Gardone V.T. – 17 dicembre 2020 – La storia, si sa, è fatta di simboli oltre che di eventi. E la Vittoria Alata, mirabile opera bronzea icona della città di Brescia, non poteva non incrociare la sua storia con quella dell’azienda Beretta. A metà ottobre 2020 la Leonessa ha festeggiato il rientro in sede del manufatto, dopo lungo e attento restauro all’opificio delle Pietre Dure di Firenze, e l’azienda ha voluto ripercorrere il passato per celebrare quando e in che modo le strade si siano incrociate.
Val la pena ricordare che la Vittoria Alata è stata scoperta nei pressi del Capitolium nel 1826, assieme ad altri bronzi di epoca romana. Il suo fascino da allora è rimasto immutato: un simbolo di brescianità. Ma allora, come si intersecano le due storie? All’epoca la fabbrica d’armi era gestita da Pietro Antonio Beretta (1791-1853), ma è sotto la guida del discendente Pietro (1870-1957) che avviene la richiesta al Prefetto di Brescia di trascrizione del marchio “Vittoria Alata”.
Il motivo alla base di questa scelta racchiude un mirabile esempio di capacità innovativa dell’azienda: vi era infatti il desiderio di trasformare la produzione da artigianale a industriale abbracciando concetti economici internazionali come quelli che, oggi, sono da tutti noi conosciuti sotto i nomi di “marketing” e “sviluppo del brand”. Si arriva al periodo prebellico: è nel 1913 (numero di registro 13.760 del ministero d’Agricoltura, Industria e Commercio) che l’azienda guidata da Pietro Beretta, grande appassionato di arti applicate e sensibile al “bello”, decide di rendere indivisibile il simbolo con il marchio: le iniziali “PBG” un alto e la scritta “Vittoria” in basso. Ecco la prima versione di un simbolo distintivo di prodotti in cui è essenziale l’unione fra la funzionalità e la minuziosa cura dei dettagli, anche estetici.
La dea viene riprodotta su ogni catalogo e mostrata come era in origine, o almeno come si presume che fosse: con tutte e due le braccia, intenta a scrivere sullo scudo e con l’elmo di Marte sotto il piede sinistro a mo’ di predellino. L’adozione del marchio avviene prima che la statua venga portata a Roma, stessa destinazione per numerose opere del patrimonio artistico culturale per ordine del governo a scopo cautelativo: il desiderio era che tali pregiati pezzi fossero più lontani possibile dalle linee del fronte. Farà ritorno a Brescia due anni dopo la fine del conflitto.
In azienda, nel frattempo, l’immagine acquista sempre più importanza e la Vittoria viene raffigurata nei successivi cataloghi aziendali: in forme differenti di evidenza a seconda del tipo di pubblicazione e della necessità. Sempre in quegli anni, l’icona viene utilizzata anche per i manuali di prodotto, in special modo quelli destinati al pubblico. L’alternativa grafica era rappresentata dalla scritta Pietro Beretta o dal logo “PB” racchiuso in un ovale. Lo stesso ovale che, fino ai cataloghi degli anni Cinquanta, fa da cornice alla Vittoria stessa, accompagnata dalla dicitura “marca depositata” e “casa fondata nel 1680”.
Un ulteriore passo in ambito di iconografia aziendale avviene alla fine degli anni Venti, quando il giovane Giuseppe Beretta (1906-1993), figlio di Pietro e tredicesimo rappresentante della famiglia, incontra il Vate Gabriele D’Annunzio. Il poeta guerriero suggerisce al giovane Giuseppe di utilizzare uno dei suoi motti preferiti “Dare in brocca” (ovvero “colpire il bersaglio”) rappresentato da tre frecce che “imbroccano” altrettanti obiettivi: un richiamo immediato alla precisione assoluta da utilizzare sulle armi della Fabbrica. La registrazione di questo marchio avvenne in seguito, il 16 marzo del 1950. È in questi anni, precisamente per il catalogo 1952-1953, che avviene un cambiamento importante: sulla copertina non c’è nessun logo, mentre quelli della Vittoria e delle Tre frecce si alternano nelle pagine interne, rispettivamente a sinistra e a destra. Una scelta più visibile, quest’ultima, per il marchio che diventerà sempre più centrale nella rappresentazione della vastissima gamma produttiva dell’azienda, sia nel settore civile che in quello militare.
Nonostante ciò la presenza della Vittoria nella produzione degli anni Cinquanta è importante: l’effige compare sul coltellino promozionale imballato assieme a ogni prodotto Beretta; sulle statuette-trofeo dedicate ai vincitori delle competizioni del tiro con la carabina (22LR) fino al decennio successivo; e sull’intera serie di sovrapposti S55 Beretta (un fucile spartiacque per l’azienda, nato nel 1955, era il primo sovrapposto industriale ad avere l’intercambiabilità delle parti senza bisogno di adattamento manuale): qui la Vittoria compare sul petto di bascula e vi resterà anche fino alla versione “58” sia per la caccia, che per il tiro.
Sempre nel ‘58 è conservata presso l’Archivio di Stato un’altra registrazione del marchio “Vittoria Alata”. Questa, però, scomparirà dalla copertina dei cataloghi Beretta a partire da quello del 1968-1969. Dalla pubblicazione del 1972 verrà utilizzato solo il simbolo delle Tre frecce con una sola eccezione nel 1977 quando, in occasione del ventennale dalla morte di Pietro Beretta venne redatto un memoriale e la Vittoria tornò in copertina a suffragio di uno dei simboli che l’antenato scelse direttamente.
Arriviamo al 1978: anno dell’ultimo deposito del marchio “alato” che alla scadenza del 29 luglio 1998 non sarà più rinnovato. Ed eccoci ai giorni d’oggi, più precisamente al 2017 quando Beretta decide di rivisitare il logo della Vittoria Alata per inaugurare la linea dei fucili Vittoria, tuttora presenti a catalogo: l’effigie torna sul catalogo in apice sulla pagina dedicata. Una scelta non casuale visto che queste armi sono caratterizzate da una ergonomia pensata per le donne cacciatrici.
E in conclusione arriviamo al 2020. Su indicazione della famiglia Gussalli Beretta, l’azienda ha deciso di realizzare un pezzo commemorativo dedicandolo proprio al bronzo bresciano. Nasce così l’SL3 “one-of” che riproduce sulle cartelle laterali le meravigliose ali della Vittoria: gli abilissimi incisori Beretta sono riusciti a ricreare la forma frastagliata delle piume dell’ala. Sul petto di bascula, inoltre, con un inserto in oro, è riprodotta l’intera scultura. Il tutto racchiuso in una valigetta realizzata a mano con logo del bronzo romano in bella mostra.
Questo splendido fucile è stato svelato oggi al pubblico, nello stesso giorno in cui il la statua romana della Vittoria Alata è stata restituita alla città di Brescia all’interno degli spazi di Brescia Musei dopo un periodo di restauro durato due anni.
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