La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 7182 del 22/10/2019 sul calendario venatorio della Regione Liguria 2018-2019 induce seriamente a ritenere come l’ossessionato modo di interpretare la tutela della natura, nel rispetto della legge, porti talvolta a misconoscere ogni valutazione concreta sulla protezione dell’ambiente e dell’avifauna. La sentenza, ad esempio, più volte sottolinea che le date delle decadi “teoriche” della migrazione prenuziale, nelle quali, lo ricordiamo, può essere previsto il prelievo venatorio, non devono assolutamente sovrapporsi con le decadi “reali” della migrazione della specie considerata, durante le quali il prelievo è vietato. Che vogliamo dire?
Che un simile assunto è irrealistico ed illogico, perché non è possibile prevedere con la bilancina del farmacista e con teorici diagrammi il preciso inizio della migrazione, anche di un solo individuo, e affermare, nell’ambito di una rigida giurisprudenza europea, che la migrazione post-nuziale possa considerarsi iniziata per una determinata specie. Se lo Stato o la Regione non dimostrano con dati scientifici e tecnici che non si verifica alcuna sovrapposizione, in quanto nella regione interessata la nidificazione termina prima o la migrazione di ritorno inizia più tardi, in assenza di dati regionali l’analisi delle sovrapposizioni deve basarsi su dati nazionali (n.d.r. l’Italia è più lunga che larga!), altrimenti la caccia non può essere concessa…
Siamo veramente al di fuori di ogni legge naturale, come se a giugno (periodo di approvazione dei calendari venatori) si possa sapere quanto accadrà sei mesi dopo, con l’influenza decisiva che le condizioni meteo esercitano sul passo. Ad esempio, basterebbe assumere quanto si paventava per il Tordo sassello (Turdus iliacus) o per la Peppola (Fringilla montifringilla), dei quali tutti asserivano una forte diminuzione, quasi profetizzandone la scomparsa e che, invece, sono apparsi nell’ottobre 2019 in rimarchevole anticipata quantità, forse presagendo un rigido inverno alle latitudini del loro abituale stazionamento.
La sintesi di questa insanabile frattura tra leggi scritte dall’uomo e leggi naturali è quella del saggio prelievo che persino i bracconieri dei tempi andati (quando, per intendersi, in montagna si pativa la fame) rispettavano nella loro attività predatoria, se non altro perché non venisse meno, la fonte di sostentamento. Occorre formalizzare dei piani di gestione per ogni specie con chiare modalità e altrettanto chiari limiti stagionali e giornalieri di prelievo. Bisogna essere coscienti che l’uomo è gestore della natura, al centro di un Creato, per chi crede e chi non crede, che non può sussistere senza una saggia fruizione, cui l’uomo in camice bianco e il giudice togato dovranno limitarsi a contribuire senza ulteriori pretese, guardate con senso di divertito compatimento da tutti quelli che la natura la vivono in prima persona, perché nell’ambiente ci siamo tutti, nessuno escluso, come i cacciatori.