Ipotesi di cacciatore, appena in edizione speciale Amazon il 6 ottobre 2018, San Bruno, é il primo romanzo psicologico italiano sul tema della caccia.
Le avventure del suo trasgressivo protagonista, un cacciatore “generazionale” della provincia pavese sono variegate dall’ambiente stesso venatorio, da temi e persino proposte, nonché da una trama con tratti spassosi e divertenti, nonché dalla costruzione tipica del romanzo psicologico con cenni storici. Unico nel suo genere, originale e scorrevole nonostante i sostanziosi contenuti, é sicuramente indicato a chi, oggi, vive la caccia in una società in continuo divenire.
DISPONIBILE SUL WEB
anche in formato e-book
Viscardo, il personaggio principale del romanzo, è un cacciatore che rivendica l’istinto predatorio tipico delle specie carnivore nel suo intero modo di vivere insieme a famigliari, amici, colleghi e passioni amorose. Lo si potrà detestare, comprendere od apprezzare ad ogni suo racconto, ridendo, sognando e divertendosi con lui in rapida ed inconsueta successione. L’ambiente di caccia è curato, riconoscibile dagli appassionati, ma percorribile anche da chi non sia un esperto.
La trama, intessuta di ipotesi diverse e frequenti cambi di scena, disegna contorni di imprevedibilità tra momenti di spassoso umorismo e altri di analisi riflessiva nel bel mezzo di umanissime peripezie personali e del suo entourage. L’imprevedibilità della fine è pari alla sua originalità. Un libro per tutti che si può scoprire a vari livelli: dalla scorrevole lettura di intrattenimento all’approfondimento psicologico dei caratteri e forse, ma questo è un segreto contenuto nei “titoli di coda”, alla moderna rivisitazione storica di un’antica famosa leggenda.
L’autore, Gregorio Ponci, già ghostwriter, qui al suo primo romanzo psicologico, attraverso la preparazione ottenuta dalla frequentazione dei corsi universitari di psicologia medica, psicoterapia, psichiatria, antropologia criminale ed anche neuropsichiatria infantile, nonché da appassionato studioso di tali materie, sa qui proporre al lettore la personalità del cacciatore nei suoi vari aspetti, divertendolo e sorprendendolo attraverso molteplici immagini ed avventure del suo trasgressivo protagonista.
Con il titolo che richiama il saggio del paleo antropologo Robert Ardrey “The Hunting Hypothesis: A Personal Conclusion Concerning the Evolutionary Nature of Man” del 1976, pur non riproponendo qui esplicitamente le identiche tesi, analizza carattere e comportamento del protagonista attraverso una godibilissima trama costellata da episodi venatori e del vivere quotidiano. Saranno proprio le sue intense esperienze a suggerire un percorso evoluzionistico che a sua volta, da un lontano atavico passato, proietterà un possibile sorprendente futuro?
NON PREFAZIONE
Non se ne abbiano a male i lettori se premetto di non essere generalmente incline a redigere prefazioni e scelgo così di scrivere una “non prefazione”. Ciò del resto non dovrebbe contrariare in un periodo in cui gli statuti vengono elaborati quali “non statuti”. Quando l’autore mi espresse la sua intenzione di pubblicare per la prima volta a sua firma un romanzo psicologico intorno alla figura di un cacciatore offrendomi il ruolo di prefatore, ebbi l’istinto di fuggire come mi fossi istintivamente immedesimato in una preda. Avendo effettivamente da terminare due relazioni che procrastinavo da tempo, fui in procinto di abbozzare una scusa, quando incontrai il suo sguardo divertito nell’osservarmi.
Ebbe la capacità silenziosamente sfrontata di indispettirmi e così accettai con una mezza intenzione di scovare nel racconto ogni pedanteria scolastica che potesse dirsi ormai desueta. Al contrario dopo qualche pagina rimasi un po’ disorientato. Scorsi un paio di decine di queste e mi ritrovai a sorridere divertito. Poi di nuovo perplesso come un passeggero su di un mezzo che cambia itinerario e modo di guida pur intendendo raggiungere una meta prestabilita. La singolarità non è percepita solo attraverso l’uso del linguaggio e della sintassi, certamente di abile e consumato spadaccino della scrittura, ma dal rendere plausibile qualcosa che oggettivamente non dovrebbe essere tale.
Un romanzo artificiale, freddamente costruito secondo i dettami della psicopatologia della vita quotidiana di freudiana memoria, che diventa a tutti gli effetti uno spontaneo godibilissimo racconto da leggersi tutto d’un fiato.
Se non mi fosse stato noto il suo intento e non conoscessi da anni l’autore, avrei creduto ad un’eccentrica genuina divertente autobiografia. Il paradosso e la metafora vengono adoperati con una speciale sensibilità che li vuole sospingere delicatamente nel vissuto ordinario a cui lo scrittore, sapientemente, attribuisce ogni illogicità digerita ed accettata come vita di tutti e di tutti i giorni.
“Pensai che ogni famiglia tenesse una scatola chiusa con su del nastro isolante disposto sopra a croce” scrive emblematicamente. Ampio è l’uso dei simboli, che vengono tuttavia scelti con una sorta di accorgimento mimetico, quasi li si volesse dimessi, appena sottotono. Le grandi immagini totemiche classiche lasciano il posto all’apparentemente innocuo corredo famigliare di lenzuola, quale abbraccio materno prolungato e accogliente, consumato, nascosto. Persino l’abbigliamento intimo viene investito di una responsabilità che attinge alla sfera della sessualità, circoscritta da paure e desideri, taciuta e celata sino a quando immancabilmente non confessi la sua incomprimibile presenza.
