Qualche profeta di sventura, si aggira nelle tenebre del mondo della caccia, pronosticando lutti e disgrazie. L’Arci Caccia ha completato i vaccini anti-iettatori più efficaci: democrazia statutaria e partecipazione, valori non molto diffusi nel mondo venatorio, specie tra soggetti che abusano del logo di associazione. Il Consiglio Nazionale di Arci Caccia ha votato ed eletto, parole a qualcuno sconosciute, il nuovo Presidente e rinnovato l’Ufficio di Presidenza, inserendo giovani assieme ai consolidati veterani. L’angoscia dei gufi è per l’associazione unica, prevista da oracoli e stregoni invecchiati promettendone la nascita. Allo stato dell’arte c’è la Feraveri emiliana, ibernata dalla Federcaccia.
La CCT, confederazione rappresentativa quasi in esclusiva dei soci della Federcaccia, è relegata in Toscana dall’anno 2014, certificando come abortita l’associazione unica. Fin dalla nascita stesso statuto e organismi di vertice, dobbiamo continuare? Poi ci sono le Cabine di Regia, dove la Federcaccia c’è a seconda delle proprie esigenze regionali. A comodo, secondo l’illusione, ormai maniacale, che con la “fine del mondo” tutti dovremo subire le tessere dell’associazione matrigna, liberamente disconosciute dalla maggioranza dei cacciatori italiani. Ci vogliono condannare per questo? Giù le mani dalla libertà di associazione, di opinione. Del verbo unico abbiamo già pagato, noi italiani. Il calo dei cacciatori, registrato dalle associazioni venatorie, è distribuito fra tutte queste omogeneamente e non è compensato dall’ingaggio dei propagandisti assicurativi.
In valore assoluto, la riduzione dei praticanti grava, soprattutto, sulla maggioritaria e invece di spingere per capirne le cause e invertire la tendenza, le azioni di tesseramento si sviluppano sullo sciacallaggio, pratica in uso da diversi anni, ma controproducente nei fatti per chi la pratica. Il calo è irreversibilmente patrimonio comune, purtroppo. Non ci interessa la discussione sul modello associativo, sui compensi, sulle indennità. Ci interessa, invece, aprire una semplice discussione: a cosa possono aspirare i cacciatori nella società attuale? Devono morire chiusi nelle sole riserve? Ovviamente quelli che se le potranno permettere?
Su questo è silenzio omertoso. Sono intenti a svendere le tessere per, come dicono taluni, parlare alla pancia dei cacciatori, con l’arroganza di sentirsi, loro geni, e il popolo ignorante. Vogliono passare la nottata e riscuotere l’appannaggio, poi si vedrà… Confrontiamoci sui contenuti, noi ci siamo! Facciamolo in diretta streaming! Coniugare esperienza e rinnovamento è una ricchezza della democrazia anche dell’Arci Caccia, e ne siamo orgogliosi. Perché non ci appartiene la sclerotizzazione che è caratteristica di chi si maschera dietro le sigle. L’ipocrisia è un male che si può sconfiggere e penalizza da troppo i cacciatori italiani, un po’ di audacia farà bene. Noi ce la metteremo tutta. A chi ci ha dolorosamente lasciato, suggeriamo di preoccuparsi della storia dell’associazione in cui milita e lavora adesso, quella dell’Arci Caccia è affare dei suoi soci.