Ecco il comunicato diffuso dalle sezioni regionali del Piemonte di Libera Caccia, ANUUMigratoristi, Arci Caccia, Enalcaccia, Ente Produttori Selvaggina, Caccia Pesca Ambiente e La Selva. Cacciatori piemontesi ed italiani, a qualunque associazione voi apparteniate sappiate che il 12 giugno 2018 si è consumato l’ennesimo vergognoso attacco nei confronti del mondo venatorio piemontese perché quel giorno il Consiglio Regionale ha approvato il pessimo DDL 182, che ora diventa la nuova legge regionale sulla caccia, di certo la peggiore di sempre e non solo qui da noi, ma pure in Italia ed Europa.
Dopo l’imprudente abrogazione della l.r. 70/96 abbiamo atteso per anni una legge regionale che ci permettesse di praticare secondo dettami tecnico-scientifici la nostra passione, consapevoli del fatto che la difesa di territorio e biodiversità passasse attraverso l’esercizio di un’attività venatoria regolamentata e non certo criminalizzata o assurdamente limitata per sole ragioni ideologiche o pregiudiziali. Così non è stato, e la politica piemontese è stata sorda ai nostri appelli, guidata e condizionata da formidabili spinte interne animal-ambientaliste che hanno impedito di arrivare ad una qualsivoglia forma di dialogo costruttivo, sfornando invece una legge che anche ai più avveduti e preparati giuristi pare essere infarcita di articoli incostituzionali, o non rispettosi di quanto previsto dalla legge nazionale 157/92.
Non sfuggirà infatti a chi ha seguite le vicende che negli ultimi anni hanno contrapposto cacciatori e assessore Ferrero come, ad esempio, Regione Piemonte sia già stata spedita dal TAR di fronte alla Corte Costituzionale per analoghi provvedimenti legislativi contenenti il divieto di cacciare specie normalmente consentite nel resto d’Italia. La legge ormai è stata votata e noi dobbiamo prenderne atto chiedendo al Governo d’impugnarla subito, ma comunque farà del Piemonte la prima regione dichiaratamente anti-caccia d’Europa, con l’imposizione di divieti assurdi e motivati al più da volontà di rivalsa e prevaricazione, piuttosto che essere frutto del lavoro di legislatori lungimiranti e dotati di un autentico spirito equanime e riformatore. Ora più che mai il mondo venatorio si deve unire per dimostrare che non ci sta, deve farlo per dire basta alle angherie di questa legge, che ora opprime i cacciatori piemontesi, ma un domani potrebbe contagiare con i suoi effetti negativi anche altre regioni italiane.
Per fare un breve e parziale sunto di quanto deciso dagli illuminati legislatori piemontesi, questa legge non permette o vieta:
1) di andare a caccia nelle domeniche di settembre,
2) cacciare 15 specie cacciabili secondo la l. 157/92,
3) consente ai proprietari dei fondi di vietare la caccia sui loro terreni,
4) impone ai cacciatori di ungulati di produrre ogni 30 mesi un attestato di prova di tiro per poter accedere al prelievo selettivo,
5) prevede che il prelievo della tipica fauna alpina sia consentito esclusivamente tramite un’assegnazione nominativa in base a piani numerici di prelievo, e così diversi cacciatori ne saranno esclusi,
6) stabilisce che i cacciatori che sono agricoltori, amministratori e dipendenti di enti pubblici, o viceversa, non possano essere designati nei Comitati di Gestione di ATC e CA perché incompatibili,
7) vieta l’addestramento cani dopo le ore 18,00.
Queste sono solo alcune delle genialità contenute nella nuova legge che penalizzano non solo i cacciatori piemontesi, ma anche quelli foranei il cui numero viene drasticamente ridotto al 5% sul totale ammissibile in ambiti e comprensori, limite elevabile al 10 nei soli ATC, anche se restano escluse la caccia di selezione e il cinghiale, e questo perché pare ormai evidente a tutti l’intento di “tollerare” solo queste ultime due forme di prelievo venatorio, demolendo invece quelle che sono le nostre cacce tradizionali, e cioè stanziale, migratoria e tipica fauna alpina. Peraltro l’aumento delle sanzioni pecuniarie per tutte le infrazioni è ora salito a livelli altissimi, intollerabili. L’8 giugno 2018 i cacciatori italiani sono scesi unitariamente in piazza, e l’hanno fatto proprio a Torino assurta ormai a simbolo della volontà del mondo venatorio di rialzare la testa, e non farsi sottomettere da una politica poco incline a rispettare lei stessa la l.157/92 o le norme europee, per non parlare poi della stessa Costituzione della Repubblica Italiana.
Richiamando allo spirito scaturito da quella manifestazione, ed appellandoci a tutti gli appassionati italiani a prescindere dal tipo di caccia praticata, ora è necessaria una presa di posizione unitaria, anche a livello nazionale. Non pensino poi alcune categorie di cacciatori d’ essere più fortunate d’altre solo perché escluse dai provvedimenti di questa scellerata legge, perché è solo questione di tempo e dopo potrebbe toccare anche a loro: siamo tutti sulla stessa barca e ora dobbiamo remare nella stessa direzione. Convintamente! In molti ci chiedono d’assumere iniziative forti, che colpiscano l’opinione pubblica, fosse pure quella d’astenersi dall’attività di contenimento dei cinghiali, o rispondere agli appelli delle amministrazioni pubbliche per iniziative analoghe negando quell’appoggio e quella collaborazione che sinora mai abbiamo fatto loro mancare. I cacciatori sono sempre stati disponibili a svolgere attività di volontariato, piuttosto che correre in aiuto al mondo agricolo tormentato dai danni provocati dalla fauna selvatica, siano essi ungulati, corvidi o altro ancora, ma non vengono mai ricambiati con la stessa moneta; talvolta, al contrario, proprio come avvenuto in Piemonte in occasione della manifestazione, le stesse associazioni agricole pur invitate ad offrire solidarietà e supporto alla nostra categoria hanno glissato di fronte all’accorato appello, e sono stati anche emessi comunicati di soddisfazione a sostegno della legge testé approvata.
Siamo stufi d’essere spremuti come limoni quando si tratta di pagare, e poi bistrattati o penalizzati quando si tratta di rispettare i nostri diritti, nemmeno possiamo credere che la nostra sopravvivenza possa essere determinata da un’appartenenza politica piuttosto che un’altra, perché la caccia dovrebbe esistere ed essere tollerata a prescindere da tutto ciò. Per tutte queste ragioni, pur nel rispetto delle istituzioni, da oggi in poi valuteremo ogni forma di lotta lecita e consentita oltre a quelle già messe in atto nel passato, precisando come per noi si tratti principalmente di difendere diritti e libertà altrove considerate normali ed acquisite, mentre qui, in Piemonte, esse vengono rappresentate all’opinione pubblica quali fossero atti delittuosi o contrari alla morale. La Caccia s’è desta!