Arci Caccia Umbria all’assessorato regionale alla caccia sulle modifiche agli ATC, “Assessore controcorrente in materia di caccia e gestione del territorio”.
Il Coordinatore provinciale di Perugia Arci Caccia, Zandrini Giampaolo, mette in evidenzia lo strappo che l’assessore regionale alla caccia sta consumando nella materia della gestione della gestione del territorio rispetto alle linee politiche espresse dalla giunta regionale che dal CAL , nonché approvate dal Consiglio regionale nella seduta del 22 ottobre scorso.
L’assessorato alle “Aree protette. Parchi. Caccia e pesca” dell’Umbria ha da pochissimo diramato una relazione preliminare tesa ad illustrare le ragioni della proposta di modifica della Legge regionale 14/1994 sulla caccia in ordine alla ripartizione del territorio regionale in un unico Ambito Territoriale di Caccia e cinque U.O.T. (Unità operative territoriali), in pratica un SUPER ATC e cinque mini ATC al posto dei tre attuali, due in provincia di Perugia ed uno per quella di Terni.
Tralasciando per un momento il merito della questione, peraltro sbagliata in partenza, su cui avremo modo di ritornare in seguito, colpisce in maniera evidente, la dissonanza che tale presa di posizione assume col documento votato dal Consiglio e dalla Giunta di mantenere nella regione Umbria le due province all’interno delle quali, la legge dello Stato 157/1992, noto essere legge fondamentale in materia, stabilisce all’art. 14 comma 1 che le regioni debbono ripartire il territorio in Ambiti territoriali sub provinciali, ciò sta a significare che, in ogni caso, anche nell’ipotesi che il Governo centrale riesca nell’intento di sopprimere la Provincia di Terni, gli Ambiti territoriali, quelli a cui solo la legge affida il concorso istituzionale nella gestione del territorio, dovranno essere almeno due per provincia.
La ragione di tale scelta legislativa è evidente nella volontà di delegare, verso il basso cioè verso i cacciatori, agricoltori ed ambientalisti, e non verso l’alto come invece, sorprendentemente, tende la proposta dell’assessore. Lo strappo politico è evidente e preoccupante poiché indice di una grande confusione di idee in seno alla Giunta regionale, specialmente adesso che il paese ha bisogno di idee chiare, condivise e soprattutto rispettose dei canoni di partecipazione democratica che, in quel modo proposto, verrebbe ad essere gravemente offesa.
La gestione del potere, infatti, o si esercita delegando, come segna in maniera indelebile la Costituzione repubblicana, nata dalla resistenza, o si accentra verso l’alto in poche mani. E’ senza dubbio necessario e non procrastinabile che l’esecutivo regionale, in questa particolare materia – gestione del territorio a fini faunistici – faccia conoscere il suo definitivo orientamento.
Tra l’altro, riesce veramente difficile capire il senso di una scelta così controcorrente da parte del responsabile del dicastero regionale, tanto più incomprensibile se paragonata a questa semplice considerazione: siamo alla fine del mandato dei tre ATC Umbri ed allora, come è (peggior) tradizione della nostra prima e seconda repubblica, la tentazione di cambiare le regole per la formazione dei centri di comando e gestione del potere in ambito faunistico venatorio, si fa più forte, ma a questo punto allora sorge spontanea una domanda, ma a chi giova tutto questo?
Ecco, per essere maliziosi, parafrasando il famoso motto di Andreotti “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” le uniche persone che da tale scelta trarrebbero giovamento sono solamente coloro ai quali le vecchie (?) regole impedirebbero di continuare a gestire il potere così come fatto negli ultimi dodici anni filati corrispondenti a ben tre mandati istituzionali.
Del resto è anche vero che la paventata ragione di risparmio economico mettendo in mano ad un unico Comitato di gestione il potere, a prescindere dalla contrarietà alla legge fondamentale dello Stato sopra indicata, che già da sola è sufficiente a relegare al limbo l’originale proposta che si discute è, a conti fatti, del tutto inconsistente, perché da un lato si ripagherebbe in termini di inefficienza dell’offerta tecnico-faunistica e da un altro, verrebbe ad ulteriormente gravare le tasche dei cacciatori che, per esempio, da Perugia volessero andare a caccia a Gubbio (ma ci sarebbero anche tanti altri esempi) dovrebbero pagare due ATC, anzi due U.O.T. .. ma se teniamo conto che adesso a Terni si pagano €.51,00, frutto di una scelta molto contestata, ci vuol poco a capire che la spesa per esercitare la caccia, in questi periodi di grave crisi economica, comporterebbe l’effetto deleterio di restringerla, di fatto, a favore delle sole tasche dei più abbienti.
La gestione sociale della caccia così come la grande tradizione politica dell’Umbria, vogliamo sperare non permetta tutto questo, tanto più che le speranze di trovare un vero leader che sapesse condurre il mondo venatorio all’unità e ridargli la dignità di fronte alla società civile, circolate al momento dell’insediamento del nuovo esecutivo regionale, non si sono sopite, ma è certo che, se tale proposta si realizzasse, non solo tali speranze sarebbero perse, ma il mondo venatorio e, con sé, l’ambiente, inteso come gestione degli ambiti territoriali a fini faunistici, verrebbero ad essere seriamente compromesso poiché l’apporto del mondo venatorio è insostituibile.
Nel frattempo l’Arci caccia Regionale sta elaborando una proposta da presentare all’Assessore regionale, che riguarda sia la riduzione di spesa che una migliore e più capillare gestione del territorio.
Assessore, ci ripensi!
31 ottobre 2012
Arci Caccia