Arci Caccia: per il Consiglio di Stato l’addestramento dei cani da caccia con sparo non è da considerare attività venatoria pertanto può essere esercitata fuori dai limiti temporali della normativa venatoria.
Ove il legislatore avesse inteso assimilare tout court l’attività di addestramento alla caccia dei cani all’ordinaria attività venatoria quanto ai luoghi ed ai periodi di esercizio, nulla, invero, avrebbe disposto al riguardo, trovando applicazione la disciplina generale sul prelievo venatorio. Diversamente, per specifica scelta normativa, l’addestramento dei cani può formare oggetto di speciale regolamentazione, ai sensi dell’art.10, comma 8, lett. e), già citato, quanto alle “zone” ed ai “periodi”, con la conseguenza che l’arco temporale di svolgimento dell’attività non deve necessariamente coincidere, nei casi di sparo consentito su fauna di allevamento appartenente alle specie cacciabili, con quelli ordinariamente stabiliti dall’art. 18 legge n.157 del 1992 per l’abbattimento di capi appartenenti alla fauna selvatica.
Sotto altro profilo, è stato messo in luce che l’attività di allenamento e addestramento dei cani alla caccia, sul piano concettuale, si configura indirizzata all’acquisizione di capacità e di destrezza di detti animali nella ricerca e riporto della selvaggina e si pone, pertanto, in funzione propedeutica e funzionale rispetto ai periodi assegnati per l’esercizio della caccia nell’arco dell’anno solare, nel cui ambito le attitudini in precedenza acquisite devono trovare proficua utilizzazione. Sono proprio le particolari esigenze connesse all’addestramento dei cani che postulano un esercizio temporale più ampio di quanto non sia previsto per le normali attività di caccia alle specie selvatiche.
Oltre che per la localizzazione territoriale in specifici ambiti, l’attività di addestramento dei cani, secondo la giurisprudenza richiamata, è differenziata rispetto all’ordinaria attività venatoria anche per l’oggetto, che è individuato dall’art. 10, comma 8, cit., con riferimento anche a “fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili”, nozione che si differenzia da quella di “fauna selvatica” nei cui confronti sono indirizzati gli atti di abbattimento e cattura che, ai sensi dell’art. 12 legge n. 157/1992, costituiscono l’ordinario esercizio venatorio, assoggettato ai limiti temporali di cui al successivo art.18.
Nel caso di specie la facoltà di sparo è consentita unicamente nei confronti di esemplari immessi allo scopo limitato ed esclusivo di consentire l’esercizio, nelle zone a ciò destinate, dell’attività presa in considerazione dall’art.10, comma ottavo, della legge citata, che, come in precedenza esposto è assunta dalla norma con carattere di specialità.
Non induce a diverso avviso il disposto dell’art. 30, comma 4, della legge regionale veneta n. 50 del 1993 che si riferisce alle attività che possono essere svolte nell’ambito delle aziende agri-turistico-venatorie, mentre l’impugnata previsione dell’allegato B della delibera della Giunta provinciale di Verona n. 25 del 2008 è riferita alle specifiche zone per cani individuate all’interno delle aziende stesse”.
23 maggio 2013
Arci Caccia