L’allarme lanciato da Coldiretti per l’aumento esponenziale del cinghiale, a seguito dei mancati abbattimenti durante la stagione venatoria, desta preoccupazione anche ad Arci Caccia, al di là delle stime di consistenza e della crescita esponenziale prevista, sulle quali abbiamo molte perplessità, mentre è evidente l’aumento accertato dei danni e dei costi. In pieno lockdown, con tutte le attività umane ridotte al minimo abbiamo assistito ad una espansione della fauna su tutto il territorio, la fauna ha fatto il suo ruolo si è riappropriata del territorio. L’aumento di danni che si è verificato nello scorso anno, ci preoccupa perché i costi da sostenere per i risarcimenti mettono a dura prova le casse degli ATC e la tenuta dei bilanci, tanto che abbiamo chiesto alla Regione Umbria uno sforzo straordinario e di sostegno per far fronte al risarcimento dei danni dello scorso anno.
Le varie restrizioni dettate dai vari DPCM non hanno consentito lo svolgimento regolare delle braccate, determinando il mancato raggiungimento degli obbiettivi dei capi da abbattere assegnati alle squadre, nonostante il prolungamento del periodo di prelievo venatorio fino al 31 gennaio. La situazione che si è determinata ci impone un cambiamento importante nelle strategie gestionali da mettere in atto e questo non è più rinviabile, a fronte di una volontà di aumentare il prelievo della specie per diminuire la consistenza del cinghiale dobbiamo fare i conti con una realtà ben diversa, a fronte dello sforzo messo in campo dal mondo venatorio negli ultimi dieci anni oggi ci troviamo nella situazione che la popolazione è in continua crescita, questo a dimostrazione che la soluzione al problema non è solo il prelievo ed il numero dei capi abbattuti, ma serve mettere in campo azioni congiunte su più fronti.
Di sicuro i danni che si potranno verificare nei mesi primaverili sulle semine non potrà trovare risultati immediati con l’attuale sistema dei contenimenti e nemmeno con l’introduzione della caccia di selezione, perciò occorre mettere in campo uno sforzo importante per prevenire i danni anziché intervenire in emergenza. Occorre mettere in campo uno sforzo importante di prevenzione attuando tutte le misure possibili, recinzioni elettrificate, meccaniche dissuasori, perché solo con il fucile non saremo in grado di contrastare l’avanzata del cinghiale nell’ immediato futuro. Non si può chiedere ai cacciatori un ulteriore sforzo di prelievo, quando già sappiamo che saremo perdenti in partenza, addossando ai cacciatori e ATC ulteriori responsabilità gestionali con il rischio, poi di vedersi costretti a sborsare ulteriori risorse per indennizzare i danni. In questo momento si può ancora pianificare un piano di prevenzione importante, offrendo una collaborazione agli agricoltori nel posizionare recinzioni elettrificate nel mantenimento delle stesse funzionati.
Invitiamo la Regione, gli ATC Le Associazioni venatorie e agricole nell’individuare un piano di misure preventive da attuare nell’immediato, considerato che molte regioni hanno attinto anche alle risorse dei PSR per reperire fondi da destinare alla prevenzione dei danni da fauna selvatica, tra l’altro la prevenzione e uno dei strumenti che l’Europa invita a mettere in atto per evitare i conflitti tra fauna e le attività le umane. Oltre alle recinzioni elettrificate ci sono altre buone pratiche che unite alla prevenzione e al controllo numerico possono mitigare i conflitti tra fauna e attività antropiche. Investire in prevenzione ci permetterà di risparmiare risorse da reinvestire nella gestione complessiva della specie che a nostro modo di vedere è fatta di tanti tasselli. Le Associazioni agricole promuovano tra i loro iscritti anche le buone pratiche di prevenzione avendo loro anche accesso ai fondi dei Piani di Sviluppo rurale, il rischio d’impresa in qualunque attività va messo in conto ed in questo caso la conflittualità con la fauna selvatica e uno di questi rischi come lo può essere la siccità, le alluvioni o altri fenomeni non prevedili.
Il mondo venatorio sarà disponibile ad una collaborazione importante mettendo a disposizione l’opera dei cacciatori, purchè si eviti di scaricare le colpe solo sui cacciatori Non è più pensabile che la soluzione al problema sia relegato ai soli interventi di contenimento e allo sforzo di caccia sui quali influiscono tantissime variabili e non sempre si ottengono gli obbiettivi sperati e nonostante tutto ai cacciatori viene chiesto di intervenire economicamente per indennizzare i danni laddove non vengono raggiunti i piani di abbattimento assegnati alle squadre, non vorremmo pensare che in fondo questo sistema vada bene a molti. Per il risolvere il problema cinghiale servono sinergie, volontà e risorse, nessuno degli attori in campo può pensare che il problema lo deve risolvere l’altro. Negli ultimi tre mesi come negli anni passati, abbiamo assistito a continue passerelle politiche dove tutti si candidano a risolvere problema senza avere pianificare possibili soluzioni, si assiste solamente a discussioni politiche dove ognuno difende la propria posizione, senza basarsi su nessuna base scientifica. Arci Caccia è disponibile e aperta a qualunque discussione purchè si faccia presto, ribadiamo che è giunto il momento di giungere ad una divisione netta tra i regolamenti di caccia e la gestione della specie, sono due questioni diverse (Il Presidente di Arci Caccia Umbria – Emanuele Bennati).