Discussione, partecipazione, e poi una sola voce, una sola gestione, quella degli organi dirigenti. Il 16 giugno la nostra Associazione ha svolto la Conferenza Programmatica delle Regioni dell’Italia Meridionale per approfondire i temi della gestione faunistica, così come è stato fatto tra i coordinamenti di altre Regioni in preparazione della Conferenza Nazionale che si terrà agli inizi del 2019. Il coinvolgimento degli iscritti della base è una bella, positiva e produttiva fatica che distingue l’ARCI Caccia da altre. Un’intensa giornata di lavori che hanno rafforzato un principio fondamentale e indiscusso: Gestione e politiche di conservazione non vanno mai d’accordo con il “proibizionismo venatorio”. L’ARCI Caccia ritiene la buona gestione e il prelievo programmato necessari anche nelle aree protette, per cui, interdire all’attività venatoria altre aree in più o Puglia o in Abruzzo sarebbe una “maledizione” per avere l’equilibrio tra le specie selvatiche, compito che la Società delega ai cacciatori. Interdire l’attività venatoria lungo le coste non ha senso e ragioni valide. I nemici per la vita della fauna selvatica sono il consumo del suolo, la cementificazione. Non forniamo alibi vietando inutilmente la caccia. Chiudere la caccia è rinunciare ad un ruolo civico riconosciuto dalla Società. L’obiettivo degli accordi interregionali e dei calendari venatori omogenei, è il riferimento tecnico per una più ampia e articolata mobilità programmata nella Regione e tra le Regioni, senza mortificare la libertà di scelta individuale. Sconfiggere il misero mercato della fauna selvatica migratoria attraverso la vendita dei tesserini trova, nella programmazione, la migliore e più trasparente risposta alternativa.
L’idea di ghettizzare e “costruire muri” tra i cacciatori e quanto di più anacronistico ed antiscientifico si possa ipotizzare. Produrre ambienti ospitali per la fauna migratoria, passare dal “pronta caccia” alla produzione di piccola selvaggina è la risposta alla decadenza e alla speculazione venatoria. Altrimenti a cosa dovrebbero servire gli ATC? A tornare alle Riserve di Caccia? Il nostro Appello è agli Agricoltori Italiani (senza confini di bandiere e territori) affinchè siano protagonisti riconosciuti nel mantenimento degli ambienti naturali. Siano cauti nelle bruciature delle stoppie, attivi nel mantenimento dei prati a pascolo, nell’uso controllato dei fitofarmaci. Le Regioni, gli ATC, il mondo venatorio devono impegnarsi a sostenere queste politiche di biodiversità anche a costo di qualche acquisto di sterile “pronta caccia” in meno. L’ARCI Caccia, nella sua natura, è l’”antibracconaggio”.
I bracconieri sono una piaga che le tabelle di divieto di caccia, alimentano, facilitano. La firma della Convenzione tra l’ARCI Caccia e l’ARMA dei Carabinieri, l’incremento dei presidi di controllo, l’isolamento di una pratica delinquenziale quale è il bracconaggio, e una forte campagna culturale verso i cacciatori, i cittadini di rispetto della natura, sono la via che, ove praticata, ha dato risultati concreti nel contrasto all’illegalità. I nostri soci aderiscono convintamente alle proprie Federazioni perché queste sono in prima linea contro i bracconieri e l’Associazione presidia quei territori con l’impegno morale di combattere e cacciare chiunque si rende colpevole di reati sulla fauna selvatica. Questa è l’ARCI Caccia, altre chiacchiere sono fantasie, qualche volta fuori luogo e comunque idee del tutto personali.