È iniziato domenica il piano di prelievo selettivo del cervo in provincia di Belluno. Per un mese, fino al 14 settembre, le riserve di caccia sono autorizzate ad abbattere femmine fino ad un anno di età e i cuccioli dell’anno per riequilibrare la popolazione dell’ungulato, che appare sovradimensionata. Sono una trentina le riserve che hanno iniziato ad uscire sul territorio (l’anno scorso erano venti), ma sulla Provincia continuano a piovere critiche. È di ieri la nota stampa dell’associazione italiana Difesa animali ed ambiente – Italiambiente, realtà con sede a Pregnana Milanese che annuncia: «Stiamo lavorando ad una diffida alla Provincia di Belluno per contrastare l’abbattimento di cervi e in particolare dei cerbiatti e delle femmine», scrive l’associazione. «Verrà inviata nella giornata di domani.
Stiamo valutando l’ipotesi di un ricorso al Tar, anche in questo caso allo scopo di fermare i fucili ed evitare la strage programmata di cervi ed altri animali». L’associazione ipotizza che il piano provinciale «favorirà sia il mercato illegale di carne di cervo che quello molto redditizio della vendita illegale delle corna di cervo, che sul mercato sono valutate circa 37 euro al kg per ogni coppia». Non è il primo attacco del genere che la Provincia riceve. «Siamo pronti a resistere in ogni sede», afferma il consigliere con delega a caccia e pesca, Franco De Bon. «Il nostro piano è stato proposto all’organo scientifico di competenza, l’Ispra, e autorizzato».
Ispra ha considerato i numeri degli ungulati presenti nel Bellunese (40 mila capi, fra cui 10.400 cervi, 13.600 caprioli, 2.400 mufloni, 7.250 camosci e un numero imprecisato di cinghiali, in fortissima crescita – i dati si riferiscono al 2019), valutato i danni causati all’agricoltura e l’impatto sulle altre componenti della biocenosi, e dato il via libera a Palazzo Piloni all’aumento del 20% degli abbattimenti di femmine e piccoli. «I cervi possono anche creare problematiche al rinnovo dei boschi», ricorda De Bon. «La fauna selvatica è in esubero, e considerando che non possiamo recintare i boschi, non esistono alternative ai prelievi selettivi. Anche la direttiva europea Habitat prevede questa soluzione quando una popolazione ha un impatto considerevole sull’ambiente». I prelievi selettivi, prosegue De Bon, servono per «gestire la popolazione dei cervi, al fine di tutelarla e conservarla nella maniera migliore, in equilibrio con l’ambiente in cui è inserita.
È la stessa Ispra a raccomandarci di riportare la popolazione dei cervi in equilibrio», conclude De Bon. «Ricordo anche che i maschi hanno palchi, non corna, che sono invece tipiche dei bovidi». De Bon ringrazia i cacciatori della trentina di riserve che da domenica hanno avviato i prelievi selettivi. «Stanno facendo un servizio per il territorio. Il cacciatore monitora la popolazione presente nel territorio, è un gestore della fauna». Il piano dei prelievi selettivi è partito un po’ in sordina. «Molti lavorano nel turismo qui», ricorda Alberto Colleselli, presidente della riserva di caccia di Colle Santa Lucia.
«Devono aver preso un esemplare, niente di più, anche perché i cervi adesso stanno ancora in quota, e nei boschi. Ma non c’è alcuna fretta di abbattere gli esemplari che ci sono stati assegnati». Il comprensorio dell’Alto Agordino, insieme a quello della Val Boite, è quello cui sono stati assegnati i numeri più alti di prelievi: 500 animali ciascuno. «La nostra è una caccia tranquilla, fatta per riequilibrare la popolazione», aggiunge. In Alto Agordino e Valboite si sono attivate quasi tutte le riserve. I prelievi dureranno fino al 14 settembre, poi la caccia al cervo si interromperà per la stagione degli amori. Sarà riaperta il 18 ottobre (Corriere delle Alpi).