Il personaggio principale viene illuminato e reso riconoscibile dal riflesso delle altre figure, assolutamente integrate ed integranti, così come sono i famigliari, gli amici, i colleghi e le frequentazioni abituali. L’ho detestato, compreso e condiviso al tempo stesso, ridendo, sognando e sentendo con lui in rapida ed inconsueta successione, vagliando ipotesi contrapposte.
L’ambiente di caccia è curato, riconoscibile dagli appassionati e percorribile anche da chi non vi sia avvezzo. I cani, la selvaggina, le armi sono descritte talvolta come un dipinto soffuso ed altre con crudezza tecnica spietata.
La trama sembra inerpicarsi su sentieri ipotetici che improvvisamente si biforcano. Pare lasciare il terreno battuto per inoltrarsi nel fitto della boscaglia, sino a stati onirici raggiunti dopo umanissime peripezie dell’animo.
Questo cacciatore percorre sicuramente un lungo cammino in un tempo che sembra accelerato, forse sino a correre rischi mortali, sino ad un cambiamento incerto e non apertamente dichiarato. L’imprevedibilità della fine non mi ha sorpreso, perché la sua originalità sembrava essere anticipata dalle immagini dei sogni.
Lo stupore mi ha invece colto nell’andare oltre, cosa che lo stesso autore mi raccomandò di non fare prima di aver terminato la lettura e che a mia volta consiglio. Nel trovare la premeditata rivisitazione attualizzata di ciò che, sempre mantenendo un’ipotesi contestuale, forse già accadde anticamente. Buona lettura.
M.P.
Guida alla lettura (per ipotesi)
L’autore potrebbe aver qui costruito una trama aperta a più ipotesi legate alla personalità del cacciatore. Esaminando lo stato di necessità del ricorso alla caccia attraverso i secoli, il presente romanzo potrebbe voler offrire spunti di riflessione su un bisogno tanto più soggettivo quanto non meramente oggettivo, così da doversi addentrare nella natura del rapporto famigliare ed affettivo. Nemmeno sarebbe tralasciato l’ormai inviso luogo comune di “uomo cacciatore e donna preda” laddove tuttavia, toccando gli aspetti della sessualità adulta a cui il protagonista approda dopo l’emancipazione da un’infanzia comunque “freudianamente trattenuta”, detta visione semplicistica viene re-interpretata a fronte di figure femminili consapevoli e capaci di adoperare a loro volta e a proprio piacimento, ciò che una certa cultura ha voluto un tempo escludere. Anche l’apparente alleggerimento delle tematiche che costellano l’intera trama, resa godibile dal ricorso agli episodi dai contenuti umoristici o piccanti, potrebbe in realtà far pensare al meticoloso disegno di ricercati racconti di intimità atti a delineare con esplicita spontaneità i caratteri esaminati per renderli maggiormente fruibili ai lettori. L’uso del paradosso, mitigato da spiegazioni a tratti plausibili, insieme al proseguimento via via imprevedibile della narrazione, condotta a volte con repentini cambi di scena e di lessico, potrebbe essere stato scelto per indurre un climax idoneo alla formazione di valutazioni e giudizi quanto più diversificati intorno al tema principale, senza voler necessariamente imporre conclusioni obbligate sulla scia del cosiddetto e qui già citato mondo V.U.C.A.”, a-
cronimo statunitense di Volatile, Incerto (Uncertain), Complesso e Ambiguo.
Non sarebbe nemmeno esclusa la proposizione dell’analisi del comune diffusissimo disagio psicologico sociale assai sottovalutato ed evidenziato dal richiamo specifico: “La maggior parte della gente è pazza senza darlo a vedere”; da leggersi forse come una rinuncia o incapacità istituzionale ad un benessere psicologico integrale fruibile dall’intera popolazione, indotta invece ad accettare nel quotidiano le conseguenze di nevrosi, ossessione, ansia, depressione e dissociazioni abituali.
Emergerebbero così più spunti critici mirati, connessi alla tematica venatoria, senza ciò nonostante voler precludere alcuna soluzione alternativa né emozionale né razionale.
Persino gli aspetti di superstizione, talvolta presenti anche nel cacciatore esperto, sarebbero affrontati con eccentricità nel racconto di improbabilissime sfortune attribuite non a caso ad un aspetto nascosto ed intimo, dando origine ad una sorta di fiorito burlesque. Da un’attenta lettura, spinta sino alla breve biografia in appendice di Sant’ Uberto di Liegi, attuale patrono dei cacciatori, andrebbe poi considerata anche l’ipotesi di riproposizione storica, liberamente interpretata, delle leggendarie vicende di quest’ultimo il quale, dopo una vita secolare di sregolatezze, proprio durante una mondana battuta di caccia, avrebbe provato una vivida esperienza sfociata poi nella sua vocazione. Tutto ciò già preannunciato dall’episodio attribuito a San Corrado, lui stesso invocato analogamente per una buona caccia e l’esperienza di visitazione monastica unitamente alla proposizione dell’analisi della sfera onirica tanto cara alla psicologia dell’inconscio.
Proprio in tale ottica prospettica sarebbe collocato lo sviluppo progressivo della natura primordiale della caccia così come comunemente inteso, ovvero dalla sua principale funzione di sopravvivenza fisica, trasformatasi poi in necessità psicologica, sino ad un’ulteriore sublimazione spirituale.
La narrazione in ultimo pare prefissarsi di rendere invisibili le costruzioni artificiali attraverso la semplice suggestione del racconto proposto così com’è da leggersi tutto d’un fiato, anche irto di tematiche.
Rimanendo questa guida stessa soltanto un’altra ipotesi.
DISPONIBILE SUL WEB
anche in formato e-book