Il Consiglio Regionale dell’ARCI Caccia Puglia, sente l’esigenza di esternare tutto il proprio disappunto con questo documento di denuncia civile. Il mondo venatorio in Puglia, sta attraversando uno dei momenti più bui della propria storia, crediamo secondo solo agli anni del referendum. Una serie di circostanze hanno minato alla base una minoranza, che, nel suo piccolo è intervenuta in soccorso dei bilanci regionali al momento opportuno, ma di questo non viene mai data notizia dagli organi di informazione, perché a far clamore, spesso, è più un bracconiere “pizzicato” dai Carabinieri Forestali a caccia di frodo, confondendo spesso e volentieri le due categorie, ben distinte, ma che spesso fa comodo accomunare per spirito di economia della carta stampata. Come vorrebbe un equilibrato e moderno stato di diritto, le minoranze dovrebbero essere tutelate, o quantomeno garantite nel rispetto della par condicio.
Tuttavia, nei nostri giorni, tutto questo non sta accadendo, anzi, gli insulti sui social, il mancato rispetto delle regole e la mancanza di rispetto, dettata (forse) dalle restrizioni della nuova legge regionale che limita le rappresentanze delle associazioni venatorie ai tavoli istituzionali, ha portato ad ascesa di movimenti che con la caccia hanno poco o niente a che fare. Chi dovrebbe garantire questa minoranza, che assicura il volontariato nella gestione faunistica, la vigilanza, il contenimento dei danni all’agricoltura, che pur contribuisce in maniera cospicua, come già detto, ai bilanci regionali, sono le istituzioni. Quelle istituzioni che hanno contribuito a generare confusione e sconforto tra i cacciatori che stanno pagando il prezzo più alto, e non solo in termini economici. A distanza di circa 10 mesi dall’approvazione della nuova Legge Regionale 59 /2017, che disciplina anche l’attività venatoria, tanto voluta delle stesse istituzioni, ancora non vi è traccia del regolamento di attuazione nonostante sia la stessa legge, all’art. 11 comma 7, a fissare il termine di 60 giorni entro il quale approvare detto regolamento.
L’approvazione del regolamento, ad esempio, avrebbe dovuto disciplinare il rilascio delle autorizzazioni dei permessi giornalieri e annuali degli ATC, ove previsto (art. 11 comma 6 legge 59/2017). Al contrario, la mancata approvazione del suddetto regolamento ha generato confusione e difformità nelle procedure lasciando ai commissari (all’uopo nominati) la facoltà di operare come hanno potuto o voluto. In alcuni casi, esasperando le procedure amministrative, a seguito di ciò, molti cacciatori non hanno potuto, dopo tanti anni, partecipare all’apertura della stagione venatoria fuori della provincia di appartenenza. Il regolamento di attuazione inoltre, avrebbe potuto prevedere l’ipotesi di un pacchetto di giornate gratuite da impiegare alla selvaggina migratoria per gli extra provinciali, (proposta delle associazioni venatorie) facendo risparmiare ai cacciatori tempo e denaro. Nel calendario venatorio 2018/19, è stato riportato con un “copia e incolla” lo stesso termine dell’anno precedente per il rilascio dei permessi giornalieri e cioè “dalla terza domenica di settembre”, dimenticandosi le novità, purtroppo negative, che ha introdotto la famigerata Legge 59 /2017, ne è conseguito che moltissimi cacciatori extra provinciali non hanno potuto usufruire della pre apertura fuori dal proprio territorio provinciale in assenza delle prescritte autorizzazioni.
Per non parlare di cacciatori che risiedono in località confinanti con altre province con proprietà ricadenti nelle stesse, di fatto, in assenza di autorizzazione gli è stato impedito di esercitare l’attività venatoria nei propri terreni, ci chiediamo se ciò è accettabile. Il commissariamento degli ATC (art. 11 comma 11 legge 59/2017) sembrava la panacea di tutti i mali, sarebbe servito, a loro dire, ad agevolare la realizzazione del nuovo disegno organizzativo degli ATC, con l’approvazione del nuovo PFVR, come sapete derogato e a tutt’oggi non ancora approvato. Ci chiediamo allora: era necessario commissariare gli ATC e delegittimare i cdg legittimi rappresentanti di cacciatori, agricoltori, ecc… ? Anche la nomina dei Commissari non è esente da critiche, infatti gli stessi sono stati individuati tra personale regionale o provinciale come previsto dall’art.11 comma 11 legge 59/2017. Ebbene, l’ art. 11, comma 10, della Legge 59/2017, così recita: “la Regione ha potere di vigilanza, controllo e coordinamento sull’attività del Comitato di Gestione degli ATC. Verrebbe da dire… controllati e controllori!!! Il mondo venatorio è stanco di questa “gestione” e non crediamo si debba sempre ricorrere alla Magistratura o al Giudice Amministrativo per vedere garantiti i nostri diritti. Le Associazioni Venatorie pagano già un gap molto elevato nei confronti delle associazioni ambientaliste/animaliste, che, grazie alla etichetta onlus registrano un vantaggio economico non di poco conto davanti al Giudice Amministrativo.
Discorso a parte va fatto pe chi dovrebbe garantire la correttezza ed il rispetto delle leggi. Con questo mi riferisco agli organi deputati alla vigilanza venatoria. Già dai giorni scorsi stiamo assistendo a “spettacoli” riprovevoli nelle nostre campagne. La mancanza di un punto di riferimento certo come poteva essere quello della Polizia Provinciale è ormai un lontano ricordo e i Carabinieri Forestali non possono supplire a tale mancanza coprendo l’intero territorio con ogni conseguenza in ordine alla mancata vigilanza e al proliferare di reati che inevitabilmente ne discenderanno. Credo che sia arrivato il momento di dire basta a queste continue vessazioni e, da questo momento il mondo venatorio sia chiamato a raccolta e all’unità per vedere garantiti i propri diritti senza “se” e senza “ma”. I proclami di qualche nostro collega di passione venatoria, che continua ad ostentare ottimismo e a vantare aleatori risultati non ci tange, la realtà, invece, è una diffusa confusione e un profondo disagio che noi cacciatori stiamo subendo. Questo vuol essere solo uno sfogo di una rappresentanza di cittadini che amano la loro passione e che sono stanchi di rincorrere i propri diritti senza alcuna tutela e garantismo che pur dovrebbe essere riconosciuto loro, semplicemente per il loro status di cittadino di uno stato moderno e civile.