L’Arci Caccia ha nella sua attività storica, nel DNA, la lotta al bracconaggio e non per l’immagine ma, per convinzione. Abbiamo assunto iniziative, siamo stati presenti operativamente, unici, nel silenzio di altri (quando non siamo stati contrastati) nella campagna contro la caccia al “Falco pecchiaiolo” che veniva organizzata con coperture omertose e criminali sullo Stretto di Messina.
La “guardia” non si abbassa ma sarebbe un grave errore culturale “fare di tutta l’erba un fascio” con una criminalizzazione di “categoria”, che è prassi e cultura del fondamentalismo discriminatorio e “corrosivo” della civile convivenza che sarebbe d’aiuto solo ai bracconieri che, di certo, non trovano coperture dalla presenza dei cacciatori nelle campagne. Questi amanti dell’”Ars Venandi” e che devono, certamente, passare sempre di più dalla capacità di marginalizzazione dei “delinquenti del bracconaggio” alla denuncia dei misfatti sulla fauna selvatica.
Sempre si può fare di più e meglio. Aumentiamo la presenza della vigilanza e il collegamento con i cacciatori di questo servizio. Fino alla “monotonia” rilanciamo la richiesta di un coordinamento della vigilanza venatoria, comprendente sia dipendenti degli Enti gestori della fauna, sia volontari della caccia, della pesca, ambientalisti, guardie campestri e dei parchi, guardie provinciali. Una grande squadra, insieme, per il patrimonio florofaunistico a difesa della biodiversità senza bandiere e colori a vigilare il territorio con l’indirizzo e la guida dei Carabinieri/Forestali che hanno assunto ulteriori competenze: il ruolo di “scorta” della natura. ATC, CA, Enti Parco, Aziende Faunistiche: una rete questa di enormi risorse dell’agrosilvopastorale italiano per debellare il bracconaggio. Se vogliono si può. Si inizi subito.