ARCI CACCIA | Le manifestazioni, i comunicati delle associazioni agricole, gli incidenti stradali, la sicurezza dei cittadini non possono più essere temi esorcizzati dal Parlamento o affrontati con folcloristiche chiacchiere sulle assunzioni di dipendenti pubblici a guardia dei cinghiali. Scaricare solo sugli agricoltori i danni e la responsabilità di risolvere il problema è semplicemente propaganda. Occorrono risorse e soluzioni condivise che vedono compartecipi anche i cacciatori come in tutta Europa, perché hanno competenze, mezzi e strumenti che consentono di intervenire con efficacia nel rispetto di indicazioni scientifiche. “Che Dio ci aiuti” non è una soluzione. Agire secondo scienza e conoscenza significa avere dati, censimenti e quindi il ruolo di supporto dell’Ispra.
Mettere in campo, formalmente e legittimamente, tutte le energie e in primis quelle degli specialisti, i cacciatori, che, se impegnati, possono ancor di più e meglio rappresentare la soluzione di questo problema per il quale pagano in particolare gli agricoltori ma non solo: questo ricade sulle spalle di tutti i cittadini e del paese. Avere atteggiamenti fanatici e ideologici, pregiudiziali, significa continuare nell’orda delle chiacchiere inutili di cui, in questo momento, non ha bisogno nessuno.
Occorre dare seguito, trasformando in legge la risoluzione approvata al Senato a larga maggioranza (che alleghiamo) e l’emendamento, a firma dell’Onorevole Avossa, presentato alla Camera (che alleghiamo). Si tratta di un dovere per chi vuole rappresentare, nelle sedi istituzionali, il popolo sovrano.
Arci Caccia, in preparazione del proprio Congresso, consapevole della gravità della situazione, ha prodotto proprio documento (anch’esso allegato) che vuole aiutare l’indispensabile processo di coinvolgimento e concertazione necessario a chi guarda al benessere degli italiani, alla qualità della vita nelle aree rurali e vuole concorrere alla ripresa economica e culturale di cui abbiamo estremamente bisogno.
ARCI CACCIA NAZIONALE
Di seguito riportiamo il: Documento Congressuale Arci Caccia sulla gestione del cinghiale.
Il Cinghiale, tra le specie selvatiche, può essere considerata una tra le più critiche nella gestione delle sue relazioni con le attività antropiche. Di ciò si è assunta piena consapevolezza nell’ultimo ventennio in conseguenza del suo sorprendente incremento demografico in tutta Europa. Le ragioni dell’incremento e dell’espansione di questa specie sono ben note e legate a molti fattori: abbandono dell’agricoltura tradizionale, incremento delle superfici forestali, cambiamenti climatici e scelte non adeguate di gestione venatoria. Da non sottovalutare che, l’incremento demografico della specie è stato, inoltre, favorito da opere di immissione, effettuate già dalla seconda metà degli anni ’80, ad opera di singoli cacciatori, ATC e, addirittura, da qualche amministrazione provinciale.
Oggi, l’Italia, su scala europea, è uno dei paesi maggiormente coinvolti, sia politicamente sia socialmente, nella gestione delle problematiche innescate dalla presenza del Cinghiale. Questo allegato tecnico pone come obbiettivo, sulla base delle attuali esperienze regionali gestionali del Cinghiale, di proporre degli spunti per fornire un contributo migliorativodell’attuale assetto di gestione della specie.
Le pubblicazioni ed i testi utilizzati per redigere il seguente documento tecnico sono: Monaco A., B. Franzetti, L. Pedrotti e S. Toso, 2003 (Linee guida per la gestione del Cinghiale. Min. Politiche Agricole e Forestali – Ist. Naz. Fauna Selvatica, pp. 116.), Monaco A., Carnevali L. e S. Toso, 2010 (Linee guida per la gestione del Cinghiale Sus Scrofa nelle aree protette. 2° edizione. Quad. Cons. Natura, 34, Min. Ambiente – ISPRA) e Sperandio G., 2020 (La gestione del Cinghiale (Sus scrofa) nelle Marche: status, risultati, criticità, prospettive. Tesi di Master interateneo di I livello – Gestione e conservazione dell’ambiente e della fauna – Università di Parma) nonché di alcune positive esperienze di gestione del Cinghiale realizzate in alcune realtà nazionali.
Alla fine degli anni ’80, a partire dalle Regioni appenniniche, si è assistito a un continuo incremento delle consistenze e dell’areale occupato da questa specie. Un contributo importante, nella prima fase di affermazione ed espansione demografica del Cinghiale, è stato senz’altro fornito dalla presenza di alcune storiche aree protette nazionali e regionalipresenti nell’Italia centrale.
Le continue trasformazioni ecologiche degli habitat appenninici montani e collinari in favore della specie hanno contribuito ad un consolidamento numerico dei contingenti già presenti e a una successiva espansione di questi verso le aree collinari e costiere, raggiungendo perfino le regioni alpine. Attualmente il Cinghiale è presente senza soluzione di continuità in tutte le regioni italiane, comprese le isole, fatta eccezione di alcune porzioni dell’Arco alpino dove l’altitudine si estende sopra i 1000 m s.l.m. Il Cinghiale ha, occupato stabilmente, dai primi anni 2000, quasi ogni ecosistema su scala nazionale. Con un ampio margine di errore, dovuto alla disomogeneità di dati disponibili in merito, la consistenza delle popolazioni della specie sul territorio nazionale si aggira approssimativamente intorno a 1.000.000 – 2.000.000 di capi.
