee come il lupo: azioni ancor più gravi e intollerabili se compiute in aree naturali protette. Valuteremo le condizioni e l’opportunità di chiedere il risarcimento del danno ambientale, eventualmente costituendoci come parte civile nei processi penali. Chiediamo su questo la collaborazione di tutte le istituzioni territoriali e di rappresentanze e associazioni dei cacciatori, con le quali corrono rapporti di rispetto e collaborazione, per condannare le pratiche illegali ed espellere chi sia accertato responsabile di gravi violazioni delle regole dell’attività venatoria”.
Conclude la nota del Parco: “Siamo consapevoli che la rinnovata presenza del lupo in tutto l’Appennino solleva rilevanti problemi connessi alla predazione sul bestiame domestico, e anche alla “percezione”, spesso enfatizzata, di pericolosità potenziale della specie. Stiamo intervenendo sul tema della convivenza tra il lupo e le attività umane e in particolare con l’allevamento e la pastorizia. Per realizzare corrette soluzioni alle reali problematiche inerenti la presenza del lupo abbiamo un progetto (life Ex-tra) che ha permesso di realizzare significativi interventi di mitigazione del conflitto, con la zootecnia (realizzando recinti anti lupo e distribuendo cani da guardiania) e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica”.
Il Parco ha istituito anche il Wolf Apennine Center quale punto di riferimento per la gestione del lupo su scala interregionale. Sul tema si è espresso anche Willy Reggioni, esperto di fauna selvatica che da anni per il Parco segue i progetti sul lupo: “Trovo assurdo che tra i cittadini possa trovare ancora spazio una percezione del lupo calibrata su conoscenze popolari e non “educate”, aspetto quest’ultimo aggravato dal fatto che spesso l’argomento lupo viene opportunisticamente sfruttato per veicolare malumori o scaricare responsabilità dei risultati di una gestione non adeguata del conflitto uomo-fauna selvatica”.
19 dicembre 2012
Fonte: La Gazzetta di Reggio