Una brutta consuetudine
La bagarre sui calendari venatori regionali, ormai divenuta brutta consuetudine, ci sta confermando anche quest’anno una serie di valutazioni che facemmo già in passato e che, ora, val la pena di ripercorrere, giusto per rinfrescare la memoria di tutti, sia la nostra che quella di chi legge. La prima: per quanto le Regioni possano argomentare i discostamenti dal parere Ispra, anche quest’anno la quasi totalità dei TAR ha dimostrato che il parere medesimo è quasi insuperabile. In parole povere, nella prassi è stato tramutato da obbligatorio che è – nel senso che le Regioni, ai sensi di legge, lo debbono necessariamente richiedere – in sostanzialmente vincolante: se ti discosti, Regione cattiva e distruttrice del tuo patrimonio faunistico, ti bacchetto con la sospensiva e poi si vedrà. La seconda: i presidenti dei TAR che decretano con proprio atto la sospensione dei provvedimenti regionali (quest’anno hanno pagato lo scotto soprattutto le preaperture alla tortora selvatica, ma anche l’apertura generale, vedasi Lombardia), dimostrano palesemente un atteggiamento pilatesco: di fronte alla trita minaccia paventata dalle associazioni ricorrenti del “danno grave e irreparabile al patrimonio faunistico”, innanzitutto per evitare di essere ritenuti corresponsabili del presunto scempio, costoro sospendono la caccia e poi, anche stavolta, si vedrà. Tanto che volete che sia se i cacciatori devono rimanere al palo un paio di settimane in più? Poi potranno cacciare fino a gennaio.
Tutela della fauna selvatica
Peccato però che le tasse allo Stato e alle Regioni siano state versate per l’intera stagione venatoria, tanto quanto le quote di iscrizione agli ATC e non per durate ridotte e decurtate dalla mannaia della giustizia amministrativa. Ammesso altresì che non vengano poi imposte chiusure anticipate anche in gennaio. La terza: la tutela della fauna selvatica, in quanto spicchio della più ampia competenza esclusiva statale sulla tutela della natura e dell’ecosistema, è oggi chiaramente delineata come del tutto prevalente rispetto alle pur legittime aspettative dei cittadini-cacciatori i cui interessi, benché esercitino un’attività lecita, retrocedono poiché non coincidenti con l’interesse generale che è, appunto, la tutela della natura. Fin qui, come premettevamo, nulla di nuovo. Avanzano però alcune novità del corrente 2024, che, se non altro, ci permettono di effettuare ulteriori riflessioni e chissà mai che possano servire a chi decide. La prima è che il parere del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, introdotto con le ultime modifiche all’art. 18 della legge 157/92 e che le Regioni hanno dovuto per la prima volta richiedere, si è fino ad oggi dimostrato un inutile appesantimento delle procedure.
Mai più farse
Siamo fermi, è vero, alla fase cautelare un po’ per tutti i ricorsi, per cui dovremo attendere le fasi di merito (che portano a sentenza) per capirne di più: tuttavia, è indubbio come fino a oggi, nella partita delle sospensive, i TAR abbiano dato al parere aggiuntivo del CTFVN all’incirca il valore del famoso “due di picche”. L’unico parere corredato di scientificità, dunque l’unico da tenersi in considerazione, è stato finora ritenuto quello dell’Ispra. La seconda novità deriva anch’essa da una recentissima modifica della legge statale ed è quella norma introdotta sempre all’art. 18, che impone ai TAR, ove abbiano accolto la domanda cautelare, di fissare l’udienza di merito entro 30 giorni dal deposito dell’ordinanza di sospensione. Questa norma impedirà di assistere nuovamente alla farsa accaduta molte volte, per la quale il giudizio di merito arrivava a stagione di caccia terminata e, quindi, risultava del tutto ininfluente perché il calendario venatorio non era più vigente.
Dopo il danno la beffa
In una parola: dopo il danno, la beffa. La terza novità, infine, non c’è ancora ed è quindi un auspicio, ovvero che in fase decisoria di merito, che culminerà nelle sentenze, i TAR vorranno essere meno precipitosi della fase cautelare, grazie a un’istruttoria attenta alle memorie depositate dalle amministrazioni che i calendari li adottano, cioè le Regioni, nonché a quelle che verranno formalizzate dalle associazioni venatorie che riterranno di costituirsi ad opponendum accanto alle Regioni. Il nuovo corso, che non è iniziato dai pareri Ispra e del CTFVN, né dalle fasi cautelari, speriamo invece che sbocci nel merito, che poi farà giurisprudenza per gli anni a venire. In bocca al lupo! (fonte: ANUU).