Tornare a parlare della Blaser R8 può apparire pleonastico o ripetitivo, ma la risonanza di questo fucile, così strano nella sua meccanica e così preciso nella sua resa balistica non può non pretendere la dovuta attenzione e il giusto consenso verso un successo tecnico e commerciale di tale fatta. Oramai per molti, non troppi per la verità, la questione economica si posiziona un passo indietro rispetto al rendimento nel tiro e all’opportunità del cambio di canna e quindi di calibro: il clamore mediatico sollevato dalla soddisfazione dei possessori di Blaser è stato la rampa di lancio di un evento commerciale di tale risonanza e così di parola in parola e di risultato in risultato la marca tedesca ha acquisito una fetta cospicua del mercato per le armi lunghe rigate in seno all’Europa.
Manca all’appello la parte corrispondente del Nord America dove la tradizione del movimento girevole scorrevole non cede un passo rispetto a quello in linea. Non è la prima volta che nuovi allestimenti ridonino vita a sistemi rimasti a lungo sepolti nel dimenticatoio per la loro scarsa predisposizione a trattamenti un po’ duri: proprio nello straight pull ricordiamo gli esordi di maggior caratura con le ordinanze austriache progettate e costruite negli arsenali di Steyr e di Brno con i Modelli 1886 e 1895 e poi, accavallati nel tempo a quelli citati, gli Schmidt Rubin ’89, ’11 e ’31 di quella grande Società di Tiro, come ama gentilmente titolarsi il poderoso Esercito della Confederazione Elvetica. In effetti quando gli studi sempre più avanzati riusciranno a raffigurare l’anima umana si scoprirà che quella degli elvetici è rigata: la nostra di vecchi piemontesi non sarà dissimile.
Torniamo al fucile in esame: Horst Blaser si è rivelato un geniaccio, dispregiativo che sottende una sconfinata considerazione, capace di saltare a piè pari tutte le convenzioni per l’allestimento di una carabina e imporre al mercato un qualcosa di nuovo, di estremamente razionale, di funzionalità strabiliante superando iniziali inciampi e la diffidenza del mercato. Qualche affinamento progettuale ha imposto la validità del sistema che prende avvio da particolari tecnici legati a mondi completamente differenti dall’archibugeria e a soluzioni che paiono elementari tanto son semplici. L’importante era trovare qualcuno che le pensasse.
Qualche colpo d’occhio
Non vorremmo tediare chi ci segue con un’ennesima descrizione di tutto il complesso meccanico, ma buttare l’occhio qua e là rilevando alcuni particolari consente di apprezzare l’ingegnosità del progetto. Partiamo questa volta dalla canna ricavata ovviamente per rotomartellatura, camera di cartuccia compresa per ottenere la certezza della coassialità fra i due elementi, prodromo della precisione al tiro. Dal blocco di culatta vengono ricavati due pioli, sporgenti dalla parte inferiore e filettati internamente: si inseriscono in apposite sedi del fusto con riporto metallico e due brugole serrano l’insieme garantendo il posizionamento.
La canna risulta flottante nella parte anteriore e con facilità si provvede al suo cambio variando il calibro, ovviamente entro certi parametri che la Casa si premura di indicare: una chiave dinamometrica è ottimale per raggiungere il valore di serraggio più opportuno. Da tale impianto consegue come la chiusura avvenga direttamente nella culatta e come il sistema consenta una perfetta ortogonalità della faccia dell’otturatore rispetto all’asse della canna, altro fattore importante ai fini della precisione. L’otturatore è composto da due elementi distinti: la testina, massiccio cilindretto con faccia arretrata, nottolino di espulsione e unghia a blocchetto per l’estrazione registrata da una molla filo di estrema robustezza e meccanicamente pochissimo sollecitata. Tale complesso si inserisce di precisione e profondamente entro la culatta.
Il secondo elemento, in cui si innesta il primo, comprende una serie di dodici alette elastiche con apice a dente messe in espansione dall’avanzamento di un cono posto all’interno e spinto dalla chiusura del manubrio. I denti si agganciano così entro un corona circolare fresata nella culatta creando un insieme solido mentre il manubrio gioca su un profilo sottosquadro per mantenere la posizione.
Altri elementi
Un elemento non troppo gradito della precedente R93 era il caricatore fisso: o meglio era prelevabile il piccolo pacchetto cartucce, ma solo dall’alto e con l’apertura dell’otturatore. Lo studio per ovviare al problema ha portato al modello R8 con quanto è già noto: si è giunto, diremmo obbligatoriamente, al sistema di pacchetto caricatore e gruppo di scatto fusi insieme.
Rammentiamo un’amabile discussione con l’ingegnere, russo per l’esattezza, a cui era stata affidata la questione e in definitiva le questioni del tipo far cadere il tutto nella neve o nell’acqua, peggio ancora nella sabbia, trovarsi un ingombro… ingombrante nella tasca della cacciatora e quant’altro possa passare per la mente cercando di trovare qualche impiccio, ecco che tutti poi franava nell’accondiscendenza quando si provava lo scatto con le due diverse tarature.
Da vecchi tiratori di poligono con le carabine .22 LR e cacciatori con stecher affermiamo che questo scatto è eccellente. Non una parola di più perché non serve. Non dimentichiamo poi la sicurezza offerta dall’armamento a slitta, quell’Handspannung che ha fatto scuola e oggi è quasi universalmente diffuso: il movimento dell’otturatore movimenta solo la cartuccia e non la batteria che va armata facendo avanzare il tasto a slitta posto sulla codetta di culatta. In tal modo si può mantenere un peso di sgancio leggero in tutta sicurezza: si attiva l’armamento nel momento in cui si è pronti a far fuoco, ricordandosi, se non si spara, di disattivarlo prima di rimettersi in marcia. Non esiste altra sicura.
L’ottica
Pare un obiettivo diffuso avere ottica e carabina sotto lo stesso marchio così Blaser propone già tre soluzioni: qui vediamo il cannocchiale specifico da battuta che non disdegna ben altre destinazioni considerando i valori di ingrandimento compresi fra 1 e 7 e la lente obiettivo di 28 mm.
Interessanti i valori che determinano non solo la luminosità quanto la facilità di acquisizione del campo visivo e del puntamento con una pupilla di uscita di 10 – 4 mm(secondo l’ingrandimento), campo visivo tra 40,8 e 6,0 m, distanza interpupillare di 90 mm e trasmissione della luce pari o superiore a 90% (di notte). Altri valori sono i 180 cm di variazione in alzo e deriva, la parallasse fissa regolata a 100 m, il peso pari a 645 g e la lunghezza di soli 319 cm. Un complesso equilibrato ed efficace valorizzato ulteriormente dall’attacco specifico Blaser di grande affidabilità.
Per concludere
Tornando al fucile possiamo dire che la genialità del progetto investe, e non in maniera secondaria, la produzione su macchine a controllo numerico con una esatta ripetitività delle quote e benefici ritorni sui costi. Così a occhio diremmo che l’investimento è stato oculato e nel tempo anche molto fruttuoso: ed è un bene che sia così perché questa è la miglior garanzia per il futuro di ogni azienda produttrice di beni.