Infatti da una ricerca economica sul comparto armi commissionata dall’ANPAM, Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni aderente a Confindustria, all’Università degli studi di Urbino è risultato che in Italia sono presenti 2.264 imprese del settore che danno lavoro a 11.358 dipendenti per un giro di affari superiore ai 486 milioni di euro.
I risultati della ricerca, esposti dal presidente dell’ANPAM, Nicola Perrotti, e dal consigliere dell’Associazione, Marzio Maccacaro, illustrano come l’Italia sia non solo il primo produttore europeo di armi sportive e per uso venatorio ma anche il più importante paese esportatore nel mondo di armi sportive, commerciali e munizionamento; l’esportazione addirittura riguarderebbe il 90% della produzione per un valore complessivo di circa 240 milioni di Euro a fronte delle importazioni che invece ammontano al circa 22 milioni di euro.
Inoltre al valore della produzione di armi, accessori e componenti vari si aggiunge l’esportazione degli stessi componenti ed accessori con tutti gli annessi del caso raggiungendo un valore complessivo per il settore superiore a 755 milioni di euro. Il solo valore del settore caccia e tiro, collegato al precedente, ammonta a circa 3,84 miliardi di euro dando lavoro a circa 42.889 addetti.
Si evince ancora dalla ricerca che nonostante la situazione di crisi economica mondiale, quest’anno i dati del Banco Nazionale di Prova evidenziano un segnale di ripresa con una buona percentuale di crescita e aumento delle armi testate.
La crescita del settore però viene a scontrarsi con i vincoli burocratici e amministrativi che vanno ad incidere sui tempi di produzione ed esportazione danneggiando così la competitività del settore ; tra questi vincoli c’è appunto il Codice di condotta alle armi sportive e lo stesso obbligo di svolgere la bancatura delle armi presso il banco di prova centrale.
Il presidente dell’ANPAM, Nicola Perrotti, ha commentato sull’argomento, “Siamo un settore solido, a evasione zero, capace di affrontare a testa alta i competitor stranieri come pochissimi altri possono fare in Italia. Il nostro sviluppo potrebbe essere uno dei volani di ripresa dell’industria italiana ma è messo a rischio ogni giorno dalla burocrazia e dalla confusione legislativa”.
Inoltre, prosegue Perrotti, “siamo uno dei migliori comparti del Made in Italy, questa ricerca lo certifica ed é per noi un’ulteriore spinta a fare meglio sperando in un concreto appoggio dalle istituzioni alle quali non chiediamo altro che di poter lavorare come i nostri avversari esteri, senza aiuti ma senza inutili ostacoli”.