Il mantenimento del divieto originario, dunque, è apparso sproporzionato. Il provvedimento era stato adottato in seguito a una segnalazione dei Carabinieri, secondo cui l’uomo avrebbe causato la morte di un gatto utilizzando un’arma da fuoco. I giudici hanno riconosciuto come il divieto sia privo di istruttoria e anche di motivazioni.
Tra l’altro, è mancato un approfondimento della psicologia e della condotta del ricorrente per continuare a vietare le armi a distanza di oltre 36 mesi. Il ricorso del cacciatore è stato quindi accolto dal TAR Lombardia, con la conseguente compensazione delle spese. La sentenza risale a pochissimi giorni fa e diventerà di sicuro un precedente “pesante” nella valutazione di casi dello stesso tipo.