Lo scorso aprile la Camera ha approvato l’articolo 43 della Comunitaria che prevede il recepimento dell’articolo 79/409 della Comunitaria, ma con modifiche che non piacciono al mondo venatorio.
Ha un finale dal sapore poco deciso l’epilogo della vicenda riguardante l’articolo 43 della Comunitaria alla Camera. Anche questa volta si è partiti da un testo con contenuti regolati da una logica, il recepimento della direttiva comunitaria 79/409, per arrivare poi, a colpi di emendamenti e sub-emendamenti, ad uno svuotamento parziale dei contenuti. Con 349 sì, 126 no e 32 astenuti, lo scorso 21 aprile la Camera ha approvato l’articolo, dopo una lunga discussione che ha portato a consistenti modifiche del testo di partenza. Diciamo consistenti perché il testo approvato risulta essere molto diverso da quell’articolo 38 uscito dal Senato.
A subire i maggiori stravolgimenti è stata la parte riguardante ampliamento dei calendari venatori e introduzione della caccia per periodi e per specie, così come previsto dall’Europa.
È stata tolta, infatti, la possibilità di anticipare la stagione venatoria, prevedendo invece che le Regioni possano posticiparla, ma non oltre la prima decade di febbraio. “Allo scopo – si legge nel testo approvato – sono obbligate ad acquisire il preventivo parere espresso dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), al quale devono uniformarsi. Tale parere deve essere reso, sentiti gli istituti regionali ove istituiti, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta”.
Proprio sulla possibilità di modificare i calendari si era scatenata la protesta degli anticaccia, dentro e fuori dalla Camera, e abbiamo sentito parlare, oltre che della solita “deregulation della caccia”, anche di “ultrà della caccia” e dello “assalto che le lobby venatorie e degli armieri volevano fare ai danni degli animali”. La conseguenza di questa esasperata crociata anti-caccia è stata che si è avuta una blanda modifica dell’articolo 18 della 157/92. Pur considerando l’approvazione dell’articolo 43 una prima apertura verso una caccia più europea, il mondo venatorio non si è dichiarato soddisfatto e sono state molte le reazioni critiche.
Federcaccia ha definito l’intera vicenda “un’altra occasione persa dal nostro Paese per fare un passo avanti deciso in una materia che solo da noi, e anche quest’ultimo episodio ne è testimone, è condizionata da isterismi e ideologie sconosciute altrove”.
La Federazione parla di stravolgimento dello spirito stesso della norma comunitaria e sottolinea che “è assolutamente necessario il recepimento della Direttiva Uccelli e della sua Guida Interpretativa; la riammissione dello storno fra le specie cacciabili; la creazione di osservatori regionali indipendenti; l’applicazione del regime di deroghe per motivi diversi da quelli sanciti dall’art. 9 lettera a) e che comprenda quindi il rispetto delle cacce tradizionali”.
L’articolo 43 passerà ora in Senato per l’approvazione definitiva, ma intanto il mondo venatorio punta i riflettori su una riforma della 157/92 che preveda, nel pieno rispetto del patrimonio faunistico, la tutela della tradizione venatoria, la valorizzazione del ruolo del cacciatore e, soprattutto, per i cacciatori italiani gli stessi diritti dei colleghi europei.
Valeria Bellagamba
Fonte: https://www.mondocaccia.it