Ricorsi e controricorsi
Mai in Piemonte avremmo potuto immaginare che un’intera categoria di cacciatori venisse lasciata a casa, il giorno dopo l’inizio della loro stagione. Dopo gli anni tribolati delle battaglie per difendere i diritti dei cacciatori (tutti i cacciatori, sia ben inteso, e non solo una parte di questi!), eravamo convinti che fosse finita, e la stagione dei ricorsi degli ambientalisti ormai alle spalle. Ed invece è successo ancora, proprio quest’anno, un vero e proprio fulmine a ciel sereno con la stagione venatoria già iniziata, quasi un blitz per mano di un manipolo di animal-animalisti che hanno presentato un ricorso tardivo, favorito dalla frettolosa decisione di un Presidente del TAR Piemonte che probabilmente ha assunto un provvedimento così grave senza conoscere bene la situazione. Non vogliamo ora entrare nel merito della vicenda perché ci sarà tutto il tempo per farlo più avanti, ma quanto accaduto merita certo delle riflessioni. Ricapitoliamo i fatti.
Una tribolata stagione
Il 4 di ottobre si viene a sapere che il giorno prima il TAR, con un Decreto del Presidente, aveva accolto la richiesta di istanza cautelare “ante causam” proposta da tre associazioni ambientaliste, sospendendo l’intero calendario venatorio 2024/25. Panico e confusione in tutti, ore di febbrili contatti tra Regione, Ambiti di Caccia e Comprensori Alpini, Associazioni Venatorie, persino messaggi audio provenienti da personaggi di riferimento di queste realtà, che rimbalzano su WhatsApp, nei quali si spiega come in quel momento ci fossero due possibilità: chiudere tutto, o solo una parte dell’attività, quasi fossero in corso trattative e si dovesse scegliere; del resto Andreotti lo diceva spesso: a pensar male si fa peccato, ma… A questo punto il TAR cambiava tutto, pubblicando un nuovo Decreto in cui, su richiesta della Regione, si precisava come la sospensione dell’attività venatoria fosse limitata alle sole tre specie cacciabili della tipica fauna alpina (fagiano di montagna, coturnice e pernice bianca), e alla moretta. Tutti contenti o quasi (ovviamente non lo erano i cacciatori alpini), perché così il resto della caccia poteva continuare.
Trattazione collegiale
Il 18 ottobre poi veniva presentato il ricorso, e finalmente se ne poteva conoscere il contenuto, ma la richiesta era sempre quella di sospendere l’intero calendario. Il TAR però era fermo sulle sue posizioni e la respingeva, mantenendo però le misure cautelari nei confronti di quelle quattro specie, e fissando al 19 novembre la data per la trattazione collegiale. La caccia sembrava salva, almeno sino a quel giorno, anche se onestamente il ricorso non ci sembra solido come s’era creduto in un primo tempo, ma comunque i nostri amici che cacciano con passione sui monti del Piemonte molto probabilmente per quest’anno dovranno dedicarsi ad altro, penalizzati da una vicenda dove ora tutti cercano di assolversi, o cantano vittoria quando invece la sconfitta dovrebbe bruciare sulla pelle di tutti quelli che si dicono cacciatori. Il TAR avrà certamente sbagliato, e i ricorrenti abusato in maniera pretestuosa degli strumenti giuridici messi a disposizione dal nostro ordinamento giudiziario, ma sicuramente hanno trovato…le porte aperte! Di chi siano le colpe lo si vedrà, ma certo le scriventi Associazioni Venatorie, che non erano state avvisate del pericolo rappresentato dall’iniziativa di animalisti e ambientalisti, ed hanno dovuto apprendere la notizia della prima istanza solo da giornali e social, non ci stanno, e s’attiveranno perché la vicenda non abbia ulteriori strascichi.
I momenti bui della caccia
Sia chiaro a tutti che quando si tratta di difendere caccia e cacciatori non siamo propensi a tirarci indietro o a blandire il potere, ma nemmeno disponibili a prendere lezioni da alcuno, specialmente perché eravamo in piazza a Torino l’8 giugno 2018 insieme a migliaia d’altri appassionati giunti da tutta Italia, mentre qui in Piemonte altri preferivano restarsene a casa! E poi durante l’incontro tra Regione e Associazioni Venatorie del 15 ottobre, e noi lo sappiamo perché c’eravamo, sebbene ora lo si neghi altri proposero una trattativa con gli ambientalisti rinunciando ad un paio di specie: pernice bianca e moretta. Ora però bisogna guardare avanti e fare fronte comune, impegnando la Regione ad adempiere a tutte quelle disposizioni che possono rendere un calendario venatorio inattaccabile, partendo proprio da quel Piano Faunistico regionale che sollecitiamo da molti anni, e per il quale non possono più esistere scusanti di sorta, e nemmeno ulteriori dilazioni nel tempo. Da ultimo ci aspettiamo che d’ora in avanti le Associazioni Venatorie vengano consultate con regolarità, tutte e non solo alcune, ma pure ascoltate quando sottopongono problemi o propongono soluzioni utili ad evitare che in futuro si ripetano certi errori. In Piemonte la caccia ha vissuto momenti bui, e noi non vorremmo tornare a vederli – I Presidenti Regionali: David Parola (ANLC), Fabrizio Lenzi (Enalcaccia), Remo Calcagno (Arci Caccia)