Caccia e cultura rurale: manifestare serve davvero? – Comunicato stampa –
Resto convinto del fatto che manifestare per rivendicare quelli che noi riteniamo dei nostri diritti od anche per difendere la cultura rurale, pur insieme ad altri rappresentanti della ruralità, oggi non serva a risolvere i nostri problemi. Non serve perché su questi temi, come su altri (come le rivendicazioni sindacali/salariali delle singole categorie economiche e sociali, oppure i confronti/scontri sulla legge elettorale, sul nucleare, sugli OGM, sul divorzio, sulla procreazione assistita, sull’aborto, sull’eutanasia, ecc.) dove i partiti e l’opinione pubblica si possono dividere in favorevoli e contrari, la politica diviene poco sensibile e quindi non influenzabile da rivendicazioni e manifestazioni “di parte” ed ogni fazione in gioco tende a difendere e a mantenere le proprie posizioni iniziali.
Su molti di questi temi, inoltre, spesso subentrano – a torto o a ragione – aspetti etici che determinano posizioni individuali e trasversali che vanno oltre le posizioni politiche ufficiali (quando esistono) ed i partiti lasciano ai singoli uomini politici la possibilità di votare liberamente “secondo coscienza”. A volte si arriva addirittura a chiamare in causa direttamente il popolo con i referendum (che raggiungano il fatidico “quorum” oppure no). A Roma di manifestazioni su questi temi se ne tengono più di una al giorno, tra la perfetta indifferenza della politica e qualche incazzatura dei cittadini, ma i problemi che vengono lamentati dai manifestanti non trovano per questo delle soluzioni. Anzi a volte le cose peggiorano ulteriormente perché si accendono le strumentalizzazioni, attecchiscono le ideologie che prevalgono sugli aspetti tecnici, ci sguazzano i mass media che tengono più all’audience che alla corretta informazione e quindi non propinano all’opinione pubblica la verità tecnica e scientifica ma gli aspetti di maggior impatto scenico, i rischi presunti, i titoli ad effetto, ignorando le richieste di rettifica e di replica che vengono loro inoltrate da chi invece conosce la materia ed è interessato a divulgare la verità. Ed è per questi stessi motivi che su questi temi si arenano le proposte di legge, si dilatano i tempi e tutto diventa più difficile. Tutte questioni che restano sempre aperte o vengono risolte in qualche modo con mille mediazioni che portano a leggi contrastate (che di solito non accontentano nessuno come è accaduto con la L. n.157/92). Dopo l’annunciata manifestazione del 9 di marzo, anche se allargata al giusto concetto di difesa e promozione della cultura rurale, succederà la stessa cosa: assisteremo al consueto balletto sulle cifre dei partecipanti, la manifestazione verrà dichiarata un successo dagli organizzatori, ci sarà qualche nuova promessa in più da parte di qualche politico o rappresentante istituzionale (che magari si farà anche bello nel ricevere una delegazione dei manifestanti), gli organizzatori saranno fatti “santi subito” dai cacciatori contenti per essersi sfogati in piazza, ma i problemi che avevamo prima saranno ancora gli stessi. La Prestigiacomo, la Brambilla, Fitto e compagnia bella rimarranno della loro idea, gli ostacoli reali che già incontrano quanti stanno provando a portare avanti la nostra proposta unitaria per la modifica della 157 nella migliore delle ipotesi rimarranno tali, ma molto più probabilmente aumenteranno perché la manifestazione verrà strumentalizzata ad arte contro di loro e contro la nostra categoria. Lo vedremo il 10 marzo e nei giorni successivi. Che ci piaccia o no, purtroppo – almeno per il momento – manifestare a favore della cultura rurale e della caccia o manifestare a favore degli occupati a Termini Imerese non è la stessa cosa come qualcuno va sostenendo. Prima di manifestare per rivendicare, oppure per sostenere i nostri pur sacrosanti diritti, è necessario riuscire a rendere pubblico ciò che facciamo per assolvere i nostri doveri svolgendo nel contempo una funzione utile alla società. Sino ad oggi – è vero – ci abbiamo provato ma in modo scoordinato, frammentato, diviso e quindi non ci siamo riusciti. Ora, però, anche grazie alla nascita del Coordinamento per la difesa e la promozione della cultura rurale possiamo farcela. In quella sede, infatti, dobbiamo lavorare per rafforzare le alleanze con il mondo agricolo e mettere nero su bianco le prove che abbiamo della nostra azione sul territorio, per monitorarlo tutto l’anno e non solo nei mesi di caccia prevenendo i veri reati ambientali, per migliorarlo dal punto di vista ambientale e faunistico-venatorio, per mantenerlo pulito ed in ordine, per la salvaguardia della biodiversità, per il controllo della fauna selvatica ed inselvatichita, per la gestione delle zone di ripopolamento e cattura, ecc., ecc.. Dobbiamo mettere nero su bianco i risultati delle tante ricerche scientifiche ed ornitologiche che conduciamo, le tante iniziative sociali a vantaggio dei meno fortunati. Dobbiamo rendere visibile il nostro impegno e la nostra apprezzata e radicata presenza attiva nelle collettività locali. Noi queste cose le sappiamo già, ma gli altri ancora le ignorano. Dobbiamo rendere finalmente visibili le prove che abbiamo di non rappresentare interessi di parte ma di essere una risorsa per la collettività. Solo così facendo la società si accorgerà del fatto che esiste un altro e vero ambientalismo, che non è nato adesso ma che lavora da sempre offuscato dalle falsità e dalle strumentalizzazioni. Questo è il supporto che attendono i pochi politici che già cercano di aiutarci, ma soprattutto che attende la politica nel suo complesso per capire che può occuparsi di caccia senza temere contraccolpi negativi. Questo è anche quanto può essere apprezzato dai media per occuparsi in modo diverso della questione e quindi per finalmente fare una corretta informazione all’opinione pubblica. Certo, gli anticaccia continueranno ad esistere ma avranno vita ben più dura non trovando più il fertile terreno dell’ignoranza (nel senso buono del termine) a favorirli. Superiamo ogni inutile e stupida divisione e lavoriamo uniti per questo.
Cordiali saluti. Marco Castellani