“Caccia al cinghiale, si autorizzino ‘braccate’ senza vincolo di partecipanti”. La richiesta arriva dall’associazione Anuu di Viterbo ed è stata inoltrata ai distretti di caccia Atc Vt1 e Vt2, all’Ada e alla Coldiretti. Ebbene sì, il Covid crea problemi anche al mondo venatorio. La caccia, al momento, non è sospesa, ma la formazione delle squadre per organizzare le battute di caccia al cinghiale potrebbe creare non pochi problemi agli appassionati.
“La normativa vigente – spiega Giulio Bernardini, presidente dell’Anuu di Viterbo – prevede che per poter cacciare in ‘braccata’ partecipi il 50 per cento più uno dell’intera squadra che, a sua volta, deve essere composta da un minimo di 25 partecipanti fino a un massimo di 70 e che il 50 per cento più uno di questi sia residente nel comune in cui la squadra si costituisce. Ma il resto dei membri può venire da qualsiasi altro comune: che sia della stessa provincia o di un’altra, se non addirittura di un’altra regione d’Italia”. Da qui il problema.
Con la suddivisione dell’Italia in zone rosse, arancioni o gialle è chiaro che qualora alcuni dei cacciatori della squadra siano residente in un territorio dal quale non possono spostarsi, anche gli altri membri che si trovano in un’area in cui potrebbero cacciare, si trovano costretti a non farlo. “La nostra preoccupazione, sia chiaro – sottolinea Giulio Bernardini – non è solo quella di vederci rinunciare a uno sport che amiamo. I cinghiali nella Tuscia sono così in sovrannumero che tutti ben conoscono ciò che finiscono per provocare: danni alle colture, incidenti stradali, incursioni in città e centri abitati. La caccia è necessaria anche per questo, soprattutto per questo”. L’Anuu, dunque, chiede che venga concessa, in deroga alle normative vigenti, la possibilità di poter cacciare anche senza dover raggiungere il numero minimo di componenti delle squadre.