In questi tempi di Covid, emergenza planetaria, le associazioni animaliste non perdono occasione per manifestare le loro posizioni ideologiche ed estremistiche che, digiune di qualsiasi approccio scientifico, anche partendo dai più disparati approcci, riescono sempre e comunque a convergere soltanto sulla richiesta di chiudere la caccia. Interessante dimostrazione di questo fenomeno sono i due articoli che trovate allegati. Il primo, estratto dal quotidiano l’Arena, contiene le dichiarazioni del responsabile di un’associazione animalista, che plaude ai soldi sprecati dalla Regione Veneto per difendersi dai ricorsi, presentati dalle associazioni dell’estremismo animalista, e continua chiedendo restrizioni alla caccia, presunta attività a rischio diffusione del virus.
Ebbene, non possiamo non pensare che, i fondi usati da Regione Veneto per difendersi dall’annuale attacco legale animalista, in tempi di emergenza, avrebbero sicuramente trovato migliore impiego. Dobbiamo, inoltre, ribadire che la caccia è un’attività a basso livello di contagiosità (si svolge in forma singola e all’aperto) che è già soggetta a numerose restrizioni in Italia, in special modo nelle zone arancioni e gialle, mentre continua senza problemi, nel rispetto delle norme anticontagio, nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Ancor più grottesco ci pare il comunicato dell’associazione LAV. Per i sedicenti paladini dell’antivivisezione, animalisti fino all’osso, che fanno dell’antispecismo una bandiera, la diffusione della Peste Suina non è un problema, in quanto malattia non trasmissibile all’uomo.
Avete capito bene, visto che a morire saranno solo i cinghiali e i suini degli allevamenti, il problema non sussiste, e quindi è inutile mettere in atto i protocolli di contenimento del virus. Pur di far dispetto ai cacciatori e agli allevatori può andar bene che un intero settore economico cada in ginocchio e che migliaia di capi di una specie selvatica muoiano inutilmente. Finito di leggerequesti contenuti, vedrete che anche voi, come noi, sarete convinti del fatto che i cacciatori sono i primi tra gli ambientalisti, naturalmente in prima linea nella salvaguardia della natura. Al contrario, coloro che dichiarano la tutela dell’ambiente come scopo, riescono solo ad arroccarsi su posizioni ideologiche e intransigenti che rischiano di danneggiare, più che di salvaguardare, ciò che ci si era prefissi di difendere.