Abbiamo doverosamente citato il progettista e fondatore dell’azienda Blaser e altrettanto doverosamente citiamo la Lücke & Ortmeyer, impresa con interessi in tutt’altro genere di industria, ma capitanata dai due proprietari tanto appassionati di fucili sportivi e lodevolmente dotati di forti capitali. Le due caratteristiche appena citate hanno dapprima consentito l’acquisizione della Blaser GmbH e, in seguito, sull’onda giusta, l’accorpamento delle due firme storiche del mondo armiero tedesco, la J.P. Sauer e la Mauser Werke cui è stata unita anche la Rigby britannica. Insomma un pacchetto azionario con i vertici storici da un lato, innovativi dall’altro con cui proporre ai mercati una gamma formidabile di armi da caccia e da tiro. Oggi lasciamo un momento da parte la R8, ultimo modello della Blaser, e riprendiamo a mano la R93: una soluzione differenzia le due carabine ed è il caricatore realizzato in blocco con il gruppo guardia, scatto, grilletto in quella più recente. Non è questa la sede per l’esegesi della nuova apparecchiatura: sta di fatto che il solido impianto primitivo ha tuttora i suoi estimatori e quindi riteniamo che la riproposizione possa tornare utile.
L’amico Paolo Silvano dell’armeria Berrone di Alessandria ancora una volta ci ha messo a disposizione un bell’esemplare di R93 per cui gli siamo grati: il fucile è noto per la sua essenzialità e per aver sdoganato nella mente di moltissimi appassionati le viti Torx, una soluzione tanto ostica all’eleganza del mondo armiero quanto pregevole nella sua estrema funzionalità. Diamo quindi un cenno alle soluzioni che maggiormente caratterizzano questa realizzazione.
Com’e fatta la R93
Tra le caratteristiche più evidenti citiamo il peso leggero e la compattezza, a parità di canna, rispetto alle soluzioni tradizionali: già due fattori tenuti in molta considerazione dai cacciatori, specie quelli che esercitano l’arte in montagna. Altra scelta specifica il movimento in linea ripescato proprio da due fucili militari austriaci della Steyr, il Modello 1886 e il Modello 1895 dove l’analogia si limita proprio al movimento poiché il meccanismo di chiusura, come vedremo, è di tutt’altra fatta. Un ulteriore elemento peculiare è rappresentato dalla batteria che non si arma con il moto dell’otturatore, ma grazie a un tasto posto sulla culatta mobile attivato separatamente dall’apertura e dall’eventuale introduzione della cartuccia in camera. Osserviamo adesso il fissaggio della canna alla calciatura: due pilierini ricavati di blocco dall’esterno della culatta e filettati internamente si posizionano nei fori ricavati nel fusto: il tutto viene serrato con due viti. Non occorre bedding perché la sistemazione della canna è già realizzata per una stabile postura nella culla del fusto.
Non esiste poi un castello propriamente inteso, ma un preformato metallico incassato nella calciatura da cui si ricavano le guide di scorrimento del carrello e entro cui alloggiano la batteria, il sistema di scatto e il caricatore. Il carrello appena citato è composto da una calotta esterna in lega leggera che copre il sistema di otturazione genialmente mutuato dagli impianti per la giunzione dei tubi per trasferimento dell’aria compressa. L’impianto è a settori: si parte dalla testa dell’otturatore, un cilindro con la faccia incavata per supportare il fondello della cartuccia e ospitare il foro del percussore; a fianco è incassato il blocchetto prismatico dell’estrattore, fermato molto semplicemente da un semianello di acciaio armonico.
Arretrando si osserva il cuore dell’impianto che possiamo paragonare a una clessidra composta da una base unica a cerchio da cui si dipartono dodici lamine elastiche e ognuna termina frontalmente con un dente di studiato profilo. Il movimento pivotante del manubrio spinge in avanti, entro al gruppo di lamelle, un profilo a cono che le dilata facendole agganciare nell’interno di una corona circolare ricavata nello spessore di culatta della canna. Il movimento inverso del manubrio, grazie a piani interni sottosquadra ricavati sul proprio asse, svincola il blocco del complesso consentendone l’arretramento. Intuibile come la giunzione diretta fra otturatore e canna sia fautore di una notevole precisione.
La canna
Il sistema si presta al cambio canna con notevole facilità, riposizionandola con estrema giustezza e precisione: il passaggio fra i vari calibri è ovviamente consentito entro gruppi omogenei per dimensioni esterne e per diametro dell’otturatore. Secondo la prassi tedesca sono previste le mire metalliche supportate da due zoccoli saldati: nel primo è posizionata la tacca di mira a foglietta con ampia visuale a U, barretta bianca di riferimento e regolazione in brandeggio sulla base a coda di rondine. Nel secondo alloggia il mirino composto da una barretta cilindrica in sintetico traslucido rosso: una vite e un pernetto interno su cui il particolare ruota consentono l’elevazione.
Queste mire si rivelano molto pratiche per il tiro alla corsa: non dimentichiamo che nelle cacce tedesche agli ungulati, dove si spingono i selvatici senza forzarli, non sono ben visti o addirittura ammessi fucili semiautomatici, quindi un impianto con movimento in linea come il Blaser, dotato della miglior velocità di riarmo manuale, fa premio sul tradizionale otturatore girevole scorrevole. Non va poi dimenticato il montaggio dell’ottica, qui non presente, ma di cui si apprezza l’ingegnosità dello studio aziendale: sulla culatta della canna vengono ricavati a destra due incavi tondi e a sinistra altri due semisferici in cui si posizionano i piedini del supporto con un aggancio di estrema stabilità, facilissimo da usare e garante di ripristino della posizione nel classico toglie e metti.
La calciatura
La calciatura di questo modello segue la modernità con la sua realizzazione in materiale sintetico stampato e la funzionalità grazie alle forme classiche: il calcio comprende il dorso lineare di conveniente spessore e rotondità per un appoggio confortevole del viso, il nasello evidenziato dai due sgusci laterali, la pistola allungata e ricoperta di gomma antiscivolo, il calciolo anch’esso in materiale analogo. Il fusto di sezione prismatica offre un comodo appoggio nel tiro mirato mentre l’astina arrotondata, anch’essa con pannelli laterali antiscivolo, si presta a quello in movimento. I pioli per le magliette porta cinghia vengono fusi nello stampo. Troviamo molto azzeccata la scelta del colore verde scuro, anziché l’usuale grigio antracite.
Considerazioni finali
Peso ridotto e maneggevolezza sono i punti fermi di questi fucili cui si aggiunge la precisione, solitamente di livello elevato e qui in ottima evidenza grazie alla cartuccia camerata: la .22-250 Rem. è una delle tante figlie degli studi di appassionati statunitensi che, a un certo punto, sono state meritoriamente adottate da Remington che ne ha codificato le misure impiantando una conveniente produzione industriale.
Con la progressiva rarefazione sul mercato della .220 Swift, la .22-250 Rem. ha preso un ruolo notevole quale .22 ad alta intensità: velocità e precisione intrinseca ne fanno una soluzione fenomenale nel tiro di poligono e in molti ambiti venatori dove consente tiri chirurgici a selvatici anche di considerevole mole.