In virtù della conseguente attività capillare di prelievo realizzata sulla specie (caccia
programmata, caccia di selezione, attività di controllo), l’interesse venatorio verso il Cinghiale è diffuso e notevole su tutto il territorio nazionale. L’analisi dei dati biometrici e cinegetici ricavabili dai capi prelevati potrebbe fornire indici utili alla valutazione della dinamica delle popolazioni. Nonostante l’alto numero dei capi abbattuti, ormai in tutte le Regioni italiane, accade ancora diffusamente che le stime di consistenza ed i piani di prelievo regionali vengono determinati con tecniche di conteggio dirette. Dette tecniche, ancora oggi, unicamente applicate in alcune regioni per la conoscenza della popolazione di Cinghiale, non sono da ritenersi come idonee a conseguire un livello adeguato di conoscenza delle caratteristiche di una popolazione di Cinghiale a fini gestionali (cfr. pareri ISPRA ai piani Cinghiale 2020 e 2021). Infatti, per una specie elusiva, caratterizzata da un importante nomadismo stagionale come il Cinghiale, occorrerebbe, per avere risposte esaustive sulla sua entità ed evoluzione, un modello di raccolta dei dati basato su:
a. dati raccolti durante il prelievo o nella fase immediatamente successiva di trattamento delle spoglie degli animali abbattuti (n. Cinghiali abbattuti, avvistati, feriti; sesso e misure biometriche degli animali abbattuti);
b. dati ricavati dall’esame dei campioni biologici prelevati dagli animali abbattuti (stima dell’età basata sull’analisi dell’eruzione e consumo dei denti; stima della fertilità ottenuta attraverso l’osservazione dell’apparato riproduttorefemminile).
In aggiunta ai dati sopra descritti, anche una valutazione degli impatti causati dalla specie sulle attività antropiche (attività agronomiche e incidenti stradali) è un indice significativo per meglio determinare lo status della popolazione della specie e della sua evoluzione storica.
La suddivisione, seppur approssimativa, dei prelievi di Cinghiale realizzata, a livello nazionale, nelle diverse tecniche di caccia evidenzia in modo macroscopico come, l’attività venatoria in braccata comprenda l’80% c.a. di tutti i cinghiali abbattuti. La percentuale di prelievi con la caccia di selezione (12% c.a.) ed estremamente marginale la percentuale di prelievi realizzati con la tecnica della girata (8% c.a.). L’enorme squilibrio dei prelievi realizzati tra le diverse tecniche di caccia non può che essere considerato un fattore critico in quanto, per esempio, un aumento di prelievi con la tecnica della selezione, rappresenterebbe una risposta migliore nell’affrontare le criticità che il Cinghiale provoca verso le economie agricole dal momento che questa tecnica può essere esercitata nei periodi di maggior impatto alle colture (primavera/estate). Infatti, la caccia di selezione alla specie, alla luce delle disposizioni normative introdotte dal D.L. 248/2005 art. 11 – quaterdecies, può essere esercitata per dodici mesi l’anno.
L‘esperienza maturata nel contesto nazionale ed internazionale ha chiaramente mostrato l’impossibilità di individuare, in termini assoluti ed indipendenti dal contesto operativo, quale tecnica di caccia sia più efficace o preferibile. Spesso, i risultati migliori, si ottengono con l’applicazione sinergica nel corso della stagione venatoria di più tecniche di caccia,
adattando le modalità e i tempi del loro utilizzo anche alle peculiarità dell’area di intervento e alle caratteristiche della popolazione.
L’analisi su scala nazionale dei danneggiamenti alle coltivazioni agricole mostra una prevalenza degli impatti (c.a. 70%) verso le coltivazioni primaverili ed estive (mais, girasole, frumento, leguminose proteiche). Applicare idonei sistemi di prevenzione congiuntamente ad una più capillare, costante e coerente attuazione delle disposizioni di cui al D.L. 248/2005 art. 11 – quaterdecies rispetto alla caccia di selezione potrebbero, in particolar modo nel periodo primaverile e estivo, contribuire in maniera efficace alla riduzione dei danni alle coltivazioni agricole.
L’evidenza della non adeguatezza dei modelli di gestione del Cinghiale approntati fino ad oggi nella maggioranza delle realtà regionali italiane, è dimostrato dal fatto che vi è sempre più la necessità di ricorrere ad una gestione straordinaria della specie (controllo) a discapito della gestione ordinaria (caccia). Improcrastinabile è, quindi, una migliore e più efficiente gestione venatoria del Cinghiale, utile a mitigare i danni alle coltivazioni agricole, diminuire gli incidenti stradali e aumentare, quindi, le possibilità di investimenti in opere di miglioramento ambientale atte alla protezione e riproduzione di fauna stanziale minore. Il tutto, da ottenersi, in primis, attraverso il ricorso laico e su basi tecniche ad ogni forma di prelievo della specie consentita dalle Leggi di riferimento nazionali e regionali. La legislazione, sentite le categorie interessate, dovrà, senza dubbio, essere adeguata in tempi rapidi e perfezionata sulla base delle indicazioni di ISPRA con l’obbiettivo di ottenere un migliore e efficiente riequilibrio delle consistenze numeriche del Cinghiale.