Arci Caccia Toscana interviene nelle triste polemica tra cacciatori e animalisti scaturita dall’iniziativa dell’Associazione Venatoria di portare nelle scuole la conoscenza della fauna e della flora italiana; difendiamo i cacciatori. Passeremo alle vie legali.
Ad intervenire sulla polemica che ormai da alcuni giorni sta andando avanti sulla stampa locale è l’Arci caccia regionale e, attraverso il suo vicepresidente Massimo Logi, anche quella nazionale. «Le reazioni scomposte e offensive che sono state sferrate da alcune associazioni animaliste grossetane sul progetto “conoscere la fauna delle nostre campagne” promosso in molte scuole primarie toscane dall’Arci Caccia, confermano ancora una volta che la strada intrapresa, quella di parlare alle giovani generazioni, ai docenti, il linguaggio della conoscenza e dell’equilibrato rapporto con la risorsa faunistica, rompe la finta egemonia di una certa cultura ambientalista ed animalista».
Ad intervenire sulla polemica che ormai da alcuni giorni sta andando avanti sulla stampa locale è l’Arci caccia regionale e, attraverso il suo vicepresidente Massimo Logi, anche quella nazionale. “Le reazioni scomposte e offensive che sono state sferrate da alcune associazioni animaliste grossetane sul progetto “conoscere la fauna delle nostre campagne” promosso in molte scuole primarie toscane dall’Arci Caccia, confermano ancora una volta che la strada intrapresa, quella di parlare alle giovani generazioni, ai docenti, il linguaggio della conoscenza e dell’equilibrato rapporto con la risorsa faunistica, rompe la finta egemonia di una certa cultura ambientalista ed animalista”.
Si legge nella nota di Arci Caccia Toscana: “Le dichiarazioni che si sono susseguite in questi ultimi giorni da parte dello schieramento animalista e di certe forze politiche grossetane, fanno emergere un mix di odio e di genericità che francamente sconcerta ed allibisce; se è mancata solo un’accusa di “stragismo” affinché il quadro fosse completo, abbiamo però appreso da un comunicato dell’ENPA che i cacciatori potrebbero addirittura favorire fenomeni di bullismo. La cosa, se non fosse tragica, sarebbe comica, e comunque, stante la gravità dell’accusa che viene mossa ad una categoria di cittadini onesti, ci riserviamo di adire ad azioni legali per difendere la nostra onorabilità.
Vogliamo però rispondere puntualmente alle tante accuse che ci rivolge questa ampia pletora di “anime belle” che dall’alto di una loro presunta superiorità etica, hanno individuato nei cacciatori il male assoluto da sconfiggere affinché il mondo conosca un nuovo “rinascimento morale”. I cacciatori, ed in particolare l’Arci Caccia, collaborano da anni con associazioni ambientaliste sulla base di un assioma: la caccia è un’attività che può concorrere efficacemente alla tutela dell’ambiente e della biodiversità. La caccia, in una parole, è verde e quando subisce questi ignobili attacchi l’Arci Caccia non teme lo scontro con chi diffonde culture oltranziste. Potrà suonare come una bestemmia a questi novelli paladini dell’integralismo, eppure l’attività venatoria concorre al mantenimento degli habitat ed al rafforzamento delle popolazioni selvatiche.
I cacciatori, e soprattutto l’Arci Caccia, hanno contribuito in maniera decisiva a produrre una legislazione nazionale, regionale e provinciale, nella quale il prelievo sostenibile ha arginato la voracità della cementificazione e rallentato la rarefazione di tante specie animali. Tutto questo non sarebbe stato possibile se l’attività venatoria, come vorrebbero questi signori, fosse abolita. Anzi, problemi come quello del contenimento dei danni alle coltivazioni, il loro risarcimento (oggi tutti vogliono difendere pelosamente la fauna ma i danni li pagano solo cacciatori con i loro soldi), la difesa della biodiversità messa a rischio da specie invasive, sarebbero impossibili da risolvere senza la figura del cacciatore.
Affermare che i cacciatori inquinano e danneggiano l’ambiente, come se fosse una verità incontrovertibile, è come affermare che le medicine danneggiano la salute: l’approssimazione di certe espressioni spiazza per il loro carico di ideologismo, privo di qualsiasi capacità di discernimento. I cacciatori, si dice nel coro stonato che si è levato in questi giorni contro il progetto didattico presentato dall’Arci Caccia nelle scuole di Gavorrano, maltrattano i cani, li abbandonano, li affamano per sette mesi l’anno e, per di più, si uccidono tra di loro stanti gli incidenti occorsi durante la stagione venatoria.
