La specie Cinghiale ha ormai occupato, senza soluzione di continuità, ogni ecosistema su scala nazionale. Anche le aree densamente antropizzate. Emblematica la situazione di Roma. Purtroppo, in questi anni, le continue trasformazioni ecologiche degli habitat hanno favorito la specie e hanno contribuito in modo determinante al successo riproduttivo del Cinghiale. Non sono seguite politiche gestionali idonee a contenere la riproduzione e la mancanza di “pulizia” del verde e l’accumulo di immondizia nelle grandi città, hanno contribuito non poco. Oggi, possiamo affermare con determinazione che la gestione venatoria del Cinghiale ha fallito ed è sfuggita di mano. La situazione di Roma ne è l’esempio.
La non gestione della specie negli ATC e nelle Aree protette ha prodotto una popolazione incontrollabile, divenuta fortemente impattante sulle produzioni agricole e sulla società. Per non parlare di antiche pratiche di incivili ripopolamenti finalmente vietati. Ad oggi, non è difficile ipotizzare che, già nel prossimo futuro, possa essere favorita una evoluzione demografica positiva della popolazione di Cinghiale, sia in termini di espansione territoriale, sia in termini d’incremento delle consistenze. Serve, con determinazione, un repentino cambio di passo. Come intervenire efficacemente e prioritariamente per Roma? Sicuramente non è nostro compito (dei cacciatori) intervenire nel contesto urbano, e dentro le “mura”.
Salvo collaborare agli avvistamenti e posizionare le “gabbie”. Una applicazione sinergica, laica e continuativa di tutte le forme di caccia e controllo della specie possibili (braccata, girata e selezione) nei territori a caccia programmata, potrà contribuire significativamente nel percorso che porti alla soluzione del problema. Invitiamo da subito l’Amministrazione Regionale a creare un buffer di almeno qualche chilometro attorno le città ed i centri urbani di zona “non vocata” alla specie in cui “eradicazione del cinghiale” deve essere la parola d’ordine. E questo non solo l’Amministrazione laziale.
L’obiettivo, oggi, è confinare la Peste Suina Africana che pare avanzare nel paese a salti chilometrici e non sulle gambe dei cinghiali, ma in altro modo a noi sconosciuto ma che coinvolge altre attività dell’”homo sapiens”, trasporti, viaggi importazione di generi alimentari, ecc. L’emergenza ora è mettere in salvo gli allevamenti, e, di conseguenza, tutto l’indotto suinicolo accerchiando e isolando i selvatici nella zona rossa. ARCI Caccia, ribadiamo, si mette a completa disposizione delle autorità competenti e delle Associazioni Agricole e allevatori per collaborare, attraverso le proprie donne ed i propri uomini, ad ogni azione che si renderà utile per arrestare la diffusione di PSA (Gabriele Sperandio – Coordinatore Tavolo Arci Caccia “Emergenza PSA”).