Vogliamo informare che il territorio è provvisto di numerose aree destinate all’allenamento dei cani che, da febbraio a settembre sono frequentatissime dai cacciatori e dai loro ausiliari e questi ultimi non sono costretti agli spazi angusti degli appartamenti di città e costretti a fare i loro bisogni solo quando è in comodo il loro padrone. Inoltre invitiamo a svolgere un’indagine presso i veterinari per verificare quali e quante siano le cure mediche che vengono garantite ai cani dei cacciatori.
Gli stessi cacciatori sono impegnati fortemente a promuovere la sicurezza, hanno favorito l’obbligatorietà ad indossare indumenti ad alta visibilità e la discussione attorno a questo tema è ai vertici dell’interesse della categoria e del loro associazionismo. Numeri alla mano, volendo fare proprio una triste contabilità, la caccia non è tra le attività più pericolose tra quelle svolte dall’uomo. Non considerando attività non ludiche come le morti sulla strada e sul lavoro, possiamo invece constatare i livelli alti di incidenti, anche mortali, che si producono ad esempio sulle piste da sci, durante le competizioni ciclistiche, sui campi da calcio o durante le escursioni in montagna. Detto questo, a nessuno di noi verrebbe masi in mente di abolire questi sporto od hobbies che appassionano migliaia di persone. L’impegno, semmai, dovrebbe essere rivolto al rafforzamento della cultura della sicurezza.
Si afferma che i cacciatori uccidono per sport; su questo aspetto vorremmo far presente che i cacciatori uccidono la preda solo dopo aver cacciato, non uccidono per il gusto di uccidere. L’azione predatoria, di per sé, nobilita e rende naturale un gesto antico quanto il mondo: il voler denigrare la passione ed il divertimento significa disconoscere una forza evolutiva che nel corso dei millenni ha accompagnato lo sviluppo intellettivo dell’umanità. Anche sul piano ontologico vogliamo sottolineare che è sbagliato, nei confronti della fauna selvatica, equiparare le sorti del singolo individuo alla conservazione della specie a cui appartiene. Nei riguardi delle popolazioni selvatiche, ciò che rende etico un comportamento non è tanto la soppressione del singolo soggetto, quanto piuttosto l’impegno per la salvaguardia ed il rafforzamento della specie a cui esso appartiene. I cacciatori fanno esattamente questo.
È infine sbagliato pensare di rendere il mondo migliore umanizzando gli animali. Non si riscatta il rispetto degli animali scagliandosi contro la caccia, è lo sfruttamento per fini di profitto che deve essere combattuto. Questo è il cuore del problema, non certo quello di radicalizzare una critica compassionevole che viene erroneamente estesa a tutte le attività che coinvolgono gli animali, senza peraltro affrontare le fondamenta del problema. L’Arci Caccia, infatti, si batte da sempre per un’attività venatoria compatibile e popolare e per un ambiente la cui salubrità consenta una riproduzione naturale delle specie selvatiche.
Vogliamo altresì precisare un ulteriore aspetto: potrà sembrare strano, specie al Capogruppo di SEL al Consiglio Comunale di Grosseto, ma anche i cacciatori possono avere specifiche competenze scientifiche. Gli educatori del progetto sono esperti dotati di curricola di massimo livello, che vivono professionalmente in presa diretta con i problemi dell’ambiente e del territorio e che hanno conseguito una, o più lauree, negli Atenei Italiani. Guarda un po’, anche quelli dell’Arci Caccia possono essere dottori!
Proseguendo sulla questione inoltre Logi ha affermato, “A Gavorrano, in Toscana, si stanno vivendo le prove generali di un tentativo di fare dell’animalismo il cemento parlamentare e politico dei prossimi anni. Ora è giunto il momento che anche il resto del mondo venatorio esca fuori con coraggio, alzi la testa, si unisca per dare fiato alle ragioni di una comunità, quella dei cacciatori, che sa di essere colta, preparata scientificamente, impegnata concretamente ogni giorno sul territorio e soprattutto rispettosa delle posizioni degli altri e pronta al confronto democratico”
Infine Logi ha concluso, “Per ciò, l’Arci Caccia, che si trova oggi a fronteggiare una sfida fondamentale e che appartiene a tutti i cacciatori ed alle loro associazioni, non deve essere lasciata sola”.
18 marzo 2013
Arci Caccia Toscana